Operazione Hesperia: il ruolo del pacecoto Carmelo Salerno. Tra le sue mani droga e politica. E intanto le intercettazioni svelano la frtatura dentro Cosa nostra trapanese
Cosa nostra non è estranea all’attività di spaccio di droga, cocaina in particolare. L’indagine “Hesperia” ha permesso di focalizzare come centro di vendita Paceco, pochi chilometri da Trapani. I nome emersi sono già riconosciuti come appartenenti alla mafia di quel centro, uno in particolare, Carmelo Salerno, arrestato assieme a suo figlio Giuseppe. Le intercettazioni e i pedinamenti dei carabinieri li hanno incastrati nella vendita a esponenti della mafia marsalese, di un chilo di cocaina, per un guadagno di 46 mila euro. Salerno senior teneva i contatti con i marsalesi, con il capo della cosca, Francesco Giuseppe Raia, Leonardo Casano e Filippo Aiello. Gli incontri, da una parte, a Paceco, il negozio di ortofrutta dei Salerno, dall’altra parte, a Marsala, il panificio di Raia. I marsalesi per la verità non sopportavano molto i due Salerno, ma dalla parte dei pacecoti il fatto che la cocaina messa a disposizione era “cosa buona” o “originale”, “è oro proprio oro”, parlavano così per esaltarne la qualità. Lo spaccato emerso fa insorgere il sospetto agli investigatori dell’Arma che quello ceduto dai pacecoti non sia stato l’unico “carico” di cocaina gestito in zona. Nel trapanese da qualche tempo il consumo di sostanza stupefacente, cocaina in particolare, è aumentato, e Paceco in mano ai due Salerno potrebbe essere stata una importante “piazza” di spaccio, non solo per l’hinterland del capoluogo trapanese. Il nome di Carmelo Salerno, già pregiudicato per mafia, da anni è facile scorgerlo in molte delle indagini antimafia, anche in quelle che hanno interessando vicende politico elettorali da Paceco a Erice, fino a Campobello di Mazara, tanto da diventare uomo di fiducia dell’allora deputato regionale Paolo Ruggirello, oggi sotto processo per associazione mafiosa. L’ultimo arresto di Salerno senior risale ad un’altra operazione dei Carabinieri, denominata “Scrigno”, un processo dal quale in primo grado è uscito assolto, ma nel processo di appello la Procura generale ha richiesto la sua condanna. Uomo sempre legato a due personaggi mafiosi in particolare: da una parte il castellammarese, ma adesso pacecoto di adozione, Mariano Asaro, personaggio oscuro legato a Cosa nostra e alla massoneria, di recente liberato da ogni vincolo giudiziario, il Tribunale di sorveglianza ha respinto la richiesta della Procura di Trapani per sottoporlo ancora alla sorveglianza speciale, dall’altra parte vicino a Salerno la famiglia mafiosa di Trapani capeggiata prima da Vincenzo Virga e poi, dopo l’arresto di questi nel 2001, dai figli Franco e Pietro, Carmelo Salerno dopo la sua scarcerazione, è stato ascoltato non parlare più molto bene dei due Virga, rapporti improvvisamente incrinati. Ma c’è di più: le affermazioni registrate dai Carabinieri, e depositate nel processo di appello, la cui sentenza è prevista per il prossimo autunno, fanno di lui quello che per gli inquirenti egli davvero è, cioè un uomo d’onore, ammissione arrivata in diretta durante le intercettazioni. Irremovibile il suo giudizio critico contro i Virga, condiviso con un altro mafioso di rango trapanese, Gianfranco Giannì. Salerno è spietato in particolare nei confronti di Pietro Virga, ci sono equilibri nella mafia trapanese che si sono incrinati se non addirittura cambiati. Ci sono spazi che si sono aperti e che fanno supporre il ritorno dei “posati”, gli appartenenti alla famiglia mafiosa una volta capeggiata da Totò Minore, ucciso nel novembre del 1982 per essersi opposto a Totò Riina. “Appena esce – diceva Salerno parlando di Pietro Virga con Giannì – gli devo dire quattro cose…dobbiamo sederci a tavola..dobbiamo essere quattro amici giusti…se fossero altri tempi sarebbero bastate due parole”. E di rimando il commento di Giannì contro i fratelli Virga, “non ci hanno preso neanche un poco dal padre”. Altro particolare delle intercettazioni che hanno riguardato Carmelo Salerno, il suo racconto della detenzione a Roma nel carcere di Rebibbia, dove apprese che uno degli arrestati dell’operazione “Scrigno” che lo vedeva coinvolto, era rinchiuso nella sezione collaboratori, “la sezione dei fitinzia” chiosava sempre discutendo con Giannì. Il ruolo di intermediario dell’associazione mafiosa di Salerno emerge anche in una vicenda che ha riguardato l’ex consigliere provinciale ed ex assessore del Comune di Paceco, Matteo Angileri. Stava per succedere un quarantotto dopo che Angileri aveva acquistato, la moglie in verità, un terreno a Mazara. Per la mafia, e in particolare per il capo della cosca di Marsala, Francesco Giuseppe Raia, era un acquisto illecito perché fatto senza la loro autorizzazione,”sono andato là, ho comprato. Tutto a posto, me l’hanno detto a Marsala, me l’hanno detto là, me l’hanno detto là, tutte cose a posto… mentre non ha parlato con nessuno lui, hai capito?”. Un terreno acquistato per 170 mila euro e poi rivenduto ad un’azienda di produzione di energie alternative per 2 milioni e mezzo di euro. Raia per sapere qualcosa di più su Angileri, si rivolse a Carmelo Salerno, e finì tutto bene, “lo conoscono, politico dice che è, buono”.