La guerra, la violenza, il lavoro, il bisogno di verità. C’è tutto questo nel discorso di Luigi Ciotti per la XXVII Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Discorso che termina con un appello diretto ai mafiosi, perché aiutino i familiari a conoscere le verità che ancora mancano
“Siete ancora in tempo per trasformare la sopravvivenza di una ‘malavita’ in una vita vera e piena. Dovete però prendere coscienza dei vostri errori e delle vostre violenze. Dovete dare un segno tangibile della vostra conversione morale consegnandovi alla giustizia, nella disponibilità di una confessione piena del male commesso”. Così Luigi Ciotti, che stamattina a Napoli è intervenuto alla Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Da piazza del Plebiscito, il presidente di Libera si è rivolto direttamente agli uomini delle mafie: “Voi conoscete la verità su quell’80 per cento di delitti su cui i familiari delle vittime non sanno nulla. Le verità passeggiano per le vie delle città. C’è chi ha visto e chi sa”. Ciotti si augura una rivoluzione delle loro coscienze. “Anche la vostra vita, al di là delle maschere che indossate e dei ruoli di cui vi fate scudo, è fragile come quella di ciascuno di noi. È una vita che un giorno finirà e che, avvicinandosi la fine, vi chiederà conto di come l’avete vissuta. Vi chiederà se siete stati capaci di amare, di guardare al di là dei vostri interessi”.
“Vi prego abbiate il coraggio di farlo” ha continuato Ciotti rivolgendosi ai mafiosi “perché la stragrande maggioranza dei familiari non conosce la verità. E molti di voi invece la conoscete. Trovate il coraggio di dare un segno, vi prego! Perché i familiari hanno bisogno di questa verità, solo così si può costruire giustizia. Pensateci, ne vale la pena, per tutti voi”.
Oltre i provvedimenti penali
A due passi dal golfo con vista sul Vesuvio, Ciotti ha detto rivolgendosi a ragazzi e ragazze: “La società ha bisogno di voi. Abbiamo bisogno di voi, della vostra forza, la vostra passione e il vostro impegno”. E sempre rivolgendosi a loro ha ricordato che “dobbiamo colpire gli affari sporchi del crimine, ma anche scardinare il suo sistema di relazioni, smascherare gli interessi di chi ruota attorno a questi problemi”. Non solo mafie dunque ma “le massomafie, la massoneria deviata che va a braccetto con i molti contesti con i mafiosi e con i corretti, chiamiamo il male per nome”. Per questo obiettivo, la cultura diventa uno strumento di pensiero critico, “la cultura da’ la sveglia alle coscienze: prima di essere un fatto criminale da affrontare con leggi e provvedimenti penali, le mafie e la curruzione sono una grande questione sociale, culturale ed educativa. Sono il frutto di una carenza di assunzione di responsabilità”.
Guerre, migranti e corsa agli armamenti
Luigi Ciotti ha aperto l’intervento parlando di guerre, muovendo una dura critica agli interessi che focalizzano l’attenzione in modo selettivo, su alcuni conflitti e non altri. “Le guerre nel mondo in questo momento sono trentaquattro. Tanti hanno taciuto e continuano a tacere. Certo abbiamo una guerra alle porte di casa nostra, ma perché non abbiamo messo testa sulle altre guerre? Giusto essere vicini alle persone che stanno soffrendo in Europa, è un dovere e una responsabilità, ma non abbiamo parlato delle altre guerre perché non toccano i nostri interessi”.
“Perché il silenzio di fronte ai continui soprusi di un sistema economico che, con l’alleanza e la compiacenza di una parte del potere politico, ha colonizzato, sfruttato e depredato vaste regioni del pianeta costringendo milioni di persone a fuggire? Il loro migrare è una deportazione indotta. Quante vittime, è tutto questo avviene sotto gli occhi del mondo. Sono molto contento che, trovando delle deroghe in Europa, si sono aperte le porte dell’accoglienza per i nostri fratelli dell’Ucraina, ma se hanno la pelle nera i percorsi che fanno sono ancora molto complicati. Non è semplice, non è retorica, il Mediterraneo continua a essere il cimitero della speranza di migliaia di persone. Lasciatemi dire “Europa dove sei?”.
Il presidente di Libera si è detto addolorato per la scelta della Camera dei deputati, che nei giorni scorsi ha approvato un ordine del giorno per l’aumento, fino al 2 per cento del Pil, delle spese militari. “Una scelta antistorica, immorale nonché scriteriata, in tempo di crisi economica. Significherà passare da 68 milioni a 104 milioni di euro di spesa giornaliera, e da 25 a 38 miliardi ogni anno. Un ‘bagno di sangue’ economico per l’incapacità di dire basta ai bagni di sangue umani”.
