Le polemiche sul ‘giuda’ di Falcone, giornalista non diffamò

Si chiude davanti alla corte d’appello di Perugia un vecchio filone di polemiche sull’uccisione di Giovanni Falcone. La sezione civile della corte d’appello di Perugia ha rigettato una richiesta di risarcimento danni presentata da Vincenzo Geraci, magistrato della Cassazione, nei confronti del giornalista Rino Giacalone e della società editrice del Fatto quotidiano. Geraci, che è stato magistrato a Palermo e componente togato del Csm, si è ritenuto diffamato da un articolo pubblicato il 22 maggio 2012. Il giornalista ricordava l’ultimo intervento pubblico di Paolo Borsellino. In un confronto alla Biblioteca comunale di Palermo il 25 giugno 1992, il magistrato aveva parlato di “qualche giuda” che, per la nomina del consigliere istruttore di Palermo, aveva votato per Antonio Meli invece che per Falcone. Geraci ha osservato, nel suo ricorso, che Borsellino non aveva fatto il suo nome e che quindi non era corretto accostarlo al “giuda” che aveva tradito Falcone. Il tribunale di Perugia aveva condannato Giacalone e il Fatto a pagare un risarcimento di 52mila 395 euro. La corte d’appello ha ora ribaltato la sentenza richiamando articoli e libri pubblicati dopo le stragi del 1992. Uno dei magistrati in servizio a quel tempo a Palermo, Ignazio De Francisci, aveva sostenuto in un’intervista che Borsellino gli aveva confidato di non considerare Geraci un “giuda”. Di diverso tenore la testimonianza di un altro magistrato, Luciano Costantini, in servizio a quel tempo alla Procura di Marsala, il quale ha sostenuto che, in occasione del trasferimento da Marsala a Palermo, Borsellino avrebbe detto a un gruppo di colleghi di avere fatto riferimento proprio a Geraci nell’intervento alla Biblioteca di Palermo. La corte ha ora riconosciuto i “requisiti della verità della notizia”, dell’interesse pubblico alla conoscenza del fatto e della “correttezza formale dell’esposizione”. “La pubblicazione dell’articolo – scrivono i giudici – e, nello specifico, la frase in esso contenuta, seppur lesivi dell’onore e della reputazione di Vincenzo Geraci, possono considerarsi lecito esercizio del diritto di cronaca”. (ANSA). 

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