Lasciar fare.
Il Prefetto convoca il capitano dei carabinieri per comunicargli le garanzie che aveva ricevuto sugli avvenimenti in corso nel cimitero di Castelvedere; che si sarebbero mantenuti entro i limiti dell’ordine pubblico, sotto il controllo di istituzioni, personaggi ed uomini autorevoli del paese, e suggerendo di tenere impegnata la stazione locale dei carabinieri in attività di pattugliamento e vigilanza attiva nelle località di campagna, lontano dal centro abitato e dal cimitero stesso, indicando anche la precisa località dove, da informazioni pervenute alla prefettura, dentro ad una gola di Monte Inici, nel folto della vegetazione, tra i ruderi di un baglio infestato da mirto e rovi, carrubo e frassino, avrebbero trovato del bestiame rubato. L’arma dei carabinieri veniva così impegnata nella repressione dell’abigeato e nella cattura dei malviventi presi in flagranza di delitto, attività certamente più consona alla sua natura istituzionale ed alle sue finalità, e veniva allontanata dai fatti del cimitero dove c’erano implicazioni di ordine sociale e politico.
In questo modo garantivano il presidio del territorio ed i giornali locali avrebbero avuto di che scrivere e riportare notizie sulla fermezza dello Stato nella attività di repressione dei delitti, spostando tutta l’attenzione sui compiti veri dell’arma dei carabinieri e non certamente su delle donne addolorate per il ritardo nella sepoltura di un malacarne, loro familiare, a cui nemmeno la chiesa avrebbe dedicato una messa funebre, e dove i responsabili del reato, se reato c’era in quel ritardo, erano da ricercare nelle procedure burocratiche delle stesse istituzioni, una cosa questa che non era neanche lontanamente da pensare; per una salma in attesa di sepoltura non c’era reato e nessun reo era da ricercare se non che nei tempi burocratici che certe volte, anche a causa di impiegati e funzionari svogliati, si ingarbugliavano e richiedevano tempo per ritrovare il bandolo della matassa, proprio come in questo caso.
Certo la salma era di un morto ammazzato in altro comune, ma per questo il reato di omicidio colposo era stato commesso prima del trasporto al cimitero, durante la caccia, in un incidente di caccia, e gli unici rei da trovare erano quelli che avevano sparato, da ricercare forse tra i suoi stessi amici, omicidio colposo dunque dovuto ad un colpo partito accidentalmente. Occorreva ora sdrammatizzare, ricondurre quel delitto alla sua realtà di omicidio colposo perché involontario. Le uniche a rifiutare la versione dell’incidente di caccia erano quelle donne, povere donne, tra cui la madre, le sorelle, la fidanzata ed altre parenti, il cui dolore andava compreso ma non enfatizzato e per questo la cosa migliore da fare per le autorità era ignorarle ed ignorarne ogni manifestazione e sceneggiata. Le indagini dei carabinieri andavano condotte a Salemi, dove era avvenuto il delitto, il paese di Castelvedere andava tenuto fuori da quelle indagini, per la sua estraneità al delitto. Il fatto che il morto fosse del posto non voleva dire nulla e non lo riguardava se non per il dolore di quelle povere donne che andava rispettato.
L’Ufficiale ascoltava in silenzio, anche perché il tono del prefetto aveva un carattere di perentorietà che non ammetteva interlocuzione, dispiegava un versione che andava accettata così come veniva esposta, o cestinare completamente, ed accantonare la versione del Prefetto non era possibile, si trattava di entrare in conflitto aperto con una delle istituzioni più importanti del territorio, di fatto con il governo, una cosa da escludere anche solo a pensare, e dunque il Prefetto stava dando delle disposizioni, degli ordini di servizio all’Arma, ordini e disposizioni che non discendevano e non erano dedotte dalla realtà e dai fatti ma avevano un carattere squisitamente politico. La politica aveva deciso di archiviare tutti i delitti avvenuti negli ultimi mesi e che avevano assunto il carattere di sterminio tra gruppi di mafiosi per la supremazia sul territorio. A lui come Ufficiale dei carabinieri non competeva di certo entrare nel merito delle scelte e delle decisioni politiche, almeno fin tanto che queste non avessero ostacolato e non si fossero messe in conflitto con delle indagini in corso su gravi delitti. Ora si accorgeva che trovarsi nel mezzo di scelte politiche, che addirittura avevano come fine quello di archiviare decine di fatti di sangue, era come trovarsi in avaria dentro una tempesta di mare, dove ogni decisione e sforzo erano destinati a cadere nel vuoto.
