“Lia Pipitone è stata vittima di un codice del disonore mafioso fatto di valori malati, tramandati di generazione in generazione, in un tempo in cui la mafia non era neanche riconosciuta come tale. Lia è stata uccisa il 23 settembre di 41 anni fa, dietro l’autorizzazione del padre, un anno dopo l’approvazione della legge che ha introdotto nel nostro Paese il reato di mafia, in una società che conviveva con un sistema criminale perverso, sostenuto dall’accettazione culturale della stragrande maggioranza”. Lo ha detto il presidente della commissione Antimafia all’Ars, Antonello Cracolici, intervenendo al centro antiviolenza intitolato a Lia Pipitone in via Ammiraglio Persano, a Palermo.
“Uccisa senza darle l’onore della morte, ufficialmente per una rapina andata male – che però difficilmente poteva verificarsi in quella borgata – oggi la sua storia è un simbolo di riscatto da quel patriarcato e a lei è intitolato un centro antiviolenza – ha aggiunto Cracolici – grazie al ricordo che si trasforma in memoria e in impegno collettivo. Qui, in un bene confiscato a Tommaso Cannella, zio di Lia Pipitone, e assegnato all’associazione ‘Millecolori onlus’, si terranno dei laboratori professionalizzanti, per dare alle donne vittime di violenza delle competenze e la speranza di un percorso di emancipazione”.