“Se non fosse cessata la materia del contendere, per l’avvenuto sbarco, il ricorso sarebbe stato accolto con conseguente condanna dei ministeri”. Lo afferma sentenza del Tribunale civile di Catania sul ricorso contro il Decreto immigrazione del governo presentato da 35 profughi salvati dall’Humanity 1, tra i sbarcati nel porto del capoluogo etneo il 6 novembre 2022.
In un passaggio della sentenza, il presidente Marisa Acagnino scrive che “il decreto è illegittimo” perché “consente il salvataggio solo a chi sia in precarie condizioni di salute, contravvenendo al contenuto degli obblighi internazionali” sul soccorso in mare.
“Questa sentenza di un tribunale italiano sottolinea che il nuovo governo italiano è obbligato a seguire il diritto internazionale”. Così Mirka Schaefer, legale di Sos Humanity, commentando la sentenza del Tribunale civile di Catania. “I diritti dei rifugiati che chiedono protezione internazionale – spiega Schaefer – non possono essere lesi privando alcuni di loro del diritto di chiedere asilo in uno Stato membro dell’Ue. Il giudice sottolinea l’obbligo dell’Italia di fornire assistenza a ogni persona naufragata, cosa che il governo italiano non ha fatto nel novembre 2022. Inoltre – aggiunge – l’Italia sta violando questo dovere con il nuovo decreto legge del 2 gennaio 2023 che limita la ricerca non governativa e salvare. Questo nuovo decreto contraddice il diritto marittimo internazionale, i diritti umani e il diritto europeo e porterà a più morti nel Mediterraneo. Chiediamo ai parlamentari italiani di votare mercoledì contro questo decreto illegittimo e di impedirne la conversione in legge nazionale”. Il decreto interministeriale firmato dai ministri Piantedosi, Crosetto e Salvini ha imposto il divieto alla Humanity One di sostare in acque territoriali italiane lo scorso 4 novembre. Come risultato, solo ad una parte dei 179 migranti soccorsi che si trovavano sulla nave venne concesso di sbarcare a Catania. I 35 rimasti rimasti a bordo si sono quindi appellati contro il decreto, ma prima che arrivasse la decisione dei magistrati, l’8 novembre venne autorizzato lo sbarco anche dei 35, che minacciavano peraltro uno sciopero della fame.