Numerose Associazioni di familiari di vittime di mafia e terrorismo e singoli familiari di vittime esprimono forte preoccupazione, ed anche indignazione, per quanto proposto all’articolo 31 del ddl sicurezza attualmente in discussione in Parlamento.
In un paese che non ha ancora superato le cicatrici provocate da stragi, omicidi, attentati, depistaggi, dossieraggi, golpe tentati, progetti eversivi e altre fenomenologie criminali della stessa specie, che sono stati immancabilmente accompagnati da responsabilità non solo morali e spesso processualmente accertate di esponenti degli apparati di sicurezza, il solo pensiero di fornire ancora più poteri a tale personale, ivi compreso il potere di delinquere, pare non solo una offesa alla Costituzione repubblicana ma anche eversivo.
La storia, anche quella giudiziaria, ci segnala la presenza di uomini degli apparati di polizia o di sicurezza in pressoché tutte le stragi che hanno insanguinato l’Italia (o nei depistaggi che ne sono stati il séguito), a partire da Portella della Ginestra e a seguire tutte le altre, Peteano, Brescia piazza della Loggia, Milano piazza Fontana, Bologna stazione centrale, Italicus, rapido 904, Capaci, Palermo via d’Amelio, Bologna Pilastro, Firenze via dei Georgofili, Roma basilica san Giovanni e basilica san Giorgio al Velabro, Milano via Palestro. E poi omicidi, tanti, troppi, da Peppino Impastato a Nino Agostino, da Umberto Mormile ad Attilio Manca, da Antonino Scopelliti a Bruno Caccia, da Carlo Alberto Dalla Chiesa a Mauro Rostagno, e non basterebbe una pagina per proseguire ricordandoli tutti.