TRAPANI. Questa mattina nella cattedrale di Trapani il vescovo Pietro Maria Fragnelli, Don Luigi Ciotti presidente di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie” e gli altri sacerdoti della diocesi hanno celebrato la messa in memoria di Barbara Rizzo e dei due gemellini Giuseppe e Salvatore Asta, uccisi dalla mafia il 2 aprile 1985 a Pizzolungo. L’autobomba, esplosa intorno alle 8:35, posta sul ciglio della strada statale che attraversa Pizzolungo, era rivolta al sostituto procuratore Carlo Palermo rimasto, miracolosamente, solo leggermente ferito.
Per la strage di Pizzolungo, che nasconde ancora tanti lati oscuri, sono stati condannati all’ergastolo i mandanti Riina, Virga e Di Maggio, ma ancora non si conoscono gli esecutori materiali, gli imputati sono stati tutti definitivamente assolti in Cassazione.
Questa mattina, in quella maledetta strada statale, c’erano tutti: le forze dell’ordine, tanti sindaci della provincia di Trapani, i ragazzi di Libera, la società civile, tanti ragazzi provenienti da diverse scuole d’Italia tra cui Bologna, Ascoli Piceno, Formia e altre scuole italiane. Tutti si sono riuniti intorno alla statua posta sul luogo dell’attentato e hanno stretto in un lungo abbraccio Margherita Asta e il giudice Carlo Palermo.
Presenti anche alcuni familiari delle vittime della mafia, tra cui Vincenzo Agostino e la moglie Augusta Schiera, genitori di Antonino Agostino ucciso dalla mafia il 5 agosto 1989.
Don Ciotti ha ricordato l’importanza di fare memoria e soprattutto ha commentato positivamente la presenza di tanti giovani: “la presenza dei giovani è segno che le cose stanno cambiando. Bisogna sottolineare con forza che il miglior modo di fare memoria è quello di impegnarci di più tutti. Due parole dobbiamo sentire graffianti dentro di noi: la consapevolezza e la responsabilità. Consapevolezza perché nonostante il lavoro dei magistrati, delle forze di polizia e dei gruppi di associazioni le mafie sono ancora forti. Di fronte a tutto questo – continua il presidente di Libera – dobbiamo assumerci tutti la nostra responsabilità, ci sono ancora troppi cittadini ad intermittenza e troppe persone che stanno a guardare e poi ci sono anche quelli che hanno rubato la parola legalità, altri invece che si nascondono dietro la parola “antimafia”. Ancora c’è questo in Italia, ma c’è anche tanta positività che sta crescendo nel Paese; tanti stanno prendendo coscienza che il cambiamenti ha veramente bisogno di ciascuno di noi. Non c’è una strage in Italia di cui conosca la verità, – continua Don Luigi Ciotti rispondendo alle domande dei giornalisti – più del 70% dei familiari delle vittime innocenti della mafia non conosce la verità. Non dobbiamo avere paura di piangere, sono momenti difficili e questo Paese non deve fare memoria soltanto mettendo le lapidi o intitolando piazze, ma si dia una mossa in più per dare onore a chi ha perso la vita ma per essere anche coerenti con quello che andiamo a dire con le parole.”
Proprio davanti la lapide che ricorda le vittime di quella terribile strage, Carlo Palermo, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha sottolineato che “in questi trent’anni è cambiato il modo di porsi davanti a questi problemi. Oggi è molto importante la presenza dei ragazzi. Quello che è successo a me e ad altri magistrati in quegli anni terribili fa parte della storia di tutti noi e per i ragazzi, che spesso di queste storie non sanno niente, quella di oggi è una lezione di vita, un’educazione alla legalità. Quando io stavo a Trapani – continua il dott. Carlo Palermo – mi fu proibito tutto, conoscevo solo le stanze del tribunale e le strade percorse a tutta velocità. Per me oggi essere qui a Trapani vuol dire rinnovare un impegno quotidiano.”
Don Ciotti nel suo intervento ha inoltre ricordato cosa vuol dire memoria per i ragazzi di “Libera”: “La memoria si trasformi in impegno costante, 365 giorni all’anno. Questa è una terra stupenda, ma una terra ancora amara, la strada è ancora in salita, la presenza della mafia è ancora viva e l’antimafia non deve essere solo quella delle lapidi.”
Il Sindaco di Erice, Giacomo Tranchida, ha sottolineato l’impegno preso dal comune di Erice: “abbiamo iniziato un percorso, facendo memoria ma anche impegnandoci concretamente. Siamo riusciti a bloccare la realizzazione di uno stabilimento balneare proprio in questa zona, che presto sarà trasformata in un simbolo della memoria. Abbiamo acquistato per 35 mila euro il terreno per fare un parco, in cui le madri potranno portare i propri figli a giocare, abbiamo realizzato il progetto per la costruzione del museo della memoria, in cui saranno sempre ricordati Barbara, Giuseppe e Salvatore.” Ha spiegato il Sindaco di Erice consegnando una copia del progetto per il museo della memoria a Margherita Asta. “Questo spazio – continua Tranchida – da luogo di morte sarà trasformato in un luogo di divertimento per i bambini. Così noi rinnoviamo il nostro impegno.” Durante gli interventi è stato ricordato anche il Prefetto Fulvio Sodano, per il suo impegno costante nella lotta alla criminalità organizzata. Il gruppo composto da don Luigi Ciotti, Margherita Asta, il pm Andrea Tarondo, i sindaci, e tutte le più alte cariche delle forze dell’ordine della zona hanno posto la “prima pietra” nel cantiere che presto sorgerà proprio in quel piazzale. “È stata una apertura simbolica, i lavori inizieranno subito dopo pasqua” ha ricordato il Sindaco Tranchida.
Durante la mattinata i ragazzi delle scuole e degli scout hanno regalato a Margherita Asta uno scivolo e un’altalena da installare nel nuovo parco della memoria che a breve sorgerà proprio sul luogo di uno degli attentati più cruenti della storia e che mai nessuno dimenticherà.