Lo scorso 9 marzo il poliedrico artista alcamese Giuseppe Accardo ha vinto, con il cortometraggio animato “Pina”, il prestigioso premio Magritte, assegnato ai migliori film e alle principali figure professionali del cinema belga. Tale riconoscimento dimostra quanto il talento e il coraggio di intraprendere strade poco convenzionali siano armi vincenti per raggiungere i propri sogni.
Di seguito l’intervista a Giuseppe Accardo.
Domanda: Ci parli di lei.
Risposta: Salve! Innanzitutto grazie per l’interesse mostrato per questo progetto, che mi vede coinvolto, tra le varie mansioni, come co-regista insieme al talentuoso animatore francese, Jeremy Depuydt. Mi chiamo Giuseppe Accardo e sono uno scenografo per il cinema e per il teatro. Ho frequentato il Liceo Classico “Cielo d’Alcamo” e, dopo una breve parentesi alla facoltà di Architettura di Palermo, mi sono trasferito a Roma, città in cui ho conseguito il diploma in Scenografia nel 2005. Mi sono poi formato come professionista in seno al Teatro Biondo di Palermo, affiancando per diversi anni lo scenografo e regista Pietro Carriglio, in veste di assistente-scenografo e partecipando a diverse produzioni, culminate col ciclo di rappresentazioni delle Orestiadi al Teatro Antico di Siracusa nel 2008. Dopo questi anni intensi e pieni di sfide lavorative, mi sono trasferito in Belgio, dove mi sono dedicato all’apprendimento del francese e ho proseguito la mia ricerca nel settore creativo, occupandomi soprattutto di allestimenti scenografici per i musei e per gli eventi culturali. La curiosità è sicuramente una delle caratteristiche che più mi contraddistingue e a Bruxelles ho trovato terreno fertile per confrontarmi con il ricchissimo panorama culturale che la rappresenta, vivendoci per 13 anni, durante i quali ho provato a nutrirmi della sua effervescente scena artistica. Ho avuto modo di coltivare i miei interessi per il teatro, l’arte figurativa, la fotografia, la musica, la scrittura e il mondo del cinema, in un contesto internazionale. Negli ultimi anni di permanenza belga è venuta al mondo “Pina”, che ha richiesto circa quattro anni di lavorazione, attraversando anche il periodo complicato della pandemia. Da qualche anno sono tornato a vivere in Sicilia, tra Alcamo e Palermo, grazie a una bellissima opportunità lavorativa, alla quale non ho potuto dire di no, forte anche di un profondo desiderio di fare ritorno alle mie origini mediterranee. Credo fermamente che, a un certo punto del proprio percorso, sia bello investire sul luogo in cui si è nati, cercando di portare il proprio contributo, soprattutto quando vi è ancora tanto da fare.
D.: Racconti ai nostri lettori di cosa parla “Pina” e perché ha sentito l’esigenza di creare questo cortometraggio.
R.: Intanto tengo a precisare che questo film è il prodotto della collaborazione tra me e il regista francese Jeremy Depuydt, che aveva già realizzato un film d’animazione qualche anno addietro, inerente anch’esso al mondo della mitologia. La storia è stata, successivamente, sviluppata a quattro mani, ma è nata dal mio desiderio di creare un “cuntu” nuovo, a partire da elementi del mito di Proserpina, fondendoli con la nascita del fenomeno mafioso in Sicilia. Ho proposto a Jeremy di aiutarmi a trasporre questa idea in un film d’animazione e, dopo vari scambi e versioni, abbiamo steso la sceneggiatura definitiva. Pina è un cortometraggio d’animazione di 23 minuti, interamente in lingua siciliana. Ci tengo a dirlo, perché è stata una scommessa quella di restare coerenti all’idea del “cuntu” popolare, con una struttura narrativa semplice, ma identitaria di un luogo specifico. Non è un cartone animato nel senso comune del termine, perché è destinato soprattutto a un pubblico adulto e, in genere, è consigliabile una visione accompagnata dai genitori per le tematiche trattate.
La storia di Pina è ambientata nella Sicilia rurale a cavallo tra il XIX e il XX secolo e racconta di una giovane donna dal potere segreto e straordinario di rigenerare la terra. Condivide questo dono con la madre, che ormai troppo anziana, non riesce più da sola a portare a compimento il miracolo che si rinnova a ogni alba, tra le colline dell’entroterra siciliano. La forza delle due donne permette alla natura di offrire frutti in abbondanza e raccolti generosi agli abitanti del villaggio, che, con il duro lavoro, accumulano le messi per il proprio sostentamento. La comunità è, però, bersaglio degli attacchi violenti e continui di un manipolo di banditi, guidati dal loro capo carismatico e tenebroso. I sacrifici di Pina e della madre sono così resi vani, schiacciati dall’arroganza delle ritorsioni dei briganti, creando inevitabili tensioni tra madre e figlia. L’incontro di Pina con il capo di questa gang di mafiosi, sconvolgerà gli equilibri del villaggio e della Sicilia intera.
