Quel delitto annunciato sul social Facebook

La Procura chiede il processo contro Vanda Grignani, confessò il delitto del convivente, Cristian Favara

Un delitto annunciato sulle pagine social. Una giovane donna, Vanda Grignani, 36 anni, in un paio di post si sfogava pubblicamente rendendo noto il proprio malessere nei confronti del convivente, Cristian Favara, 45 anni. Uno stato di sofferenza tale da preannunciare l’intenzione delittuosa. Subito dopo davvero messa in atto. Era il 30 ottobre dell’anno scorso. La Grignani attese il rientro a casa del proprio convivente, e dopo una lite lo accoltellò, uccidendolo. Adesso la Procura della Repubblica di Trapani ha chiesto il rinvio a giudizio della donna. Il pm Eleonora Sciorella ha contestato il reato di omicidio, commesso, scrive il pm, sotto l’alterazione cagionata dall’assunzione di sostanze stupefacenti.

L’udienza preliminare davanti al gup giudice Massimo Corleo è fissata per il prossimo 25 ottobre. La Grignani, subito arrestata e tutt’ora detenuta, è difesa dall’avv. Gianluca Calafiore, parte offesa sono i genitori del Favara, rappresentati dall’avv. Giuseppe De Luca. Favara da qualche tempo era legato alla Grignani. Lavoravano assieme in un locale gestito dalla madre dell’uomo. Abitavano in un appartamento nel centro storico di Trapani, nei pressi della Cattedrale. Favara, pregiudicato, all’epoca era ai domiciliari per scontare una condanna a otto anni per omicidio colposo. All’apparenza tutto andava bene, ma in quella casa invece covava tra i due una forte crisi. Sfociata nella notte del 30 ottobre nell’omicidi, quando tra i due scoppiava una furibonda lite al culmine della quale Favara venne raggiunto da una coltellata al petto risultata mortale. Morì infatti pressoché sul colpo.

Le indagini dei carabinieri portarono subito a scoprire i post scritti sulla propria pagina social da Vanda Grignani, nelle ore appena antecedenti al delitto. «Sto per fare qualcosa che non avrei mai pensato, vi amo. Perdonatemi» recita il primo messaggio pubblicato alle 23,36. Pochi minuti dopo un altro post dai toni simili: «Scusate vi voglio bene a tutti mi manca la mia famiglia sono sola questo essere mi ha portato all’esasperazione. La polizia e i carabinieri di Trapani sembrano che vadano d’accordo con lui». E ancora: «Ho chiesto aiuto questo mi ha distrutto. La polizia e carabinieri di Trapani difendono lui. Va bene sono stanca. Non ho più niente da perdere perdonatemi».
Tra i suoi contatti ci fu chi le scrisse di «stare tranquilla e che nella vita con rabbia e pensieri strani abbiamo solo da perdere». Altri le suggerivano di riflettere bene: «Non farti fregare dalla rabbia. Devi mantenere la calma e le situazioni si risolveranno». Nessuno immaginò che la donna potesse passare dalle parole ai fatti, e nessun allarme venne lanciato. «Vanda cerca di stare calma tutto passa sta tranquilla è solo un brutto momento passerà Dio e la Madonna ti aiuteranno vedrai devi fare morire chi ti fa star così male e fregartene», scriveva un’altra persona mentre da lì a poco si sarebbe consumata la tragedia. Se i post hanno descritto lo stato di sofferenza della donna, dall’altra parte hanno smentito la sua tesi difensiva proposta al giudice al momento dell’arresto, cioè di avere ucciso per difendersi lei da una aggressione. La Grignani disse ancora che le liti erano causate dal fatto che non sopportava la ripetuta abitudine del Favara a sottrarsi ai propri obblighi, quello di rientrare in casa alle 23 e uscire solo la mattina dopo per andare a lavorare, allontanandosi dall’abitazione senza ragione. La notte del 30 ottobre dopo che Favara rientrava a casa dalla finestra, la stessa dalla quale era uscito, tra i due scoppiava il litigio. Favara tentò di aggredire la donna con una sedia, per gli investigatori invece, al contrario del racconto della donna, tentò con la sedia di difendersi da lei che lo stava affrontando tenendo in mano un coltello da cucina. Venne così raggiunto da un fendente al petto risultato mortale.
Interrogata dal pm la Grignani raccontò che l’uomo spesso la picchiava, quel 30 ottobre, era un sabato, l’ennesima lite, attorno alla mezzanotte, scatenata dal rimprovero della donna rivolto al convivente, per il ritardo col quale aveva fatto ritorno a casa. “Mi picchiava continuamente, ormai la mia vita era diventata impossibile” disse tra le lacrime agli inquirenti. La relazione tra i due era diventata sempre burrascosa e la cosa era nota anche alle forze dell’ordine. Per sette volte i carabinieri erano intervenuti in casa della coppia per riportare la calma. A chiamare le forze dell’ordine era stata sempre la donna. Anche lei chiamò i carabinieri dopo il delitto. Favara venne ucciso da quella coltellata al petto, ma il medico legale rilevò anche diverse ferite alle braccia, sempre causate da un’arma da taglio.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.