Processo al Vescovo Miccichè. Accusa di peculato sui fondi dell’8 per mille. Assoluzione per non aver commesso il fatto per un prelievo dell’aprile 2012, dichiarazione di prescrizione per tutti gli altri episodi a ritroso sino al 2007
La Procura, con il pm Sara Morri, aveva chiesto una condanna a quattro anni e mezzo. La difesa, con l’avvocato Mario Caputo, con due lunghi interventi, il primo lo scorso 16 dicembre, l’ultimo questa mattina, per circa complessivi otto ore di arringa, ha provato a sostenere la totale estraneità del Vescovo Francesco Miccichè, a capo della Diocesi di Trapani dal 1998 sino al giorno della sua rimozione, nel maggio 2012, per volere di Papa Benedetto XVI. L’accusa è stata quella di peculato, ossia di aver distratto in un lungo periodo, tra il 2007 e il 2012, una ingente somma di denaro, per circa 370 mila euro, dai fondi destinati alla Curia dalla Cei attraverso l’8 per mille. Soldi sottratti ai fondi destinati alle opere caritatevoli e ai sacerdoti, assistenza al clero, che secondo le indagini della sezione di pg della Guardia di Finanza, erano finiti sui conti personali del Vescovo, dei familiari, in investimenti immobiliari. I giudici del Tribunale di Trapani, presidente giudice Franco Messina, a latere giudici Roberta Nodari e Chiara Badalucco, dopo un paio di ore di camera di consiglio sono usciti con una pronuncia di assoluzione, per non aver commesso il fatto, un prelievo di 2 mila euro dell’aprile 2012, e con una pronuncia di prescrizione per il resto dei fatti contestati, a ritroso sino al 2007. Tra 90 giorni i giudici depositeranno la motivazione di questa pronuncia. Non è passata la linea della difesa che puntava ad ottenere la totale dichiarazione di estraneità del Vescovo emerito di Trapani dall’accusa di peculato: da ultimo nell’arringa di oggi l’avvocato Mario Caputo, che ha indubbiamente mostrato con grande energia oratoria, lo studio attento degli atti processuali, ha tirato fuori le parole di un sacerdote, da tempo riconosciuto essere uno dei preti più illuminati e capaci della Diocesi, Liborio Palmeri, che ha definito il vescovo Miccichè una persona generosa, quindi se errori ci sono stati, pare dover dedurre, si devono a questa sua indole e per la difesa nemmeno i conti del presunto peculato sono in ordine. Generosità niente affatto riconosciuta esistere nella requisitoria e nella memoria del pm Sara Morri, che semmai ha illustrato la strategica pianificazione messa in atto dal Vescovo Miccichè che puntualmente faceva trasferire sul conto corrente della Diocesi, i fondi dell’8 per mille che annualmente arrivavano sui conti correnti dedicati. Da una parte si rendicontavano alla Cei i fondi che transitavano dai conti correnti dedicati a ricevere i soldi dell’8 per mille, fuori dal rendiconto alla Cei le entrate e le uscite dal conto corrente della Diocesi da dove mons. Miccichè poi era solito fare dei prelievi, e secondo l’accusa non sempre per esigenze del culto e del clero. Ma la presunta generosità pare non sia stata riconosciuta nemmeno dai giudici, per la pronuncia di prescrizione messa nero su bianco. Se la difesa ha puntato il dito contro i resoconti della spesa fatta dalla Procura, la stessa cosa non hanno fatto i giudici, ad eccezion fatta solo per un prelievo, di 2 mila euro, del 2 aprile 2012. Bisognerà certo attendere le motivazioni e leggerle nella loro interezza, ma i contorni dello scandalo che ha centrato la Diocesi di Trapani nel periodo culminato nel 2012 con la rimozione decisa da Papa Benedetto XVI e risalente a diversi anni prima, no n sembrano essere stati dissolti dalla pronuncia giudiziaria odierna. Il Vescovo emerito Miccichè non si è mai presentato dinanzi ai giudici, non è stato mai presente in aula in nessuna delle 25 udienze di tutto il processo, durato quattro anni, ieri come nella ‘recedente udienza, durante la quale è intervenuto l’avvocato difensore Mario Caputo, erano presenti la sorella e suo cognato. “Siamo soddisfatti perché è stato dimostrato che il vescovo Micciché non si è appropriato di denaro”, spiega l’avvocato Mario Caputo. “Leggeremo le motivazioni e valuteremo se rinunciare o meno alla prescrizione”. Nel fascicolo del processo sono transitate solo i verbali di interrogatorio fatti dai pm nella fase delle indagini. Benedetto XVI nel maggio 2012 pronunciò la rimozione di mons. Miccichè dalla guida della Diocesi di Trapani, dopo che il visitatore apostolico presso la Curia di Trapani, nominato da Papa Ratzinger fu l’allora vescovo di Mazara mons. Mogavero, individuò una serie di gravi comportamenti del Vescovo in carica in violazione dei codici del Vaticano e per movumenti economici non limpidi, mentre la Procura di Trapani accertava che era stato montato ad arte lo scandalo nei confronti dell’ex direttore amministrativo della Curia, padre Ninni Treppiedi, attraverso denunce e querele presentate proprio dal Vescovo Miccichè, che a sua volta finiva sotto indagine, dapprima per appropriazione indebita e infine per peculato. La Procura aveva riconosciuto in lui la qualifica di pubblico ufficiale nell’uso dei fondi derivanti dall’8 per mille. la difesa ancora oggi ha provato a dissipare il campo da questa previsione, ma per i giudici la contestazione del reato di peculato è corretta anche se alla fine è andata prescritta.