Violenza culturale
“La violenza culturale è la più difficile da sconfiggere” ha detto Ciotti “perché penetra in profondità nel tessuto sociale e nei modi d’essere delle persone. La violenza culturale è l’omertà che uccide la verità e la speranza. È la mafiosità, la tendenza a depenalizzare i reati della propria coscienza. C’è un conflitto che va sostenuto e auspicato. Sono i conflitti delle nostre coscienze. Con la propria coscienza è bene sempre dialogare, una coscienza pacificata è spesso inerte. Vi auguro il conflitto delle coscienze, deve accompagnarci sempre. Ci sono troppi professionisti della lamentela. Le guerre, le mafie e le ingiustizie sono frutti malati di coscienze assopite, addomesticate, a volte anche manipolate. Una coscienza vigile, inquieta, ricercatrice di verità e giustizia non si piegherà mai alla logica delle armi e del sopruso”.
Antimafia, parola da mettere in quarantena
Tornando al tema mafia: “Se c’è una parola oggi che non va bene è la parola antimafia, è una parola che bisognerebbe mettere in quarantena prolungata. Essere contro le mafie dovrebbe essere un fatto di coscienza e non una carta d’identità da esibire. Non trovate nessuno che dice di essere a favore delle mafie”. Dalla denuncia di un abuso dei termini legalità e antimafia, divenuti “un cavallo di troia del malaffare” al richiamo verso le debolezze dell’associazionismo: “Dobbiamo trovare più risposte e azioni comuni. Lo dicono alle associazioni, al terzo settore, i nostri impegni oggi non reggono più l’urto del tempo, sono importanti ma sono insufficienti. Dobbiamo con umiltà capire cos’è cambiato, riconoscere i nostri limiti e costruire nuove strade. Se si perde il coraggio dell’autocritica si perde la forza, la capacità di guardare lontano”.
La sacralità delle istituzioni
In senso contrario all’antipolitica e alla sfiducia, Ciotti ha sottolineato invece quanto non si possa prescindere dagli assetti democratici: “Le istituzioni sono sacre, dobbiamo distinguere tra le istituzioni e chi le governa. Noi abbiamo tanti uomini e tante donne che le istituzioni le vivono onestamente, coraggiosamente, con impegno e sacrificio” ha detto. “Abbiamo anche avuto e abbiamo delle persone che non sono degne di rappresentare le istituzioni, ma la maggioranza sono persone oneste a cui va la nostra stima e gratitudine. Difendiamo sempre la sacralità delle istituzioni”.
Lavoro e giustizia sociale
Nel discorso non è mancato il riferimento all’amore per l’Italia e, nello stesso tempo, ai problemi che ancora l’affliggono. Dai tassi elevati di abbandono scolastico, alla crisi del lavoro. “Tre milioni di giovani cercano disperatamente lavoro, il lavoro è dignità. Il mio pensiero va ai tanti lavoratori, che lottano per il lavoro, per la loro libertà e dignità. Abbiamo visto la disperazione di padri e madri. Bisogna fare in fretta a trovare delle soluzioni. Si muore sul lavoro, ma c’è anche qualcuno che muore dentro, di ansia, di fatica, di smarrimento, di sofferenza. Le ingiustizie hanno tanti volti. La persone è sempre un fine, non un mezzo. Il lavoro è inseparabile dai diritti, senza lavoro una società muore”
“Scenderemo in piazza, come nel 1996”
Infine le richieste dei familiari delle vittime, dalla diritto a conoscere la verità sulla sorte dei propri cari uccisi, alle tutele e ai diritti che ancora non vengono riconosciuti. Ciotti ha detto che se anche questa volta la politica non darà seguito alle promesse, Libera è pronta a scendere in piazza “come nel 1996, quando sono state raccolte un milione di firme per il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi”.
Tra le richieste anche quelle di una legge che tuteli le donne che hanno scelto di uscire dai mondi mafiosi, ma che non sono né collaboratrici né testimoni di giustizia. “Ci sono donne che non vogliono che le mafie rubino la loro vita e quella dei loro figli. Stanno esprimendo il desiderio di riappropriarsi della propria dignità e di essere messe nelle condizioni di fare crescere i propri figli in un mondo pulito. Molte di loro le hanno acchiappate e ammazzate perché non si possono rompere certi codici. Sia chiaro, molte di loro non hanno nulla da offrire allo Stato. Sanno solo che i loro mariti, padri e a volte anche figli sono delinquenti, e basta. Hanno paura, ma il riscatto della dignità è più forte del timore delle ritorsioni. Non lasciamole sole, è in gioco la credibilità di tutto il nostro Paese. È urgente approvare una legge che tuteli le donne e i minori che si allontanano dai contesti mafiosi”.
Fonte La Via Libera