Caltanissetta. “La corte d’assise del processo Borsellino Ter, quando parla del collaboratore Vincenzo Scarantino è tranciante e dice che “è da prendere e buttare”. Ora io mi chiedo: i pm a cui queste parole vengono rivolte sono i pm Annamaria Palma e Antonino Di Matteo, gli stessi pm del Borsellino bis. Anche qui c’è un cattivo ricordo da parte dei magistrati. Quando ci dicono “non credevamo a Scarantino” si dimenticano di dire che hanno chiesto la condanna nei confronti di Vernengo, di La Mattina e di Scotto oltre che di Natale Gambino (condannati ingiustamente ndr) facendo quindi propria la collaborazione dei tre falsi collaboratori”. E l’atto di accusa dell’avvocato Fabio Trizzino, legale della famiglia di Paolo Borsellino, nonché il marito di Lucia Borsellino, figlia maggiore del giudice, nel corso delle repliche al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio, in corso a Caltanissetta. “Quando ho detto che hanno difeso pervicacemente il depistaggio mi sono limitato a dati di fatto assolutamente incontestabili”, dice ancora. E parla di “debole e claudicante costrutto accusatorio” dei pm Palma e Di Matteo. “Se la Corte di assise, specie dopo le testimonianze di Bo e Mattei avesse avuto a disposizione il brogliaccio sottratto ai giudici naturali, altro che trasmissione di verbali. A quel punto la corte di assise avrebbe indicato nominativamente i soggetti da mettere sotto indagine e da processare”, conclude. Alla Sbarra ci sono tre poliziotti: Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Accusati di concorso in calunnia aggravata dall’avere favorito Cosa nostra. Secondo l’accusa i poliziotti avrebbe indotto, con le minacce, il falso pentito Scarantino a mentire sulla strage di via D’Amelio. (Ter/Adnkronos)