CENNI SULLE STRADE DEI PRIMI ABITATORI DELLA SICILIA
Le notizie sulla viabilità dei primi abitatori della Sicilia, a dir poco, sono scarse; tuttavia gli studiosi ritengono che i primi collegamenti viari furono quelli naturali, lungo i corsi d’acqua che dalla costa si inoltravano verso l’interno. Al formarsi degli insediamenti umani ed alla conseguente necessità dei contatti e degli scambi commerciali, vennero tracciate le prime vie di collegamento che man mano presero l’aspetto di vere e proprie strade.
Secondo gli specialisti della materia le primissime vie di particolare rilievo sono le vie armentizie che risalgono tra il terzo e secondo millennio a.C.. Vengono ricordate la via delle vacche che, secondo alcuni, parte da Cesarò per dirigersi su Catena Nuova, seguire il corso del Dittaino e puntare su Calascibetta e Caltanissetta; in quel punto la trazzera prosegue verso ovest dove, in un punto imprecisato tra Castronovo e Cammarata si congiunge con la via dei Jenchi e percorrendo la strada per Prizzi, punta su Corleone, il castello di Calatrasi (San Giuseppe Jato) e Salemi per perdersi nel trapanese.
TRAZZERA DELLE VACCHE E DEI JENCHI
Di recente particolare attenzione e con studi ben dettagliati che hanno il valore del primato assoluto nella letteratura scientifica (dopo, a mio giudizio, della eccellente pagina 23 del volume del 2004 – Viabilità e topografia della Sicilia antica – dove sono state evidenziate le seguenti aberranti stoltezze dell’Ufficio Tecnico Speciale per Trazzere: “…Mancanza di personale qualificato dal punto di vista storico…” “…Tracciati… vaghi, scarsamente veritieri, non costruiti sugli IGM…” …Riferimenti topografici…approssimativi e raramente rintracciabili) ) sono state eseguite dall’Architetto Santagati e pubblicate negli Atti del Convegno di studi a Monforte S. Giorgio il 17 e 18 maggio 2014. A proposito delle principali trazzere della transumanza così scrive: Certamente la transumanza ebbe una notevole importanza in Sicilia e non vi è motivo di dubitare che già in epoca preistorica esistessero vie che portassero in primavera e, viceversa, in autunno, dalle piane costiere e dell’entroterra alle montagne dei Peloritani, dei Nebrodi e delle Madonie. Non è mai stato iniziato da alcuno, se non da chi scrive, lo studio del percorso delle principali trazzere, ma si hanno abbastanza prove per affermare l’esistenza storica di alcune principali vie di transumanza. L’autore elenca tre trazzere principali e qualche altra secondaria, predisponendo le mappe e riportando una descrizione dettagliata e puntuale dei percorsi e delle città che attraversano. Per non dilungarmi, mi limito a riportare le mappe. Il lettore, se vuole può scaricare il libro “Ricerche storiche e archeologiche nel Val Demone” su internet, sito “Società Nissena di Storia Patria”, inserendo la parola chiave: Atti del Convegno del 17-18 maggio 2014 Monforte S. Giorgio Messina.
1) La Via dei Jenchi (jenchu vale per vitello declinato) e delle Vacche. Secondo il Santagati la trazzera parte dalla Sicilia occidentale (non da Cesarò come sopra specificato) in due rami distinti, il primo all’incirca dal Territorio di Mazara del Vallo (Via dei Jenchi) ed il secondo all’incirca da Selinunte (Trazzera delle Vacche) che prende un piccolo ramo per il passo dei vitelli a poco più di 3 km. ad ovest di Castelvetrano. La Via dei jenchi da Mazara prosegue per Salemi, Passo di Patti, Corleone, Prizzi, Catenanuova ed Castronovo si unisce con la trazzera delle Vacche per finire a Messina. Da notare che sul versante nord-ovest della provincia di Trapani fino ad arrivare a Palermo non esistono trazzere.
2) La trazzera mare-monti che da Ponte Olivo, nei pressi di Niscemi passa da Caltagirone per puntare poi su Monte Frasca, Monte Crunici e Catenanuova.
3) Il guado di Imera sul Salso, sito a circa 10 Km. da Caltanissetta, è il punto della Via delle Vacche in cui confluiscono altre due importanti vie di transumanza. La prima trazzera proviene da Caltanissetta, su cui confluivano la mandria ed i greggi provenienti dai marcati (che sono i ricoveri rurali per gli animali dall’arabo marqad per luogo di riposo) di Friddani, Pietraperzia, Barrafranca e Monte Navone; la seconda è quella che provenendo da Mussomeli ad ovest (collettore degli stazzi di San Biagio Platani e Casteltermini) e da Canicattì a sud (collettore degli stazzi di Sant’Angelo Muxaro e Torre del Salso), attraversa San Cataldo e la Valle del Fiume Salito.
4) Esistevano ancora altre trazzere di transumanza minori, da Misilmeri a Marineo, si ricongiungevano a Caccamo con quella proveniente da Termini Imerese dopo esser passate da Portella delle vacche, ramo secondario della grande Via dei jenchi, per puntare sugli stazzi estivi di Pizzo Carbonara.
