Cosa nostra, processo “Scrigno”: in appello l’accusa chiede condanna per l’on. Paolo Ruggirello e per Vito Mannina e Alessandro Manuguerra

Cosa nostra, processo “Scrigno”: in appello l’accusa chiede condanna per mafia per l’on. Paolo Ruggirello e per voto di scambio politico mafioso per Vito Mannina e Alessandro Manuguerra

E’ entrato nella fase della discussione il processo di appello dove sono imputati alcuni degli indagati dell’operazione antimafia condotta dai Carabinieri nel 2019 e denominata “Scrigno”. Alla sbarra sono gli indagati che hanno scelto il rito ordinario. Tra questi l’ex deputato regionale, da ultimo appartenente al Pd, Paolo Ruggirello. In primo grado il Tribunale (presidente Troja a latere Marroccoli e Cantone) ha condannato a dodici anni l’ex politico, per concorso esterno in associazione mafiosa. Condanne per mafia per Nino Buzzitta, per lui, la pena più alta, ventuno anni e a seguire sedici anni per Vito D’Angelo e dodici anni per Vito Gucciardi. Condannati anche altri due politici, per corruzione elettorale Vito Mannina (un passato da consigliere comunale a Trapani e consigliere provinciale), un anno e otto mesi, per fatti legati alla campagna elettorale condotta nel 2017 a favore della figlia Simona, eletta ad Erice, e l’ex consigliere comunale di Erice Alessandro Manuguerra condannato ad un anno.
Nelle scorse settimane la Procura generale di Palermo con il pubblico ministero Rita Fulantelli ha chiesto la riforma della sentenza di primo grado. E’ stata chiesta la condanna a quindici e per associazione mafiosa per l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello. E ancora, la condanna a otto anni, per voto di scambio politico mafioso per Vito Mannina e Alessandro Manuguerra. La pg Fulantelli ha depositato una memoria con la quale ha illustrato le ragioni delle richieste di condanna per i tre imputati, descrivendo lo scenario dei rapporti che avrebbero intrattenuto per ragioni e occasioni diverse, con Cosa nostra.
A Trapani tra il 2017 e il 2018 c’è stato un “patto sinallagmatico” tra mafia e politica, da una parte le prestazioni dall’altra i corrispettivi. E per l’ex deputato Ruggirello , così come avevano fatto i pm di primo grado, De Leo e Bettiol, anche la pg Fulantelli ha indicato tutta una serie di rapporti e relazioni fin dentro quella che si è dimostrata essere l’enclave più potente della mafia trapanese, ossia quella di Campobello di Mazara, dove nel tempo sono stati individuati i favoreggiatori più vicini al capo mafia Matteo Messina Denaro. Per la pg Fulantelli “Ruggirello si è adoperato al fine di favorire gli interessi dell’associazione mafiosa in un continuo scambio di favori e di reciproche agevolazioni”, finendo con il definire il comportamento prova di un “affectio societatis”, politico e mafiosi appartenenti alla stessa entità. Cosa nostra “agevolata” così nell’inquinamento del tessuto economico e sociale della provincia trapanese. Al rapporto politica-mafia per la pg Fulantelli non sfuggono gli altri due politici , ossia Vito Mannina e Alessandro Manguerra. In circostanze diverse, ma durante lo stesso periodo, il 2017, e per la stessa occasione, la campagna elettorale per le amministrative ad Erice, si sono rivolti a due conclamati esponenti della mafia trapanese. Il primo ha chiesto aiuto elettorale per la figlia, Simona Mannina, al boss Pietro Virga, il secondo, tramite il padre, Luigi Manuguerra (morto da qualche tempo), al capo mafia Franco Orlando. La mafia che mette in vendita i suoi voti, ma non sono stati i mafiosi a offrirsi ai politici, ma sono stati i politici ad andare a cercare i boss ai quali è stato riconosciuto il controllo del consenso elettorale.
Lo scenario illustrato , peraltro già indicato, in maniera generale, ma in alcuni casi in modo specifico, nelle motivazioni della sentenza di primo grado, è fatto di un crescendo di intrecci e collusioni, che ricalca l’assunto della Cassazione, che in altre sentenze su mafia e politica ha descritto così “il paradosso della democrazia”, ossia “il metodo di scelta dei rappresentanti della cosa pubblica che diventa lo strumento di rafforzamento della sopraffazione e della tirannia dei poteri mafiosi”.
In una città, Trapani, dove per anni si è sostenuto che la mafia non esiste e che nei tempi correnti si sostiene che sia stata sconfitta, la fotografia che è venuta fuori dal processo scaturito dall’operazione condotta nel 2019 dai Carabinieri e denominata Scrigno, è tutt’altra: la mafia esiste, mantiene il controllo del territorio, i mafiosi non sono persone sconosciute e senza volto, ma alcuni politici hanno dimostrato di conoscere nomi e cognomi, e i luoghi dove andare a trovarli.
La pg Fulantelli ha chiesto ai giudici della Corte di Appello di non accogliere i ricorsi contro le condanne presentate dalle difese di Ruggirello, Mannina e Manuguerra, ma altresì di non accogliere i ricorsi presentati dalle difese degli altri imputati e cioè Vito Gucciardi, Vito D’Angelo, Nino Buzzitta.
In queste settimane a prendere la parola saranno proprio gli avvocati difensori di tutti e sei gli imputati, la sentenza è attesa entro la fine dell’anno.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.