Salemi: Insultò e diffamò giornalisti di «Belice c’è», condannato sindacalista Donato Giglio

SALEMI. Insultare e diffamare sui social può costare caro. A maggior ragione se ad essere insultati e diffamati sono giornalisti che svolgono correttamente il loro lavoro, rispondendo del loro operato a tutti gli organi preposti. Ne sa qualcosa il sindacalista mazarese Donato Giglio, condannato al pagamento di una multa di 500 euro, con decreto penale emesso dal gip del Tribunale di Marsala, Annalisa Amato, per avere insultato e diffamato i giornalisti del periodico «Belice c’è».
I fatti. Nel giugno dello scorso anno, in seguito alla pubblicazione di un articolo che ricostruiva la vicenda dell’interruzione del servizio di asilo nido a Santa Ninfa, Giglio (non si comprende a che titolo) era intervenuto in modo sguaiato nel corso di una diretta Facebook, insultando i giornalisti del periodico che ha la sua redazione a Salemi ed è diffuso capillarmente da ormai vent’anni in tutto il territorio belicino. Ne era scaturita una pronta denuncia del giornale, che è stata recepita pienamente nella condanna emessa dal Tribunale di Marsala nei confronti di Giglio. Il quale, curiosamente, dopo la diretta Facebook incriminata, aveva ottenuto un affidamento diretto, da parte del Comune di Santa Ninfa, per la sua impresa, la «Blitz servizi postali», per la gestione del servizio di affrancatura, raccolta e recapito degli atti dell’ente.
I precedenti di Giglio. Il giornale, nel suo ultimo numero, nel riportare la notizia della condanna, ha anche dato conto dei numerosi precedenti penali di Giglio, per reati anche gravi: si va dall’emissione di assegni a vuoto al furto, dalla rissa alle lesioni personali, dalla resistenza a pubblico ufficiale alle ingiurie e alle molestie fino ovviamente alla diffamazione.
Il commento del giornale. In una nota, il giornale ha commentato la sentenza: «In un’epoca in cui le parole, amplificate dai social, hanno il potere di travolgere reputazioni e creare danni irreparabili, è essenziale che esistano strumenti giuridici capaci di proteggere chi subisce attacchi immotivati e diffamatori. La condanna di atteggiamenti tracotanti da parte di attaccabrighe, diffamatori e untori di professione, rappresenta una vittoria significativa per il diritto alla verità e per la protezione della dignità di chi subisce attacchi gratuiti e sguaiati. Il giudice che ha riconosciuto la colpevolezza di Giglio per diffamazione, non solo sancisce un giusto rimedio per il giornale, ma si erge anche a difesa di un principio fondamentale circa l’abuso dei social come strumento di offesa. Difendere l’informazione è difendere la democrazia stessa, e questa sentenza ne è un chiaro esempio. Per ciò la condanna di Giglio va letta come la riaffermazione del valore della libertà di stampa e del diritto di ogni testata ad operare senza il timore di subìre contumelie da parte di chi, per opportunismo o malafede, cerca di intimidire o mettere in discussione la credibilità dei giornali e dei giornalisti».

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