SALEMI. Centinaia di persone presenti all’ultimo saluto di Marisa Lea, la donna vittima di femminicidio dell’ex compagno il 6 settembre scorso.
“In questo momento così doloroso ringrazio tutti coloro che ci sono stati vicini, istituzioni, amici, colleghi di lavoro di Marisa e tante altre persone che, seppur non l’hanno conosciuta, hanno manifestato vicinanza. Tutto ciò è quello che ci sta dando la forza di andare avanti”. Lo ha detto Mauro Leo, fratello della donna assassinata dal suo ex, al termine dei funerali della sorella, a Salemi (Tp). “E’ la stessa forza che aveva Marisa a dare una vita serena a sua figlia”, ha aggiunto l’uomo. “Rispettare significa stare attento a chi si ha accanto – ha aggiunto – quando parliamo di vittime di femminicidio significa uccidere due volte quella donna, come Marisa. La luce di mia sorella è nel sorriso della sua piccola che ora sta con noi. Non possiamo lasciare sole le donne, dobbiamo aiutarle a sostenerle nelle loro battaglie. Le donne non sono merce di scambio”.
Il testo dell’ Omelia per le esequie di Marisa Leo del Vescovo Angelo Giurdanella:
Carissimi mamma e papà, familiari, amici e colleghi di Marisa. Carissimi fratelli e sorelle della comunità ecclesiale e civile di Salemi, presbiteri e diaconi. Ci ritroviamo qui, oggi, smarriti e sgomenti. Tutti assetati di una parola che spenga la sete del nostro spirito affranto e faccia ardere il nostro povero cuore rimasto congelato dalla drammatica vicenda accaduta alla nostra Marisa. La morte di Marisa ci ha fortemente scosso ed è calata la notte nel nostro cuore.
Permettetemi di dirvi con tutta sincerità e delicatezza che il momento richiede: io non ho parole mie che siano all’altezza di tanto dolore. Mi trovo qui, come voi, per condividere lo strazio di una situazione che ci supera da tutte le parti e ci fa piangere lacrime amare, resa ancora più cruda e più triste se guardiamo negli occhi della piccola Alice privata dai legami fondamentali della vita.” Le mie lacrime nell’otre tuo raccogli: sono scritte nel tuo libro” (cfr. 56,9).
Vorrei condividere con voi una parola “altra”, una parola “alta” che il Vangelo riassume e la vita di Marisa esprime: l’Amore di Dio ricevuto e donato. “Chi ama è passato dalla morte alla vita”. Questa è la sola parola che rischiara questo momento di buio e ci aiuta a rispondere alla domanda che ribolle da sempre, soprattutto in questo momento, nel cuore umano: che senso ha vivere se sembra che sia solo per morire? Se oggi siamo tutti qui e in tanti è perché crediamo che il tempo dell’amore è più lungo del tempo della vita.
La parola fatta carne che illumina ogni uomo che viene nel mondo ci dice che noi siamo fatti così: nasciamo con una prepotente fame di immortalità, entriamo nella vita con una insaziabile sete di bene e veniamo aggrediti dagli insulti indecenti del male. Più andiamo avanti negli anni e più ci morde la penosa sensazione di non bastare a noi stessi. Da soli siamo incompleti. Bramiamo sempre più vita e sperimentiamo la morte. Eppure noi amiamo e desideriamo essere amati. Noi, come Marisa, nutriamo un sogno struggente di felicità, un bisogno bruciante di un oltre e di un Altro, la necessità di un amore libero, vero, profondo.
Ci rendiamo conto che la nostalgia di Infinito, di Assoluto, di Eterno che ci brucia in cuore in fondo è la firma di Dio al capolavoro che lui stesso vuole fare di noi. Allora ci ritroviamo a dover riconoscere che solo Dio può placare l’inquietudine che ci abita e nutrire la fame d’amore. “Niente e nessuno potrà separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù” (cfr. Rm 8,35). Il nostro Dio non è separato da noi ma sta in mezzo a noi per piangere le nostre lacrime, per assumere la nostra vita, per sudare il nostro sudore, per amare con il nostro cuore. Per condividere tutto di noi, “in questa aiuola che ci fa tanto feroci” (cit. Dante).
