A Trapani tra il 2017 e il 2018 c’è stato un “patto sinallagmatico” tra mafia e politica, da una parte le prestazioni dall’altra i corrispettivi. Il biennio 2017/2018 fu il culmine del “patto” che toccò anche prima altre elezioni, come quelle svolte a Campobello di Mazara, in quella tornata elettorale amministrativa che vide eletto per la prima volta a sindaco, l’attuale primo cittadino, confermato anche nelle successive elezioni, Giuseppe Castiglione. Ancora una volta Campobello di Mazara dove regna la mafia potente, quella che sino ai giorni nostri si è scoperto avere avuto un ruolo nel curare la latitanza di Matteo Messina Denaro: all’interno di quella che non può che essere definita una enclave mafiosa gli affari politici erano una costante. C’è anche questo nelle ragioni che hanno portato oggi il Tribunale di Trapani, presidente giudice Troja, a latere Marroccoli e Cantone, a condannare a 12 anni per concorso esterno in associazione mafiosa l’ex parlamentare regionale Paolo Ruggirello. I giudici hanno accolto la ricostruzione dibattimentale illustrata dai pm della Procura antimafia di Palermo, De Leo e Bettiol. Una carriera fulminante quella dell’on. Paolo Ruggirello, enfant prodige della politica locale, erede di Giuseppe Ruggirello uno dei banchieri più facoltosi a Trapani tra gli anni ’70 e ’80. Paolo Ruggirello dapprima fu eletto all’Assemblea Regionale Siciliana nel centro destra, tanto da diventare a Trapani uno dei politici più vicini al governatore e oggi ministro Nello Musumeci, poi il passaggio al Pd dove diventò un renziano sfegatato. Un paio di legislature all’ars, e anche il tentativo di essere eletto al Senato nel 2018. E’ stato intercettato a parlare con mafiosi di spicco, come il pacecoto, suo conterraneo Carmelo Salerno, e ancora con l’allora boss campobellese, di recente deceduto, Filippo “Fifì” Sammartano, soggetto quest’ultimo a meno di un passo dal boss latitante. Altri legami hanno incastrato Ruggirello, quella con i fratelli Virga, Pietro e Franco, e ancora con Franco Orlando, il gotha mafioso della città di Trapani. Un crescendo di intrecci e collusioni, che pare ricalcare l’assunto della Cassazione che in altre sentenze su mafia e politica ha definito “il paradosso della democrazia”, ossia “il metodo di scelta dei rappresentanti della cosa pubblica che diventa lo strumento di rafforzamento della sopraffazione e della tirannia dei poteri mafiosi”.
La mafia che mette in vendita i suoi voti, ma non sono stati i mafiosi a offrirsi ai politici, ma sono stati i politici ad andare a cercarli. In una città dove per anni si è sostenuto che la mafia non esiste e che nei tempi correnti si sostiene che sia stata sconfitta, la fotografia che è venuta fuori dal processo scaturito dall’operazione condotta nel 2019 dai Carabinieri e denominata Scrigno, è tutt’altra: la mafia esiste, mantiene il controllo del territorio, i mafiosi non sono persone sconosciute e senza volto, ma alcuni politici hanno dimostrato di conoscere nomi e cognomi, e i luoghi dove andarli a trovare, come ha bene raccontato il rapporto informativo dei Carabinieri del Reparto Operativo Provinciale di Trapani. Ruggirello ben voluto dai mafiosi di Campobello di Mazara, come prova una intercettazione , nella quale i Carabinieri hanno sentito parlare Filippo Sammartano: il più serio politico che abbiamo nella provincia di Trapani … il Santo della provincia di Trapani… a me interessa di portare l’”Articolo 4” (il gruppo politico creato da Ruggirello all’Ars dopo aver abbandonato il centrodestra e prossimo ad aderire al Pd ndr) stop! si ma a me interessa di portare l’Articolo 4, ti ho detto a me interessa di portare l’Articolo 4 perché io ti ho detto… mi interessa perché è legato a persone che conosco vicino a Noi per stare “amici” stop!..”