Oggi l’anniversario dell’assassinio del giornalista Beppe Alfano. Di seguito le parole della figlia Sonia Alfano.
Gli appuntamenti a Barcellona Ci siamo, come ogni 8 gennaio aspetto le 22:15. Come ogni anno rivivo ogni singolo istante di quei giorni che precedono il giorno dell’omicidio di mio padre. Dapprima i ricordi, poi la paura, finché lo scandire del tempo si sofferma maledettamente sulle ultime ore di vita vissute con lui. E prendono il posto i ricordi di ciò che abbiamo fatto quel giorno, cosa abbiamo mangiato, cosa ci siamo detti. Ricordo il suo sguardo smarrito e deluso, come di chi non capisce perchè non venga creduto circa le minacce subite. Rimbomba nella mia testa la sua voce mentre mi dice che lo hanno minacciato giurandogli che lui “al 20 gennaio non ci sarebbe arrivato”… Cominciano, come da 31 anni a questa parte, a rincorrersi i rimorsi e i sensi di colpa.
“Se gli avessi impedito di uscire, di andare incontro al suo destino? Se lo avessi accompagnato io a prendere mamma alla stazione, avrei potuto difenderlo…”. Ma come avrei potuto evitargli le tre pallottole che quella sera hanno interrotto la sua vita per sempre, e condannato noi ad una vita vissuta altrettanto per sempre con le emozioni a metà? Io non ho potuto fare nulla, se non battermi per ridargli dignità, per ottenere giustizia e per far si che la sua morte non sia vana. Il dovere ovvio di una figlia verso un padre, anche se molto limitato rispetto a ciò che lui avrebbe fatto per me. E allora, poiché sì diventa forti soprattutto soffrendo, nonostante in queste ore nella mia testa si alternino solo ed esclusivamente le immagini del suo viso bellissimo devastato dai proiettili, la relazione autoptica con l’analitica descrizione della sua sofferenza, io oggi tra le lacrime che sanno non finire mai e scorrere come un oceano nell’anima, voglio rinnovare il mio giuramento a mio padre: nessuno, e sottolineo nessuno, avrà più tregua; ti giuro che la mia vita sarà lo strumento per rendere unica la tua memoria e vivrai più forte e nitido che mai, in me.
Avrai giustizia, papà.