Belìce, quando l’Italia conobbe il terremoto

Il sisma che fece sparire interi paesi, le incompiute segnano ancora il ricordo

Fu la prima catastrofe nazionale del dopoguerra. Un paio di volente scosse sismiche che tra il 14 e il 15 gennaio del 1968, colpirono la Valle del Belìce, tra le provincie di Trapani, Palermo e Agrigento. Le prime scosse all’ora di pranzo del 14 gennaio, la più potente poche ore dopo nella notte, il boato diede il segnale della terra che si apriva sotto ai piedi delle persone, facendo facile poltiglia delle abitazioni. Circa 400 morti, un migliaio di feriti, 98 mila senza tetto. L’Italia del dopoguerra incontra la prima catastrofe. Ma impara da quei giorni a conoscere i nomi di paesi che le erano sconosciuti, Gibellina, Poggioreale, Salaparuta, Santa Ninfa, Montevago, Santa Margherita Belice. L’Italia in quel periodo era quella del boom economico ed industriale, non dappertutto però, e certamente non lo era per la Valle del Belìce, dove invece la situazione era tutta al contrario. Qui c’era, ed è rimasta, l’arretratezza, per fronteggiare le conseguenze del terremoto, nel Belìce arrivarono i soldi dello Stato, ma finirono subito nelle mani sbagliate: o forse a quelle mani erano stati apposta destinati quei soldi, sapendo già che la spesa non sarebbe stata per la ricostruzione. Per decenni la gente del Belìce ha dovuto abitare dentro container, baracche e roulotte, dopo avere conosciuto nei giorni del sisma, mentre sulla valle nevicava, le tende. E così dopo il terremoto, l’Italia ha dovuto conoscere le sue grandi vergogne, il Belìce prima e altre province d’Italia dopo, come l’Irpinia, hanno dovuto fare i conti con le mafie e i politici corrotti che con i soldi pubblici hanno riempito le loro casseforti, oggi il ricordo di quei giorni lontani 55 anni sarebbe onesto da parte di chi governa, a tutti i livelli, intrecciarlo con la pura e vera realtà. Il Belìce non ha avuto interventi rapidi per la ricostruzione, quella che c’è stata è stata scandalosa, lenta e impacciata, e oggi nel 2023 non tutto è ricostruito. Qui la terra continua a tremare.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.