. Il processo “Scrigno” si è concluso oggi con sei condanne per oltre 60 anni di carcere. Gli altri condannati. Davanti ai giudici ha sostenuto di essere mafioso “solo sulla carta” volendo fare riferimento alla sentenze di condanna subite per l’appartenenza a Cosa nostra. Se non fosse stato per questa circostanza, certo non leggera, probabilmente avrebbe sostenuto che lui nemmeno sa cosa sia la mafia. Ma la condanna che gli è stata inflitta oggi dal Tribunale di Trapani, a 21 anni, lo inserisce con un ruolo predominante nell’attività di riorganizzazione di Cosa nostra trapanese. Nino Buzzitta, 81 anni, è stato uno degli imputati del processo “Scrigno”. Oggi come ieri dentro il mandamento mafioso di Trapani ha sempre svolto lo stesso ruolo, quello di “consigliori”, uno cosiddetto “‘ntiso” dentro e fuori Cosa nostra. In tanti anni di indagini che lo hanno riguardato, mai una volta gli investigatori antimafia erano riuscito ad intercettare, a registrare la sua voce. Cosa nella quale sono riusciti i Carabinieri del Reparto operativo provinciale di Trapani, che lo hanno ascoltato mentre spartiva una mazzetta con il boss Franco Virga. Vito Gucciardi, originario di Vita, 63 anni, condannato anche lui per associazione mafiosa, pena inflitta 12 anni, è uno dei soggetti che si occupava del denaro da destinare ai detenuti e alle loro famiglie e metteva a disposizione propri locali per summit di mafia e incontri riservati. Infine tra i condannati anche Vito D’Angelo, originario di Ravanusa, 75 anni, pena inflitta 16 anni, riconosciuto “fondatore” della famiglia mafiosa sull’isola di Favignana. Lui a Favignana si è ritrovato per essere stato detenuto a lungo tempo nel carcere dell’isola, dove è rimasto una volta tornato libero. Mafia e appalti da controllare il proprio compito, con una relazione continua con i fratelli Pietro e Franco Virga, i capi della mafia a Trapani. Tra le cose delle quali si è occupato anche l’acquisizione di attività imprenditoriali e ricettive sull’isola, sempre per conto della famiglia mafiosa trapanese. Solo corruzione elettorale e non voto di scambio politico mafioso.
Questa la ragione delle condanne più lievi, rispetto a quelle richieste dai pubblici minitseri, per gli altri politici imputati nel processo Scrigno: Vito Mannina e Alessandro Manuguerra: il primo condannato a 20 mesi il secondo a 12 mesi. Condanne comunque sospese. Per Mannina e Manguerra, per i quali i giudici hanno deciso la privazione del diritto elettorale e di eleggibilità per cinque anni, si fa strada l’ipotesi di arrivare al riconoscimento della prescrizione già nel secondo grado di giudizio, se venisse confermata la pronuncia odierna rispetto all’accusa che i giudici hanno riqualificato. Bisognerà attendere il deposito delle motivazioni, e poi la valutazione della Procura anatimafia per un eventuale appello. Assoluzione per altrti due imputati (che erano finiti a giudizio per intestazione fittizia di beni), Marcello Pollara e Giuseppa Grignani, con la formula del fatto che non sussiste. L’odierno processo Scrigno appena concluso dinanzi al Tribunale di Trapani non è l’unico scaturito dal blitz antimafia del 2019. Altri imputati hanno scelto il rito abbreviato che è già arrivato al grado di appello. Appena lo scorso settembre il processo si concluse con le condanne per Carmelo Salerno (12 anni), Michele Martines (13 anni e 4 mesi), Francesco Orlando (12 anni e 8 mesi), Francesco Virga (16 anni e 8 mesi), Pietro Virga (19 anni e 4 mesi), Francesco Russo (1 anno e sei mesi), Jacob Stelica (1 anno), Vincenzo Ferrara (3 anni e 4 mesi), Francesco Peralta (8 anni e 4 mesi), Giuseppe Piccione (8 anni), Pietro Cusenza (8 anni e 4 mesi), Mario Letizia (8 anni e 4 mesi), Leonardo Russo (3 anni), Michele Alcamo (3 anni) e Antonino D’Aguanno (3 anni e 4 mesi). Furono assolti Francesco Todaro (braccio destro dell’on. Ruggirello) e Tommasa Di Genova.