Il desiderio di sviluppare e condividere questa storia, credo sia nato dal vissuto che ha contraddistinto molti siciliani della mia generazione, ovvero quel momento di rottura in cui si è preso coscienza che era arrivato il tempo di provare a scuotersi di dosso il fardello di vivere in una terra in mano ai criminali. Una cultura anti-mafiosa finalmente cominciava a prendere piede tra i giovani, stanchi di sentirsi assoggettati a un potere oscuro e violento, capace di spargere nella società un sentimento di impotenza generale. Da piccolo ho assistito alle faide tra cosche mafiose nella nostra città. Ricordo ancora (avevo 10 anni) di un’auto con un morto ammazzato, scaraventata contro la vetrina del negozio della mia famiglia, in Via Pitagora. Ricordo che si viveva col peso della violenza di questi regolamenti di conti, che non risparmiavano innocenti. Sono ancora impresse nella memoria collettiva le immagini agghiaccianti degli attentati al giudice Falcone e a Borsellino, con le relative scorte. Ho condiviso con Jeremy quest’ esigenza di lasciare una testimonianza della voglia di riscatto della mia terra, l’idea gli è molto piaciuta e con grande entusiasmo abbiamo iniziato a proporre il progetto in giro, trovando il sostegno di due produttori, che ci hanno accompagnato nella ricerca dei finanziamenti in Belgio e in Francia.
D.: Considerato il successo che ha avuto, come provano le candidature a diversi festival e questa recente vittoria, quale pensa sia il motivo dell’interesse che ha suscitato?
R.: Pina è stato terminato nel 2022 e da allora non ha smesso di viaggiare attraverso i cinque continenti, sorprendendo anche noi per l’attenzione che il nostro progetto ha generato. La prima selezione credo sia avvenuta a un festival in Corea del Sud e poi da lì il film è stato accolto in varie rassegne, vincendo come miglior corto d’animazione al Flickerfest di Sidney. In Belgio ha ricevuto tre importanti premi, al festival Anima (uno dei più rinomati festival d’animazione in Europa), al Brussels Short Film Festival e, come citavi tu, il prestigioso Magritte, che equivale un po’ ai nostri premi Donatello per il cinema. A questi vanno aggiunti vari riconoscimenti: dal trofeo come miglior corto d’animazione a Bangalore in India, a quello attribuito dalla rivista di settore Fabrique du Cinéma a Roma, per culminare con la selezione tra i grandi dell’animazione a Los Angeles. Siamo stati presenti, lo scorso febbraio, anche agli Annie Awards, forse il premio più ambito nel contesto del disegno animato.
Per rispondere alla sua domanda, direi che il film cattura visivamente per la ricchezza dei suoi colori legati all’universo della ceramica mediterranea, al quale s’ispira. Io e Jeremy abbiamo trovato un compromesso, fondendo i nostri stili personali in questo vivace insieme di motivi e forme, cercando di riprodurre il ricco caleidoscopio delle maioliche del Sud Italia. Per quanto riguarda l’aspetto narrativo, Pina racchiude vari elementi e spunti di riflessione. E’ stato estremamente interessante come ogni Paese abbia rilevato delle tematiche diverse, ma tutte contenute in questo cortometraggio. Se l’idea di base era quella di raccontare una storia di riscatto di una società verso un oppressore e di tenere alta la guardia nei confronti della cultura mafiosa, attraverso il percorso della nostra eroina che viene sedotta dal potere, altri temi sono emersi con forza, in sintonia con l’attualità della nostra epoca. Il tema del femminicidio in primis, della crisi della struttura patriarcale, che riflette quella delle organizzazioni mafiose, la tematica dell’ecologia e dell’eco-femminismo, in cui un sistema in armonia con la natura si contrappone alla brutalità di sfruttamento delle risorse senza lungimiranza verso il futuro. E ancora il tema della mascolinità tossica e quello della fascinazione verso il potere. Attingere al mito vuol dire comunque confrontarsi con i temi universali che da secoli toccano le corde dell’animo umano.
D.: Dove e con chi è stato realizzato “Pina”?
