“Adesso non arretriamo di un passo”

Il nostro ricordo di Gregory Bongiorno, il leader degli imprenditori siciliani, in prima fila contro le mafie infiltrate nell’economia

Ci ha lasciati così, improvvisamente. Tanto che ci è sembrato uno scherzo. Tanto da immaginare anche davanti a lui oramai composto nella camera ardente, che di colpo potesse alzarsi e dire a tutti, ma chi ci faciti ca. Ne sento la voce, la risata, ma anche le parole posate nei toni, ma ferme nei contenuti. Uomo impegnato e serio, ma capace di stemperare con una battuta i momenti in cui le tensioni potessero alzarsi. Sempre pronto a darti una pacca sulla spalla, a darti una spinta, un consiglio, un aiuto. Gregory Bongiorno a 47 anni è stato strappato alla sua famiglia ma anche ad una moltitudine di persone, alla sua impresa, l’Agesp, al sindacato di Confindustria, alle persone perbene, alla sua terra, Castellammare del Golfo. Si è ritrovato in prima fila ad un certo punto, e lui come altri ha sentito anche attorno a se quell’isolamento che di solito da queste parti si dedica a chi vuol parlare e guardarsi attorno. Ma questa battaglia l’aveva vinta. La sua è stata una vita dal doloroso avvio, segnata, quando era giovanissimo, appena quattordicenne, dall’omicidio del padre, Vincenzo, ucciso dalla mafia nel 1989. Seguì a questa dolorosa pagina la decisione della madre, Girolama Ancona, di mandare i suoi due figli, Gregory e Silvia, a studiare e crescere lontano da questa terra, mentre lei raccoglieva l’eredità imprenditoriale del marito. Poi il ritorno di Gregory e Silvia a Castellammare del Golfo, la loro città, affiancano la madre che nell’ultimo periodo di vita in silenzio, senza riflettori puntati addosso, decide di sedere davanti ad un tribunale indicando i nomi e i cognomi degli estorsori mafiosi che erano andati a chiederle non il “pizzo” ma la quota associativa a Cosa nostra. Quell’impresa, l’Agesp, cresciuta nell’ambito della raccolta e smaltimento dei rifiuti, faceva gola alla mafia che voleva impossessane, ma quella testimonianza mandò all’aria i piani e mandò in carcere gli emissari di Cosa nostra. Alla morte della madre, Gregory e Silvia hanno preso in mano l’azienda, l’hanno fatta crescere, ma ancora una volta Cosa nostra si è presentata alla loro porta e Gregory che si era trovato faccia a faccia con i mafiosi è tornato a denunciarli. Lui è finito sotto scorta, i mafiosi in carcere, per un periodo, poi sono tornati in libertà e Gregory rimase sotto scorta. Nel frattempo era diventato presidente di Confindustria Trapani e poi di Confindustria siciliana. In anni pesanti, mentre i mafiosi cercavano di tornare in possesso dei beni confiscati e lui si ritrovò alla testa di chi resisteva a quei tentativi. Ma stando sempre giù dal palcoscenico, stando semmai assieme agli operai, agli agricoltori, doveva rappresentare l’alter ego dei sindacati dei lavoratori, lui, imprenditore invece preferiva stare al fianco di coloro i quali sulla carta dovevano essere la sua controparte. Gregory ci mancherà, e mancherà tanto a chi scrive. Tanti sono gli articoli qui pubblicati nati da sue intuizioni, suggerimenti, da ore di discussioni e confronti. Se sono risultati articoli azzeccati, il merito è solo suo. Amava questa terra, Castellammare del Golfo, la provincia di Trapani, la Sicilia. L’amava tanto che non esitava a metterne in evidenza ciò che non era affatto bello. A chi si indigna perché la cattura di Matteo Messina Denaro sta portando i giornalisti che stanno vivendo queste ore frenetiche, a parlare di questa terra in certa maniera, ci piace ricordare ciò che diceva Gregory, bisogna indicare quello che non funziona, che non va bene, le commistioni e le connessioni criminali , perché così si possa esaltare la bellezza del territorio e le cose buone che si tanti fanno ogni giorno. “Adesso non arretriamo un passo”. Queste sono state le ultime sue parole ufficiali da presidente di Sicindustria il giorno dell’arresto di Matteo Messina Denaro. Le facciamo nostre oggi che Gregory non c’è più. E le rivolgiamo a Silvia, alla moglie, ai suoi figli. Non arretriamo un passo. Andiamo avanti, perché gli ideali di Gregory diventino cosa concreta. “Oggi è un giorno di festa – disse Gregory Bongiorno da presidente di Sicindustria il giorno della cattura di Messina Denaro – e gli applausi e gli abbracci della gente per strada al fianco dei carabinieri rappresentano l’immagine più bella di questa giornata. L’arresto di Matteo Messina Denaro è la vittoria di tutti coloro che hanno sempre creduto nello Stato, non perdendo mai la speranza che un latitante potesse essere arrestato anche dopo trent’anni”. “C’era chi non ci credeva più, chi pensava fosse già morto, chi lo credeva all’estero e invece uno dei più feroci mafiosi del nostro territorio era in Sicilia dove, indisturbato, si faceva curare presso una clinica palermitana come un comune cittadino. Grazie alle forze dell’ordine, però, finalmente, la latitanza di Messina Denaro è finita. Un sincero ringraziamento va a chi si è adoperato in tutti questi anni per raggiungere un obiettivo storico. Questo, però, non è solo un punto di arrivo ma anche una nuova base di partenza perché la lotta alla mafia deve continuare ogni giorno senza mai arretrare di un passo”.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.