Da Vivi Libera
Leonardo Renda era nato ad Alcamo (TP) il 10 Aprile del 1902. Dopo aver compiuto sei anni di scuola elementare, trascorse le sue giornate tra il lavoro nei campi e l’attivismo politico. Presidente dell’Azione Cattolica alcamese per dieci anni, fondò la sezione del Partito Popolare insieme all’amico Bernardo Mattarella, padre di Piersanti, futuro presidente della Regione Sicilia assassinato da Cosa nostra nell’80. Dopo la caduta del fascismo, Renda diventò segretario della DC e assessore comunale, conosciuto in paese per la sua rettitudine e per le sue innate doti di politico serio al servizio dei cittadini.
La sera dell’8 luglio del 1949, dopo una giornata di lavoro in campagna, quattro uomini, fingendosi Carabinieri, lo invitarono a seguirli in caserma. Il giorno dopo, il cadavere di Renda fu rinvenuto nelle campagne tra Alcamo e Grisì, crivellato da colpi di pugnale e da una raffica di mitra.
Le indagini si indirizzarono verso la banda Giuliano, che conosceva bene la rettitudine di Leonardo Renda, come si legge nella sentenza della Corte d’Assise di Palermo:
Renda era alquanto noto in quell’ambiente per aver apertamente e pubblicamente manifestato il suo sdegno per l’attività criminosa perpetrata dai malviventi che infestavano quelle campagne ed elogiato invece l’opera silenziosa condotta dai tutori dell’ordine contro quei malviventi.Sentenza della Corte d’Assise di Palermo del 1957
Tuttavia, la magistratura prosciolse tutti gli imputati, ad eccezione dell’esecutore materiale. Purtroppo non si indagò mai sui legami nascenti tra mafia e politica, e ad oggi non si è ancora scavato sui mandanti.
Dopo 74 anni senza verità sull’omicidio di quest’uomo “rigoroso e critico con le connivenze tra la DC e la mafia” – come disse l’on. Ludovico Corrao – vogliamo ricordarlo attraverso le parole del suo amico Bernardo Mattarella, pubblicate sulle pagine della “Sicilia del popolo”, il 12 luglio 1949.
È CADUTO SULLA TRINCEA DELL’IDEALE
Unanime profonda commozione per la barbara uccisione di Renda
Un cristiano
Lo conobbi ad Alcamo nel lontano 1921, in occasione della congiunta celebrazione del centenario francescano e di quello dantesco: alla testa di un gruppo di giovani reclamava il nostro aiuto di dirigenti dei Circoli vicini per la riapertura del “Religione e Patria”. L’ottenne, e del ricostituito Circolo divenne il fervido animatore.
Da allora, il movimento cattolico di Alcamo si intreccia con l’attività e le iniziative di questo giovane agricoltore, che diviene un capo rispettato e seguito e che, pur mancando di cultura, si impone per la sua dirittura morale, per la passione ideale, per la quadratura organizzativa, come anche per l’equilibrio e l’intuito politico, spontaneo, chiaro ed acuto.
Aveva il senso del partito e dell’amicizia, come pochi, fino al sacrificio e per questo mi fu e gli fui sempre attaccato con fraternità, mai offuscata da ombre od equivoci. Me lo son sentito sempre accanto e vicino, nelle ore liete come nelle difficili, nel lavoro concreto ed attuale, come nelle aspirazioni e nelle attese: nell’Azione Cattolica, nella resistenza al fascismo, nella democrazia cristiana: un esempio mirabile di coerenza nel suo senso più completo.
Nel 1923 durante un anno di mia permanenza ad Alcamo per ragioni di studio, trascorremmo insieme in continuità di lavoro l’intero periodo al “Religione e Patria”. Era sempre presente, primo nelle iniziative, nel lavoro, ultimo negli onori che schivò sempre con grande modestia.
In quel periodo riprendeva lentamente, ma con fervore la vita della sezione del Partito Popolare, ad opera di un altro contadino, che egli considerava il mio maestro: Domenico Camarda.
