Un procedimento per danno erariale nei confronti dell’ex senatore di FI Antonio D’Alì, ex sottosegretario all’Interno, condannato a 6 anni in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. La Procura della Corte dei Conti aveva avviato il procedimento che però si è concluso con un giudizio negativo da parte dei giudici contabili. All’ex politico trapanese, difeso dall’avvocatop Immordino, la magistratura contabile aveva chiesto un milione e 800mila euro a titolo di risarcimento del danno d’immagine arrecato alla pubblica amministrazione, dopo la condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Dopo alterne vicende giudiziarie e a 16 anni dall’avviso di garanzia con cui la Procura di Palermo lo accusava di concorso esterno in associazione mafiosa, la Cassazione, confermando l’ultima sentenza d’appello, ha condannato D’Alì a 6 anni. Oggi sta scontando la pena nela carcere milanese di Opera. Settantaquattro anni, il politico trapanese è stato sottosegretario all’interno dal 2001 al 2006 e, secondo l’accusa, nella sua attività politica ed istituzionale avrebbe ‘mostrato di essere a disposizione dell’associazione mafiosa Cosa nostra e di agire nell’interesse dei capi storici come il latitante Matteo Messina Denaro e Salvatore Riinà e dell’organizzazione Cosa Nostra per la quale avrebbe messo a disposizione ‘le proprie risorse economiche e successivamente il proprio ruolo istituzionale di senatore della Repubblica e di sottosegretario di Statò. Il procedimento nei confronti di D’Alì giunse in un’aula giudiziaria per la prima volta nel 2011 con il rinvio a giudizio chiesto dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo. Nel maggio del 2012 iniziò il processo con rito abbreviato davanti al gup. I pm chiesero la condanna del potente politico trapanese a 7 anni e 4 mesi ma nel settembre 2013 il gup di Palermo mandò assolto il senatore per i fatti successivi al 1994 e dichiarò il non doversi procedere per prescrizione per i fatti antecedenti a quell’anno. La procura propose ricorso. La corte d’appello si pronunciò nel settembre 2016 confermando la sentenza di primo grado: assoluzione per i fatti successivi al 1994, prescrizione per quelli precedenti. Nel gennaio 2018 la sentenza d’appello del 2016 venne annullata dalla Cassazione che ordinò il nuovo processo d’appello che si concluse nel 2021 con la condanna a 6 anni, confermata dai giudici romani nel 2022. La notizia del giudizio avviato dalla Procura della Corte dei Conti è emersa dalla relazione presentata in apertura dell’anno giudiziario dal procuratore Maurizio Zingale. Frattanto però è intervenuta la decisione dei giudici che hanno respinto la richiesta, contro la quale la Procura contabile pare abbia deciso di non opporsi.