Scarcerati, ma non possono restare in Sicilia

Mafia: dieci vicini a Messina Denaro, fuori per decorrenza termini ma per loro scatta divieto di dimora

La Corte di Appello di Palermo (presidente Sergio Gulotta) ha accolto la richiesta della Procura generale (Pg Lia Sava e Carlo Marzella) ed oggi i Carabinieri del Comando provinciale di Trapani hanno eseguito un provvedimento che allontana dalla Sicilia gli imputati coinvolti nel blitz “Anno Zero” e scarcerati per decorrenza dei termini. Il divieto di dimora in Sicilia ha colpito i dieci boss alcuni dei quali anche sottoposti al 41 bis (regime carcere duro) per la loro riconosciuta rilevanza nell’organizzazione mafiosa, finiti liberi nonostante le condanne loro inflitte. Nomi pesanti come quelli di Nicola Accardo, partannese, emissario del boss negli affari in Venezuela, ma anche coinvolto in indagini sugli appalti per l’Expo di Milano, Vincenzo La Cascia, campiere nei latifondi di Castelvetrano, alle dipendenze della famiglia D’Alì, Raffaele Urso, l’ambasciatore di Messina Denaro a Roma. Gli altri sottoposti al provvedimento sono Giuseppe Tilotta, Paolo Bongiorno, Calogero Guarino, Andrea Valenti, Filippo Dell’Acqua, Antonino Triolo. I boss oltre a non potere risiedere in Sicilia, nelle rispettive località scelte per la residenza avranno anche l’obbligo di non uscire da casa dalle 20 alle 8 del mattino, dovranno inoltre firmare ogni giorno in caserma. Infine, hanno il divieto di espatrio. Duro il contenuto del provvedimento giudiziario: “Non risulta acquisito alcun elemento tale da far ipotizzare nei confronti degli imputati  una loro presa di distanza rispetto alla compagine associativa criminale di appartenenza, ovvero una cessazione dei rapporti con essa e dal sottostante senso di appartenenza, sicché va ribadita nella specie la persistenza delle esigenze cautelari, che legittima peraltro l’applicazione di misure restrittive non detentive anche con provvedimento successivo e distinto rispetto a quello di remissione in libertà per decorrenza di termini”. A questa situazione si è giunti dopo che i giudici di Appello si sono trovati a doversi pronunciare dopo un annullamento della precedente decisione da parte della Cassazione, che non aveva condiviso alcune aggravanti. La nuova sentenza ha accolto le riserve della Suprema Corte, la caduta delle aggravanti ha comportato il ridimensionamento dei termini di custodia cautelare, non più 9 ma sei anni. Così, la scarcerazione è stata un atto dovuto. Il blitz “Anno Zero” risale al 2018. Tra gli arrestati ci fu anche Patrizia Messina Denaro, sorella del boss all’epoca latitante. Patrizia, soprannominata “a curta” a sua volta è moglie di un altro fedelissimo della cosca capeggiata dai Messina Denaro, si tratta di Vincenzo Panicola, anche lui arrestato e condannato in un’altra indagine e nel frattempo tornato libero. Nel 2019, in abbreviato, gli imputati dell’operazione “Anno Zero”, oggwtto delle odierne scarcerazioni, vennero condannati a un secolo e mezzo di carcere. Poi ci fu l’appello, che si concluse solo nel 2021, con conferme pesanti. Per la sentenza della Cassazione si è dovuto attendere fino al 2023, quando è stato rimandato tutto ai giudici di secondo grado di Palermo. Adesso il pronunciamento, ancora di colpevolezza, ma con alcune aggravanti venute meno hanno portato al ritorno in libertà, in attesa del pronunciamento finale della Cassazione. Queste le condanne: Nicola Accardo 10 anni (era al 41 bis), Antonino Triolo 8 anni (entrambi di Partanna), Giuseppe Tilotta 8 anni e Bartolomeo Tilotta 1 anno e 10 mesi (castelvetranesi), Giuseppe Paolo Bongiorno 6 anni, Giuseppe Rizzuto assolto , Calogero Guarino 8 anni, Angelo Greco 6 anni,  e poi i campobellesi Vincenzo La Cascia 9 anni e 8 mesi, Raffaele Urso 11 anni e 2 mesi, Andrea Valenti 7 anni e 6 mesi, Filippo Dell’Aquila 8 anni e 8 mesi.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.