“Il mondo collaterale”

I retroscena dell’arresto dell’ex senatore Papania. Le intercettazioni sul voto di scambio politico mafioso, svelano il suo malumore per l’assenza di “persone serie”

A Roma lo chiamavano il “mondo di mezzo”, dove la mafia si incontrava con la politica e i “colletti bianchi”, a Trapani alcune indagini su connessioni tra Cosa nostra e borghesia, indussero gli inquirenti che se neo occuparono a parlare di “terra di mezzo”, dove risiedeva e risiede ancora quell’area grigia fatta di soggetti pronti a dare manforte agli interessi mafiosi. Adesso pare si dica “mondo collaterale”, per parlare proprio di Cosa Nostra. E’ questa la frase che viene fuori dall’operazione “Irene”, appena condotta ieri dalla Polizia (Sco, Sisco, Squadre Mobili di Trapani e Palermo) e coordinata dalla Procura antimafia di Palermo. A pronunziarla il personaggio maggiormente noto tra gli arrestati, l’ex senatore alcamese Nino Papania. Esponente del Pd, non fu ricandidato dai dem quando nel 2013 il suo nome uscì in un rapporto investigativo dei Carabinieri su interessi malavitosi nella gestione del ciclo dei rifiuti (per lui in regalo una penna col diamantino) , poi via via altre indagini lo hanno visto coinvolto in abuso d’ufficio, voto di scambio, accesso abusivo a sistema informatico, pare anche su faccende di dossieraggio a danno di magistrati. Tutte faccende gravi e serie che però non hanno mai bloccato il suo ritorno in politica, fondatore di un movimento autonomista “Via”, oggi costola del centrodestra che governa la Regione. Papania è rimasto uomo forte della politica, nelle sue agende i contatti con parlamentari, assessori regionali e uomini sparsi nel sottogoverno, sindacalisti e super burocrati. Insomma per tanti Nino Papania è rimasto il senatore potente come se da Palazzo Madama non sia mai uscito. La Polizia lo ha arrestato per voto di scambio politico mafioso, il 416 ter del codice penale. Lo hanno scoperto a “comprare voti” contattando esponenti di Cosa nostra, mediatore l’ex vice sindaco di Alcamo Pasquale Perricone. Ma il risultato ottenuto non è stato esaltante, tanto da finire col dare del “testa di minchia” e dello “scienziato della politica” a Perricone che non avrebbe fatto bene il suo lavoro, lamentandosi di essere finito col dare i soldi “per far mangiare una pizza a quattro spacciatori”. Uno sfogo (fatto con il suo autista Davide Piccichè) che lo svela agli investigatori come uno che la mafia pare l’abbia conosciuta bene, tanto da dire che quella di oggi non è più la mafia di un tempo, che “un senso l’aveva”. Papania intercettato spiegava così a Piccichè, che Cosa nostra un ruolo lo aveva e serviva a far muovere gli ingranaggi della società. “Persone serie non ce ne sono più…anche questo mondo collaterale di una volta, per quanto deprecabile, un suo senso ce lo aveva. Ma ora è proprio…matri mia…corri il rischio solo di farti male e basta”. “Qua non se ne capisce più niente…chi conta, chi comanda…la confusione più totale”. Quasi a lamentarsi dell’assenza di riferimenti certi per entrare in contatto con Cosa nostra. Ma l’indagine ha rivelato che i personaggi “importanti” (appartenenti a quello che lui ha indicato essere il mondo collaterale) lui li conosceva bene, tanto da evitarli e mandando altri suoi fidati, come Pasquale Perricone, per gli incontri utili alla raccolta dei voti in occasione delle regionali del 2022. Da qui la contestazione del gip sulla sussistenza di una sua piena consapevolezza che i voti era andati a cercarli a casa di certi mafiosi, a Trapani e ad Alcamo: anche se i soggetti (che il gip indica in Giosuè Di Gregorio e Francesco Coppola), al netto di quanto accaduto, Papania non li ha ritenuti essere “all’altezza dei vecchi mafiosi”. Ma l’indagine racconta anche altro, e mostrano un aspetto che si nasconde dietro il volto in apparenza docile del senatore Papania. In occasione delle recenti elezioni amministrative di Castellammare del Golfo, quelle che hanno visto battuto l’uscente sindaco Nicola Rizzo. Papania si è dato da fare a favore di Rizzo, e avrebbe pensato di far dare una “scutulata di legnate” al consigliere comunale Vito Bongiorno, ex vice presidente del Consiglio comunale, che si era schierato contro l’uscente primo cittadino e per questo indicato come “traditore”. Circostanza che per i pm dimostra come Papania avrebbe saputo ben relazionarsi con i mafiosi, in questo caso di Castellammare del Golfo. Il senatore non avrebbe esitato nel volgersi ad un mafioso locale, Fausto Pennolino, per far dare “una passata di legnate” a Bongiorno. Tutto scritto nero su bianco nei brogliacci delle intercettazioni. “Quel nessuno di Vito Bongiorno (ancora così parlava col suo autista). Cioè cosa di andarci a casa a dargli una gran passata di legnate e farlo scutulare…ci vado io a parlare con Pennolino…vediamo se Vituzzo Bongiorno u cappidduzzu è in grado di alzare la testa”. Intenzionato a far valere i propri malefici intendimenti , il senatore decideva di andare ad incontrare direttamente Pennolino. Propositi vendicativi che Papania racconta di aver raccontato a un certo Salvatore Fundarò, messo al corrente di ogni cosa. Il gip conclude così indicandolo come pericolosamente spregiudicato nei comportamenti. Viene da dire, lo sapevamo già, in mezzo a tanti che hanno sempre fatto finta di non accorgersi di nulla.

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Rino Giacalone
Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.