R.: Il film è una co-produzione belgo-francese. E’ stato realizzato in gran parte a Bruxelles, ma anche in Francia, nelle regioni Aquitaine e Haut de France (dove abbiamo ottenuto dei finanziamenti). Il doppiaggio è avvenuto in Sicilia, a Palermo. Io e Jeremy ci siamo avvalsi dell’aiuto di un team di circa 25 persone che per tre anni, in momenti alterni, hanno reso possibile questo sogno, grazie al loro talento e alla passione per un mestiere molto meticoloso e complesso. Jeremy ha diretto le equipes, soprattutto rispetto alla parte tecnica dell’animazione e concentrandosi sui personaggi. Io mi sono occupato per lo più della concezione dei vari disegni che compongono le ambientazioni e gli sfondi e di supervisionare alla coerenza stilistica delle varie scene. Abbiamo avuto la fortuna di collaborare con persone motivate e innamorate del progetto dal primo momento. E’ stato un meraviglioso e complesso lavoro di squadra. Per quanto riguarda le voci dei personaggi, sono particolarmente fiero dei siciliani che si sono prestati al gioco, pur essendo una prima esperienza per tutti loro nel mondo del disegno animato. Fiero dei miei concittadini come la bravissima Chiara Calandrino nel ruolo di Pina, Marcello Rimi in quello di Giacomo e di alcuni banditi, Maria Stellino nel personaggio della madre e Giuseppe Risico per alcune figure secondarie. Da Palermo sono giunti in aiuto anche l’attore Giuseppe Randazzo e il talentuoso Cesare Biondolillo, che ha dato la voce al capo dei banditi. Per le musiche abbiamo avuto l’onore di ospitare la voce di Rosa Balistreri in una scena del corto, con il brano “Matri c’aviti figghi”, e la fortuna di collaborare con due eccellenti musicisti francesi (David Gana e Laurent Cabrillat), che hanno realizzato le musiche “su misura” per il film, seguendo le nostre indicazioni. Altro vanto alcamese, la collaborazione con i fratelli Rimi, che, con la loro emozionante “Disìo”, chiudono il cortometraggio sui titoli di coda. A vegliare su di noi, i nostri produttori Maxime Freyers (Nextdays) et Lucas Tothe (Punchline Cimema), che ci hanno dato carta bianca su tutto il progetto.
D.: Perché in Belgio?
R.: Perché all’epoca ero residente a Bruxelles da vari anni e perché il Belgio presenta più occasioni per accedere a dei finanziamenti per il settore della cultura, nonostante non sia per nulla facile ottenerli.
D.: Quanto tempo ha impiegato? Quali sono state le principali difficoltà che ha incontrato?
R.: Il film ha avuto una lunga gestazione, circa cinque anni dall’inizio della scrittura fino alla première a Bruxelles. Di questi cinque anni, tre vanno considerati di realizzazione, avendo dovuto attraversare il periodo nefasto del COVID, con lunghi periodi di stasi per i problemi tecnici e logistici che la pandemia ha comportato. Le difficoltà sono state legate ai finanziamenti da trovare, poiché un cortometraggio di animazione ha dei costi elevatissimi e superare le commissioni per ottenere degli aiuti necessita un solido dossier e una discreta capacità di sedurre le giurie col proprio lavoro. In più possono passare dei lunghi mesi prima di ottenere il parere positivo, cosa che dilata tantissimo i tempi. Ma siamo stati sufficientemente determinati e appassionati al progetto d’aver tenuto duro fino alla fine.
D.: Dove lavora adesso? Quali sono i suoi prossimi progetti?
R.: Da più di due anni, ormai, collaboro come scenografo realizzatore presso i laboratori di Scenografia del Teatro Massimo di Palermo, sotto la supervisione del maestro Christian Lanni. Un sogno che si è realizzato e che mi permette di sentirmi parte attiva di una scena culturale siciliana, alla quale ho voglia di contribuire con nuovi progetti. Ci sono delle idee in evoluzione legate a Pina sul territorio siciliano e vorrei cominciare un percorso di proiezioni seguite da un dibattito con le scolaresche dell’ Isola, per indagare sul tema della mafia oggi nel nostro quotidiano. Ho in cantiere alcune storie da voler raccontare, ma mi piacerebbe farlo attraverso il teatro o la realizzazione di eventi pubblici. Trovo che la creatività sia per sua natura fluida e mi piace l’interdisciplinarietà tra le arti. Al momento giusto spero di avere nuovamente il piacere di potervi parlare della prossima avventura.