Buzzitta torna in carcere, incontri riservati

Mafia, revocati i domiciliari al boss trapanese condannato nel processo “Scrigno”

Con la scusa della veneranda età e di alcuni problemi di salute era riuscito a ottenere il beneficio di stare agli arresti domiciliari e non stare in carcere nonostante le pesanti accuse di mafia. Ma dinanzi al ripetuto sottrarsi agli obblighi imposti, il Tribunale di Trapani, presidente giudice Daniela Troja, a latere Marroccoli e Cantone, ha ripristinato la misura cautelare in carcere. Protagonista Nino Buzzitta, appena condannato a 21 anni a conclusione del processo scaturito dall’operazione antimafia dei Carabinieri denominata “Scrigno”. E sono stati proprio i Carabinieri assieme agli investigatori della Dia, Direzione Investigativa Antimafia, a non mollare la presa nei confronti di Buzzitta scoprendolo a proseguire la sua attività di uomo d’onore. Un rapporto investigativo finito sui tavoli della Procura distrettuale antimafia di Palermo che ha chiesto e ottenuto il ripristino della custodia cautelare in carcere. Invece di frequentare studi medici dove diceva di doversi recare, Buzzitta si sarebbe incontrato con altri boss trapanesi o soggetti vicini a Cosa nostra trapanese. Dal dicembre 2021 allo scorso aprile, gli investigatori hanno accertato ben trenta violazioni delle
prescrizioni imposte, documentate con fotografie in vari esercizi pubblici di Erice, Trapani e
Paceco, tanto di giorno che di sera. Incontri avvenuti anche nel retrobottega di un bar. Severi i giudici: Buzzitta avrebbe “tenuto con pervicacia e continuativamente una condotta altamente trasgressiva delle prescrizioni impostegli, anche nel corso della celebrazione del processo appena conclusosi in primo grado”. Nino Buzzitta è stato da sempre un soggetto di un certo calibro mafioso, noto per essere un vero e proprio “consigliori” dei capi mafia trapanesi, allevatore, possiede una stalla nei pressi dell’oramai dismesso impianto del dissalatore di Trapani, a ridosso della zona delle saline, ed è lì che i Carabinieri di Trapani sono riusciti durante l’indagine “Scrigno” a documentare gli incontri con Franco Virga, figlio dell’ergastolano Vincenzo, a discutere di soldi e appalti. Mai fino all’operazione “Scrigno”, Buzzitta mai era stato intercettato nel discutere con altri boss mafiosi, sempre guardingo, pensava che quegli incontri all’aperto non potessero essere monitorati. La sua voce però era stata già intercettata in altre occasioni, quando ad occuparsi di lui erano stati i poliziotti della Squadra Mobile di Trapani che per un paio di volte negli anni ’90 erano riusciti ad arrestarlo, indagini per le quali fu condannato per due volte per associazione mafiosa. Scontata la pena Buzzitta era tornato a sedere al tavolo della cupola mafiosa trapanese, dapprima quando a comandare era Vincenzo Virga e dopo quando il comando passò a Francesco Pace prima e ai figli di Virga e all’ex consigliere comunale di Trapani Franco Orlando negli anni più recenti. “Il poeta” Nino Buzzitta, così veniva definito dagli investigatori che in quegli anni ’90 lo ascoltavano: spesso in auto a parlare da solo, a mettere ordine ai suoi pensieri di uomo di mafia, abituato a ripetere ad alta voce alcune massime per sottolineare il proprio potere mafioso. Un potere che non esercitava con le armi ma con le parole: “A lingua unn’ave ossa ma spacca l’ossa”, la più famosa delle sue affermazioni finita stampata in atti giudiziari. Buzzitta durante il processo “Scrigno” è stato sentito dai giudici. Lui in quella occasione come il clichè di tutti i boss ha detto di non conoscere Cosa nostra. Alla domanda del pm De Leo diede una risposta ironica, “io mafioso lo sono solo per la carta”, come a voler dire che mafioso lo è diventato per via delle condanne che lo hanno qualificato quale uomo d’onore. Le indagini che lo riguardano da trent’anni dicono altro.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.