Custonaci: la morte di Giacalone operaio della Sud Marmi. Ha patteggiato per omicidio colposo anche Miceli, capo cantiere dell’azienda marmifera
La morte sul lavoro dell’operaio Nicolò Giacalone, dipendente dell’azienda Sud Marmi di Custonaci, è stata giudiziariamente definita con due patteggiamenti e altrettante condanne pronunciate dal gup del Tribunale di Trapani. Omicidio colposo anche in relazione alle norme (violate) sulla sicurezza sul posto di lavoro sono i reati per i quali sono stati condannati col patteggiamento Vito Pellegrino, 49 anni, titolare della Sud Marmi, e attuale presidente di Sicindustria a Trapani, e Vincenzo Miceli, 59 anni, dipendente della stessa azienda marmifera e responsabile di cantiere. Pellegrino ha patteggiato per una pena di 20 mesi, Miceli ha avuto inflitti 16 mesi. Per tutti e due il gup, giudice Samuele Corso, ha dichiarato la sospensione della pena. La morte di Nicolò Giacalone risale al luglio del 2022, avrebbe compiuto 33 anni cinque giorni dopo il mortale incidente. Era alla guida di un mezzo meccanico, una autogru, a bordo del quale percorreva la via Ragusa a Custonaci. Una strada che è all’interno dell’area marmifera della città, stava conducendo il mezzo dall’area di pertinenza dell’azienda Sud Marmi con destinazione l’abitazione del Pellegrino, per la esecuzione di lavori privati. Ma durante il percorso, a causa di un guasto meccanico, perdeva il controllo del mezzo. Giacalone avrebbe tentato ogni manovra possibile, ma il mezzo sfondava la recinzione stradale e precipitava per circa tre metri e mezzo. Incidente improvviso che non dava possibilità all’operaio di potere abbandonare la guida, restando incastrato mortalmente nella piccola cabina, restando schiacciato.
Le indagini furono condotte dai Carabinieri, coordinate dal pm Eleonora Sciorella, che dopo la richiesta di rinvio a giudizio per i due imputati, infine ha concordato con la richiesta di patteggiamento. Le risultanze investigative sono state definite chiaramente circa la responsabilità di Pellegrino e Miceli. Giacalone non doveva mai trovarsi alla guida del mezzo, essendo sprovvisto delle relative abilitazioni, ma soprattutto quell’autogru non poteva giammai uscire dall’area aziendale, all’interno della quale era di solito ferma, ma con le chiavi inserite, pronta ad un utilizzo che non poteva essere permesso, è stato accertato dagli investigatori che l’autogru non poteva essere posta in circolazione, come invece accadde. A Vito Pellegrino sono state contestate le circostanze di aver permesso a Giacalone l’uso del mezzo in assenza di abilitazione (cosa contestata anche a Miceli) e la omissione nella nomina di un responsabile per la sicurezza all’interno della sua azienda. Nicolò Giacalone era sposato e da anni lavorava presso la Sud Marmi. Tutti di lui ricordano il grande attaccamento al lavoro. La sua morte registrò la reazione dei sindacati che tornarono in quella occasione a chiedere, così come hanno sempre fatto, maggiore rigore sul tema della sicurezza sul lavoro, che non sempre purtroppo viene tenuta nel massimo conto. Proprio oggi pomeriggio in prefettura a Trapani è programmato un incontro per la sottoscrizione di un protocollo di intesa “sicurezza nei luoghi di lavoro e contrasto al lavoro nero ed irregolare”. a firmare il protocollo la Prefettura, la Regione Sicilia, le Forze dell’ordine, gli Enti pubblici, le Organizzazioni sindacali, le Associazioni datoriali e gli Ordini professionali. “L’intesa – spiega una nota della prefettura – mira a rafforzare una stretta e costante collaborazione tra le parti aderenti, con l’obiettivo di intraprendere, attraverso azioni condivise, iniziative volte alla prevenzione del fenomeno degli infortuni sul lavoro nonché di agevolare una sinergica azione di contrasto al lavoro irregolare e ad ogni forma di illegalità e sfruttamento connessa al lavoro”.