Eravamo nella fase arroventata del regime fascista, che si andava consolidando attraverso l’inganno e la violenza: lavorando insieme per ravvivare la sezione, convinti come eravamo che accanto all’attività formativa dell’Azione Cattolica, bisognava prepararsi anche alla vita pubblica, con consapevole adesione al programma di rinnovamento sociale che era stato l’anima del nostro movimento sociale e nella strenua difesa delle libertà cristiane.
Poi venne la bufera, ma Leonardo Renda rimase fermo ed invitto nella sua fede religiosa e nelle sue convinzioni politiche e durante il ventennio non ebbe mai un attimo di esitazione e di debolezza: conservò intatto il suo patrimonio ideale, limitato per cultura, ma ricco di felici intuizioni e di una grande spiritualità.
Il senso critico, che venne meno a tanti, lo assistè sempre e lo aiutò a non disperare, anche nelle ore fosche della tirannide, della libertà, il cui avvento attese con fiducia e con senso vivo delle certezze cristiane.
Quando, vicino al crollo del regime, cominciammo a gettare clandestinamente le basi della Democrazia Cristiana fu tra i primi ad aderire, con entusiasmo, con dedizione e coraggio, che esplosero, a libertà conseguita in un appassionato ed instancabile lavoro che ebbe, anche per suo merito, quei successi che hanno fatto di Alcamo una roccaforte della Democrazia Cristiana.
Al Partito ed al Comune, come Assessore, fu tra gli artefici modesti, ma più fervidi e sempre tra i più equilibrati e costruttivi, di tutte le iniziative e delle varie realizzazioni.
Onestà a tutta prova, chiarezza di idee, sagacia tattica, dirittura e lealtà politica lo resero l’elemento catalizzatore della situazione, specie della masse contadine di quell’importante centro. Sempre ricercato ed apprezzato, nei momenti difficili il suo sano, rudimentale equilibrio fu la base di tutte le soluzioni. Perciò, anche gli avversari lo stimavano e lo ammiravano.
Amava la sua città con senso di vera devozione e ne visse i problemi con una premura che commuoveva: gran parte delle opere pubbliche in corso in Alcamo sono scaturite dalla sua passione di cittadino e di ammiratore, che intendeva saggiamente servire la sua città e la sua idea, che nella perspicace intuizione doveva soprattutto affermarsi attraverso la probità amministrativa e la capacità costruttiva dei suoi uomini, messi dal pubblico mandato alla prova nella vita cittadina.
La sua fine quindi, oltre che per la bieca espressione di odio di cui è stato l’innocente vittima, non poteva non suscitare un largo rimpianto cittadino: se la Democrazia Cristiana infatti ha perduto uno dei suoi fedeli elementi, la città è privata di un sagace amministratore e di un cittadino fervido ed operoso, di altissime virtù civiche, Alcamo perde uno dei suoi cittadini migliori.
All’idea di una così tragica scomparsa l’animo non può rassegnarsi; ci pare di doverlo rivedere, pensoso e giocondo, come sempre. Ma la cruda realtà è più forte del nostro sentimento e delle illusioni del cuore.
Nardo Renda, l’appassionato, fedele soldato cristiano non riempie più del suo operoso lavoro e della sua fede suscitatrice le feconde schiere alcamesi. Esse però lo avranno sempre presente, come tutta la Democrazia Cristiana della provincia, come un animatore e come un esempio vivente di dedizione e di sacrificio. Il suo ricordo commuove ed esalta.
Egli rimane tra noi come una fiaccola di vita cristiana. Salve amico fedele ed affettuoso. La cattiveria degli uomini ha avuto ancora una volta ragione del giusto, del cui sangue ha intriso nuovamente la terra.
Ma il tuo sangue illumina ora la tua fiaccola anche della luce del sacrificio supremo.
Nella gloria di Dio, per la quale sempre lavorasti, con consapevole dedizione, il tuo spirito placato nella divina giustizia, certamente avrà avuto il premio eterno dei giusti.
Ma da lassù, dà alla tua consorte inconsolabile, ai tuoi figli resi orfani, ed agli amici rimasti nel duro peregrinare, il conforto e la speranza del bene supremo.
BERNARDO MATTARELLA