La Direzione Investigativa Antimafia, su richiesta della Procura di Palermo, ha eseguito questa mattina un decreto di confisca nei confronti di Gianfranco Becchina, noto commerciante internazionale d’opere d’arte e reperti di valore storico-archeologico.
La confisca è scattata per un ingente patrimonio mobiliare, immobiliare e societario, tutto riconducibile al commerciante d’arte. Becchina, originario di Castelvetrano, oltre ad essere stato titolare di una galleria d’arte a Basilea è stato anche titolare di imprese operanti in Sicilia nei settori del cemento, produzione e distribuzione di generi alimentari e di olio d’oliva. Dalle ricostruzioni investigative sono emerse anche diversi legami con la cosca mafiosa del trapanese, in particolare con la famiglia di Matteo Messina Denaro.
Le indagini hanno dimostrato che per oltre un trentennio il Becchina avrebbe accumulato ricchezze con i proventi del traffico internazionale di reperti, molti dei quali trafugati clandestinamente nel più importante sito archeologico di Selinunte (TP) da tombaroli verosimilmente al servizio di “cosa nostra”. Emblematico è risultato il ruolo del mercante d’arte nella custodia di migliaia di reperti archeologici risultati provenienti da furti, scavi clandestini e depredazioni di siti, stipati in cinque magazzini individuati a seguito di rogatoria internazionale nella città elvetica di Basilea.
Il provvedimento della Sezione Penale e Misure di Prevenzione del Tribunale di Trapani ha confermato la ricostruzione accusatoria e consolidato il sequestro operato nel 2017. Il valore dei beni conifscati ammonterebbero a circa 10 milioni di euro.
Nello specifico sono stati confiscati: 2 compendi aziendali, 38 fabbricati, 4 automezzi, 24 terreni, nonché appartamenti ed uffici, molti dei quali facenti parte dello storico settecentesco Palazzo dei Principi Tagliavia-Aragona-Pignatelli di Castelvetrano.