Accusa di peculato, ieri la requisitoria del pm Morri. Soldi per la carità finiti nei conti correnti del vescovo
Conti che non tornano. Da una parte quelli arrivati dall’8xmille alla Diocesi di Trapani in un lungo periodo, fino al 2012 quando vescovo era mons. Francesco Miccichè. Dall’altra parte i conti personali del vescovo e dei suoi familiari. In quelli per l’8xmille mancano riscontri sull’attività dedicata, carità, gestione del culto e del clero; in quelli di casa Miccichè le possidenze trovate non sono compatibili con le entrate ufficiali. La ricostruzione così fatta dalla sezione di pg della Guardia di Finanza ( l’indagine in una sua parte venne condotta anche dalla sezione di pg della Forestale) e dai consulenti ha portato il vescovo Miccichè dinanzi al Tribunale, imputato di peculato. Ieri a conclusione della requisitoria e dopo un processo che va avanti da tre anni , il pm Sara Morri ha chiesto la condanna dell’ex vescovo Miccichè a quattro anni e sei mesi per peculato. Secondo l’accusa i soldi destinati alle esigenze del culto e del clero, alle opere di carità sono finiti nei portafogli personali di mons. Miccichè. La cifra supera i 700 mila euro, ma a giudizio il monsignore ( proprio per questa indagine e dagli esiti di una ispezione interna al Vaticano rimosso dalla carica di vescovo nel 2012 da Papa Benedetto XVI ) è finito per un peculato superiore ai 400 mila euro, i fatti contestati vanno dal 2007 ed arriva al 2012 Il resto degli ammanchi è finito prescritto, e anche questo troncone ha una prescrizione dietro l’angolo, quella di aprile 2025. Un processo ( si svolge dinanzi al collegio presieduto dal giudice Messina, a latere i giudici Nodari e Badalucco ) che ha sbrogliato una ingrovigliata matassa. Le ricchezze di famiglia, anche parecchie di natura immobiliare, case e ville tra Trabia Palermo, San Cipirrello, non trovano corrispondenza nelle entrate. “I soldi dell’8xmille finivano in un conto corrente della Diocesi, dove era il vescovo ad accedere senza bisogno di rendicontare nulla”. Numerosi i prelevamenti per contanti o assegni autointestati oppure con beneficiari il cognato e la sorella. “Un dirottamento continuo di denaro in quello che è stato indicato dai testi come il correntone della Curia”. Secondo gli accertamenti addirittura “alcuni trasferimenti di denaro dai conti dell’8xmille al cosiddetto correntone sono stati fatti per l’intero saldo”. In altri termini non si provava nemmeno a dare le destinazioni previste dalla finalità assistenziale. Per la Procura non regge la giustificazione del vescovo, che oggi vive a Roma con il titolo di vescovo emerito: non si trattava di sfuggire alle maglie strette previste per la gestione di quei soldi pubblici, ma un escamotage. condanna per l’ex vescovo di Trapani, mons. Francesco Miccichè. Il processo riprende il 16 dicembre con l’arringa dell’avvocato Mario Caputo , difensore del vescovo Miccichè (rimasto assente in tutte le udienze). La Diocesi di Trapani è costituita parte offesa nel giudizio con l’avvocato Umberto Coppola.