AGRIGENTO. Una faida tra i “paracchi”, un’organizzazione criminale paramafiosa che opera nell’agrigentino.
Sarebbe questo il movente di un agguato plateale in piazza avvenuto questo pomeriggio a Palma di Montechiaro nei confronti di Lillo Saito, 65 anni, freddato all’interno della propria auto con diversi colpi di pistola alla testa e al volto.
Ma l’assassino reo confesso, Angelo Incardona, di 44 anni, prima dell’omicidio avrebbe tentato di uccidere anche i suoi genitori, di 65 e 60 anni. Una vicenda dai contorni ancora inestricabili. Poi l’assassino, accompagnato dalla moglie, si è consegnato al comando provinciale dei carabinieri di Agrigento. Al piantone che gli doveva aprire la porta di ingresso avrebbe detto: “E’ una vecchia storia di mafia”.
Pressato dalle domande del procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio, avrebbe fatto riferimento a una vicenda legata a dinamiche interne ai “paraccari”, esponenti della malavita di cui aveva parlato anche il pentito Maurizio Di Gati. Una sorta di terza mafia siciliana, dopo Cosa nostra e Stidda, nata negli anni Novanta, ancora attiva tra Palma di Montechiaro e Favara.
Resta invece ancora tutto da decifrare il motivo della sparatoria nei confronti dei genitori di Incardona.
Secondo una prima ricostruzione, il killer si sarebbe avvicinato alla vittima, socio dell’azienda “Gelati Gattopardo”, nella centrale piazza Provenzani, davanti al palazzo Ducale. Saito stava salendo a bordo della sua Chevrolet Captiva e sarebbe stato colpito da 5 colpi di pistola sparati da distanza ravvicinata. Un agguato in piena regola, dicono gli investigatori. Uno, forse due, colpi hanno attraversato l’abitacolo del mezzo e sono usciti dalla portiera dal lato passeggero. Gli altri avrebbero colpito la vittima.
Commesso il delitto, Incardona si sarebbe allontanato e avrebbe raggiunto la casa dei suoi genitori contro i quali avrebbe esploso diversi altri colpi di pistola, ferendoli però soltanto di striscio. Gli anziani sono stati subito soccorsi e trasferiti all’ospedale “San Giacomo d’Altopasso” di Licata dove sono stati ricoverati. Nessuno dei due è in pericolo di vita. Entrambi sono stati sentiti dai carabinieri. L’assassino sarebbe poi tornato a casa e avrebbe confessato tutto alla moglie, che lo ha convinto a costituirsi.
Sul luogo dell’agguato, non appena si è avuta notizia dell’omicidio, è arrivato il comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri: il colonnello Vittorio Stingo, oltre ai militari della stazione di Palma di Montechiaro e quelli della compagnia di Licata, il sostituto procuratore di turno, Maria Grazia Barbara Cifalinò e il medico legale.
Intanto Incardona e la moglie raggiungevano in auto il comando provinciale dei carabinieri di Agrigento. L’assassino, con precedenti per tentato omicidio e porto abusivo d’armi, dopo avere ammesso le proprie responsabilità avrebbe risposto a tutte le domande dei magistrati. I militari dell’Arma hanno interrogato anche le mogli della vittima e del killer nel tentativo di chiarire i rapporti tra i due ma anche il motivo che avrebbe spinto Incardona a sparare contro i suoi stessi genitori. (ANSA).