La Cassazione conferma tre anni per Roberto Sparacio. Con una pen drive imbottita di esplosivo mise in pericolo la vita di un poliziotto. Accertata la responsabilità per altri due attentati
Un poliziotto della sezione di pg della Polizia rimane gravemente ferito in servizio a causa di uno svitato ingegnere informatico che mandava in giro usb esplosive. Ma il ministero dell’Interno non solo non si è costituito nel processo contro l'”una bomber” siciliano, ma ha anche negato al suo agente ogni altro sostegno e riconoscimento. E’ questo il risvolto amaro di una vicenda processuale conclusasi in queste ore con il pronunciamento della Cassazione. Lo “svitato” (ma tanto per dire, perché è stato riconosciuto perfettamente sano di mente) si chiama Roberto Sparacio, 53 anni, palermitano di nascita e pantesco di adozione. Uno specialista nel maneggiare esplosivi e materiale chimico pericoloso. Una qualità con la quale aveva perfezionato il suo essere ingegnere informatico, mettendo così a punto non abilità lavorative, ma ritorsioni contro chi riteneva essere, in qualche modo, proprio avversario: punizioni a tal punto da rischiare la vita. Alla base dei suoi comportamenti il vedere il proprio patrimonio immobiliare disgregarsi per l’assalto di alcuni creditori. La sua reazione legata d ostacolare alcune vendite all’asta. Roberto Sparacio è stato adesso condannato in via definitiva a tre anni. In primo grado, dal gup del Tribunale di Trapani, al termine del processo svoltosi nel 2020 col rito abbreviato, venne condannato a cinque anni e otto mesi (la Procura aveva chiesto una condanna a sei anni), pena poi ridotta di due anni in appello. Tutto sommato a fronte della gravità degli atti compiuti, tre gravi attentati che avrebbero potuto avere risvolti ancora più devastanti per le vittime, a Sparacio, è finita bene, sorte opposta a quella subita dalle vittime. A Sparacio i poliziotti della sezione di pg e della Squadra Mobile di Trapani , coordinati dal pm Francesca Urbani, risalirono dopo l’esplosione di una pen drive negli uffici del Palazzo di Giustizia di Trapani. Era l’ottobre 2018. Quella pen drive molto tempo prima era stata recapitata all’avv. Monica Maragno, in una busta apparentemente proveniente dall’Ordine degli Avvocati di Trapani. L’avvocato, accertato che l’Ordine non le aveva mandato nulla, consegnò la usb alla Procura. Il magistrato autorizzando l’esame del contenuto, consegnò la pen drive alla polizia giudiziaria, e questa finì così tra le mani dell’ispettore Gianni Aceto. Non appena il poliziotto introdusse la pen drive nel suo computer ci fu una potente esplosione, con tanto di danni al soffitto mentre all’ispettore Aceto provocava gravi ferite ad una mano. Nel corso delle indagini i poliziotti scoprirono che un analogo attentato era stato compiuto anni prima a Palermo, ai danni della titolare di un pub, ma in quel caso restò ferito un suo avventore che trovandosi tra le mani la pen drive la portava via, curioso di conoscerne il contenuto la utilizzava poi nel suo pc una volta giunto a casa, ma si ritrovò al centro di una esplosione, anche lui, come sarebbe accaduto al poliziotto, con gravi ferite ad una mano. I poliziotti unendo i punti scoprirono così il nome di Sparacio: l’avvocato Monica Maragno quando ricevette la usb si stava occupando della vendita all’asta di alcuni suoi beni, la proprietaria del pub aveva comprato ad un’asta giudiziaria un suo appartamento. Indagando ancora i poliziotti si trovarono al cospetto di un operaio pantesco, che aveva lavorato per un certo periodo alle dipendenze dell’ingegnere informatico, ed era rimasto gravemente ferito all’inguine dopo che si ritrovò il sedile del suo mezzo cosparso di iprite, un pericoloso gas liquido altamente corrosivo. L’operaio era entrato in contrasto con Sparacio, reclamando il pagamento di alcune somme di denaro. Tutti episodi che fino ad allora erano rimasti senza colpevole. Sparacio fu incastrato da un poliziotto del Servizio Centrale Operativo che si finse interessato ad avere materiali per il confezionamento di esplosivi. Durante le indagini successive al suo arresto, guardando all’interno del suo computer, la Polizia Scientifica trovò tracce di ricerche sul deep web, in quel modo Sparacio pare stesse cercando di assoldare un killer. Quando i poliziotti andarono ad arrestarlo, nella sua casa trovarono una laboratorio per confezionare pen drive e altro materiale pericoloso, assieme a manuali specialistici. A Sparacio poi sarebbe da atrribuire un attentato subito da un dipendente dell’ufficio tecnico del Comune di Pantelleria, che si trovò tra le mani una cassetta vhs, che una volta introdotta a casa nel riproduttore, esplodeva causando al geometra grave menomazione ad una mano. Un fatto che inizialmente fu ricondotto all’azione della criminalità organizzata. Anche quel geometra per Sparacio era responsabile della vendita di suoi beni. Adesso la Cassazione, respingendo il ricorso del difensore di Sparacio, ha accolto la richiesta del Procuratore generale per la conferma della condanna a tre anni e al risarcimento del danno in favore delle parti civili: l’Ordine degli Avvocati di Trapani, l’ispettore Gian Camillo Aceto, l’operaio pantesco Andrea Policardo, nonché a Salvatore Monroy, il cliente del pub palermitano. Un processo nel quale però è mancata vistosamente la costituzione di parte civile del ministero dell’Interno. Il poliziotto ferito ha inoltre affrontato da se le spese processuali.