Una cosa però gli mancava: entrare nel tunnel della nostra morte, attraversarlo tutto, raggiungerci là dove saremmo arrivati e stringerci a braccia spalancate. Per trascinarci con sé e portarci tra le braccia del Padre, l’Abbà tenerissimo di Gesù. E proprio perché Gesù non è sceso dalla croce, rimane in agonia fino alla fine del mondo. Il suo restare in croce lo rende capace di decifrare il nostro urlo di dolore come una straziante richiesta di aiuto. Gli permette di tradurre un drammatico gesto di abbandono: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” in un commovente bisogno di un tenero abbraccio del Padre.
Proprio perché Gesù ha rinunciato a salvare sé stesso, può salvare tutti e ognuno di noi, quando per noi tutti arriva l’ora dell’ultimo appuntamento: l’ora nona, l’ora del compimento. Con la sua risurrezione “ha fatto risplendere la vita” (2 Tm 1,10). Sì, oggi Marisa ci dice che la sua e la nostra notte splenderà. Anzi, l’alba, un’alba senza tramonto è già sorta, grazie alla parola di Gesù appena proclamata: “Questa è la volontà del Padre mio che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno” (Gv 6,39). Ecco la famosa e spesso incompresa espressione “volontà di Dio”. Per Marisa, come per tutti noi, a volere la morte non è stato Dio. Dio vuole che la fine della sua vita fosse l’inizio di una vita senza più fine. “Chi ama è passato dalla morte alla vita”. Lei ha amato la vita, senza trattenerla ma condividendola sempre con creatività e coraggio, facendo squadra, mai da sola. Per Marisa, a finire, è stato solo il primo tempo. Un tempo breve, certo, troppo breve. Ma Dio ha voluto che cominciasse subito il secondo tempo, quello che non finirà mai. Continua a vegliare sulla sua piccola Alice, sui genitori e amici perché lei non è assente ma vive: è solo invisibile.
Marisa con la sua carica, di bene, di intelligenza, di amore ci insegna ad avere più paura di una vita sprecata e sbagliata che di una vita bella e buona anche se accorciata tristemente da una morte ingiusta. Ci ricorda che dobbiamo avere più paura di una vita incolore, inodore e insapore che di una vita breve ma piena di bene, aperta alla luce e alla gioia sempre condivisa.
La notte splenderà. E noi tutti formeremo una grande comunità, come questa di oggi, perché oggi viviamo un dolore grande ma con un più grande e incontenibile desiderio di amore affinché fatti come questi non accadano anche grazie al nostro impegno.
La notte splenderà, cara Marisa, lanciaci un raggio di luce che ci guiderà fino a quando non arriveremo anche noi lassù, quando anche per noi la notte splenderà. E non ci sarà più notte, né lutto, né dolore e né pianto.
Santa Maria raccogli le nostre lacrime perché neppure una vada perduta e conservale negli archivi di Dio perché Lui non ricorda i nostri peccati, ma accoglie il bene fatto e l’amore sparso a piene mani.
Santa Maria aiutaci a guarire dalla piaga della tristezza e dal dominio sull’altro, liberaci dalla rassegnazione e mettici dentro il desiderio di cambiare questo mondo iniziando da noi stessi.
«A ottobre realizzeremo a Mazara del Vallo il progetto sul vino al quale stava lavorando Marisa. Lo faremo per lei». Lo ha detto Roberta Urso, presidente delle ‘Donne del vinò in Sicilia, intervenendo in chiesa madre. “Marisa, tu nutrivi bellezza nel mondo che ci circonda. Tu sei stata la combattente n.79. Noi vogliamo continuare una battaglia di civiltà in sua memoria. L’essenza delle donne non è merce di scambio. Marisa, non diteci che scompare…», ha concluso la Urso.