Di fatto il Prefetto lo metteva davanti ad un ordine che non poteva rifiutare, e con quell’ordine doveva interrompere ed abbandonare il servizio di indagine sulle decine di delitti, che erano delitti di mafia, frutto di un sanguinario scontro tra cosche e famiglie mafiose per il controllo del territorio, nello stesso momento in cui era stata ritrovata l’ultima vittima della famiglia perdente e con questo ritrovamento si aveva il completo sterminio di una delle cosche in guerra; le cosche e le famiglie vincenti ora non avevano più rivali e potevano dedicarsi completamente ai loro affari.
Le gerarchie militari, più vicine alla politica, non avevano mai visto di buon occhio i suoi rapporti e le sue relazioni di ufficio in cui metteva in collegamento fra di loro i delitti riconducendoli ad una unica causa, quella della supremazia all’interno della mafia, che per altro veniva indicata come maffia.
Per le alte gerarchie gli scontri tra cosche erano concepibili in America, dove già era accaduto che bande rivali nel contendersi il traffico della prostituzione, degli alcoolici al tempo del proibizionismo ed il gioco d’azzardo non avevano esitato a seminare le strade di cadaveri fino al completo sterminio dei rivali, ma siccome ad ogni rivale morto ve ne erano altri pronti a sostituirli le guerre tra bande non finivano mai. Ma qua in Sicilia non si erano mai avute lotte tra cosche, senza contare che non era scontata l’esistenza di questa maffia che si reputava pericolosa per l’ordine pubblico e lo Stato, per quanto le cronache avessero registrato omicidi attribuiti a sette e bande segrete di malviventi dediti al malaffare.
Il Capitano fece i suoi ragionamenti e le sue riflessioni, senza pervenire ancora a deduzioni, sulla perentoria comunicazione del Prefetto:
Chi da’ le garanzie sul controllo degli avvenimenti al Prefetto?
Chi informa la prefettura ed il Prefetto sui luoghi dove viene custodito il bestiame rubato?
Perché il Prefetto viene informato così dettagliatamente del bestiame?
Chi altri al di fuori dell’Arma e dello Stato può dare garanzie sul controllo della situazione?
Chi altri al di fuori degli organi preposti dello Stato può raccogliere e fornire informazioni allo Stato? Qualcuno si stava sostituendo allo Stato oppure c’era uno Stato dentro lo Stato, come uno stato occulto in grado di manovrare lo Stato ufficiale e di determinarne e dirigerne le azioni.
Il dato certo ora era questo, che il Prefetto aveva ricevuto informazioni sul bestiame rubato e custodito in una valle chiusa tra le montagne, le stesse informazioni non erano state raccolte dagli uomini dell’arma, ma in presenza della notizia di un reato che di fatto creava una situazione di emergenza per le forze che occorreva mobilitare; c’era da espletare una operazione che avrebbe oscurato qualsiasi altro avvenimento malavitoso in tutta la Sicilia occidentale, ed avrebbe fatto scalpore e riempito i giornali. Le decine di omicidi che egli metteva in collegamento tra di loro sarebbero stati archiviati non solo dalla legge e dalle sue indagini ma dalla storia collettiva e dalla memoria degli abitanti della zona. Salvo i parenti stretti di tutte le vittime nessun altro avrebbe più voluto ricordare quei fatti sanguinosi e le lapidi delle loro tombe al cimitero si sarebbero limitate a riportare la data di nascita con giorno, mese ed anno e la data della morte con giorno, mese ed anno e nient’altro.
I dubbi agitavano l’Ufficiale e lo inquietarono al punto che si chiese se per caso non ne stesse facendo una questione personale, perché solo così potevano spiegarsi quei pensieri che quasi lo ossessionavano, uno fra tutti, ma che non mise mai bene a fuoco nella sua mente, era quello secondo cui poteva avere la stessa origine la fonte delle informazioni passate al Prefetto e la sequenza di stragi ed omicidi avvenuti in zona nell’ultimo anno. Questo non lo trascrisse nei verbali, per quanto quei collegamenti si agitassero nella sua mente e lo inquietassero, non trovarono mai chiare e precise espressioni verbali, non divennero parole nella compiutezza delle frasi dei verbali e relazioni ai superiori. Non gli restava che abbandonare quelle indagini e predisporre l’Arma per l’operazione di recupero del bestiame ed arresto dei responsabili del furto.