TRAPANI. Attraverso una nota stampa arriva l’appello di, Paolo Petralia Camassa, ai comuni del territorio provinciale di Trapani per l’abolizione del numero chiuso in medicina.
Come ormai noto da anni, la condizione ospedaliera e dei pronto soccorso nella nostra provincia ci porta ad avere uno scompenso in termini numerici in tutti i reparti. Non c’è un solo ospedale o struttura sanitaria che non viva una faticosa situazione di sottodimensionamento strutturale di utenza medica comportando così una carente offerta di servizi sanitari che provoca giornalmente danno ai cittadini del nostro territorio. Tale condizione non è differente in altre aree del Paese, anche nelle zone più attrezzate come l’Emilia-Romagna, così come dichiarato di recente dal presidente Bonaccini, il sottodimensionamento dei medici nei reparti è crescente e provocherà una forte scossa sociale se non si interverrà con cura e prontezza nei prossimi mesi.
La condizione deficitaria di personale medico nel nostro territorio ha comportato, come comunicato nei primi giorni di settembre dal commissario straordinario dell’ASP di Trapani, Dott. Vincenzo Spera, l’assunzione di “almeno” quaranta medici argentini per aumentare la dotazione organica degli ospedali e per offrire un servizio migliore a partire dai pronto soccorso di tutti i nosocomi provinciali. Non possiamo che raccogliere con favore questa iniziativa dell’ASP di Trapani, dando il benvenuto ai medici d’oltreoceano, ma una riflessione e una conseguente proposta vengono di seguito riportate per una condivisione il più possibile allargata e priva di ragionamenti di colore politico o di appartenenza. La Regione Campania ha di recente approvato una Proposta di Legge per l’abolizione del numero chiuso alla facoltà di Medicina in tutta Italia. Tale proposta si pone l’obiettivo di consentire un più facile accesso alla formazione con l’iscrizione diretta alla facoltà di Medicina, aumentando il numero di laureati in una fase di carenza ormai strutturale in Italia, con riflessi negativi sul funzionamento del servizio sanitario pubblico nazionale. Una proposta di legge simile venne portata in discussione in Parlamento dalla Regione Veneto nel 2018. Si ritiene, dunque, che tale iniziativa possa e debba essere condivisa anche dalla politica regionale siciliana e, nello specifico, che i comuni possano dare un indirizzo chiaro al Governo della Regione in tal senso attraverso l’approvazione di un ordine del giorno. Tale posizione si fonda non soltanto sull’opportunità di potere unire le forze tra le istituzioni territoriali e regionali, al di là dei colori e degli schieramenti, ma anche su una riflessione ulteriore che si ritiene doveroso condividere. I ragazzi e le ragazze che preparano i test in medicina sono costretti, ormai da anni, a pagare corsi privati altamente costosi, nell’ordine dei 1.500-3.000 euro a studente, talvolta anche in nero, alimentando così le incertezze per chi questi corsi non può nemmeno permetterseli, e costringendo le famiglie a non avere alternative per poter regalare ai propri figli il futuro che desiderano e meritano. Oggi per chi vuole intraprendere il percorso nella facoltà di medicina non basta solamente pagare la retta universitaria poiché quello della preparazione ai test è diventato un passaggio obbligato, comportando dunque disparità e ulteriori esborsi di denaro.
Tale situazione non è più accettabile e i comuni, nell’esercizio del loro importante ruolo di indirizzo, hanno, a parere di chi scrive, il dovere di far sentire la propria voce e per loro tramite quella di tantissimi ragazzi e ragazze che chiedono parità di diritti. Tale appello, come rappresentato in premessa, non gioverebbe solo ai giovani del nostro Paese, ma aiuterebbe anche a sostenere il servizio sanitario pubblico oggi in forte crisi. Si precisa in chiusura che tale proposta di rimozione del numero chiuso in Medicina non sarebbe da sola risolutiva, ma andrebbe anche aumentata la spesa pubblica in favore delle borse di studio per le specializzazioni al fine di riuscire a coprire i tanti reparti in enorme sofferenza non solo nel nostro, ma in tantissimi territori italiani. I comuni giocano in questo quadro un ruolo centrale per sensibilizzare le istituzioni locali e regionali e per lanciare un messaggio politico di futuro e di tutela dei diritti.
Paolo Petralia Camassa