Riguardo alla larghezza delle trazzere Santagati così si esprime: Difficile dire quale fosse la larghezza giusta poiché…le misure variavano, a volte anche sostanzialmente, in tutta l’isola. Tuttavia, la misura di 18 canne e 2 palmi pari a m. 37,68 è decisamente realistica e tiene perfettamente conto delle necessità di spostamento del bestiame. Ultima riflessione riguardante le strade armentizie, cioè le trazzere formatesi nei millenni, è questa: se è vero che le trazzere sono quelle sopra indicate, chiaramente i percorsi complessivi sono all’incirca 1.000 Km.; è impossibile che raggiungono la cifra di 11.000 Km, come ci racconta l’Ufficio Trazzere. Da aggiungere, infine, che le trazzere non erano strade, in inverno non erano percorribili o difficile da percorrere, erano vie sterrate al naturale con erbe spontaneamente cresciute per il pascolo, tanto che erano definiti nei documenti terri o terreni forti.
Le prime strade percorribili sono di origine greca o fenicia. Qui è interessante lo studio di Giuseppe Tesorieri che così scrive: Le colonie greche (Sicilia Orientale) e quelle fenicie (Sicilia Occidentale) privilegiavano gli insediamenti in vicinanza del litorale e, in particolare, quelli dotati di facili e sicuri approdi. Nonostante la scarsità di notizie, non ci si può esimere dal ritenere che esistessero in Sicilia, già nei secoli dall’VIII al V, alcuni itinerari per i collegamenti che si addentravano verso l’interno, se non altro per facilitare il trasferimento dei prodotti agricoli e la transumanza degli armenti e delle greggi. A tal fine richiama gli studi di Adamesteanu. Questi fa rilevare come “le colonie, anche nel caso in cui avrebbero potuto tenere i loro contatti con le sottocolonie situate in riva del mare, hanno usufruito anche di comunicazioni lungo la riva sulla terra ferma”. Questa osservazione riconferma quanto si era prospettato per la via antica rodio-cretese nella spinta ad occidente: “Oltre alla via per mare, tra le colonie (greche) della Sicilia…esiste(va) anche una viabilità terrestre e di questa non una sola volta troviamo menzione nei testi riguardanti soprattutto i movimenti degli eserciti.
Tucidide riferisce della spedizione di Dione contro Siracusa e fa riferimento ad un collegamento fra Agrigento, Gela e Camarina; in un altro passo è menzionato l’itinerario che, seguendo da Alcantara per l’antica città di Tissa (Randazzo) ed attraverso il passo obbligato fra Adrano e Centuripe, raggiungeva Catania.
Si ricordino, ancora, alcuni itinerari seguiti dalle truppe di Imera e dei Sicani per accorrere, lungo un percorso interno, in aiuto dei Cartaginesi, impegnati nella cruenta battaglia del 480 a.C. contro i Siracusani e Akracantini. Nella più ottimistica delle ipotesi, però doveva trattarsi di semplici sentieri.
Anche la circostanza riferita da Diodoro Siculo circa il trasporto con carri delle ossa dei militi siracusani caduti nella ricordata battaglia del 480, non convaliderebbe, a nostro giudizio, la presenza di un collegamento stradale carrabile fra la zona della battaglia e Siracusa. Opportunamente aggirando gli ostacoli naturali, attuando il passaggio dei fiumi a guado, sostenendo e sollevando i carri nei passi difficili, utilizzando il gran numero dei prigionieri cartaginesi, sarebbe stato possibile realizzare una tale impresa senza servirsi di una vera e propria strada ma attraverso semplici sentieri che venivano via via adeguati anche mediante improvvisate ricariche nelle zone paludose che, in quei secoli, abbondavano nelle zone depresse.
A tal proposito si ricordano i profondi solchi rinvenuti nella roccia (carraie di Xibilia) nella città di Castelluzzo, vicino Noto, che fanno pensare ad ormaie lasciate dalle ruote dei carri e che perciò, documenterebbero la presenza di una via che penetrava nelle posizioni fortificate, dimostrando anche l’uso del carro già in epoca antichissima.
Una situazione analoga, per la presenza dei solchi, si ritrova nella Valle dei Templi di Agrigento, in una strada, anch’essa tracciata nella roccia che, a forte pendenza, collegava il tempio di Demetra con la Rupe Atenea (in vicinanza dell’attuale chiesa di S. Biagio).
Adamesteanu si serve della fotointerpretazione dei rilevamenti aerei. Con queste indicazioni, infatti, è stato possibile identificare una via antica per la penetrazione selinuntina nell’area di interesse segestano.
Sono evidenziati i tracciati Selinunte-Segesta-Castellammare ed Entella (Elimi)
ANFITEATRO DI SEGESTA COSTRUITO SULLA CIMA DEL MONTE BARBARO (Calatafimi)
DOMINIO ELIMO
Una zona particolarmente interessante dal punto di vista della viabilità, viene evidenziata a Nord-Ovest di Gela, fra Monte Desusino e Monte Milingiana, il fiume Salso e Riesi. Adamesteanu basandosi anche su alcuni ritrovamenti archeologici afferma: “ Nel secolo VI il dominio greco è incontrastato su tutta questa vasta e fertile zona; le ultime scoperte documentano la presenza di impianti di fattorie di tipo greco arcaico con ceramica tipicamente greca. Tutta l’area di Contrada Castelluccio e Priorato è piena di fattorie le cui origini rimontano all’età arcaica. Per disimpegnare la zona dei centri abitati e delle fattorie ci doveva essere, già nel periodo arcaico una via che distaccandosi dalla antica arteria Gela-Agrigento nella zona di Manfria, e precisamente in località Stallone, si dirige, con andamento NO, verso la zona c.d. Case di S. Pietro. Un po’ prima di quest’ultima zona la via si divide: un ramo, quello con direzione NO, dopo aver oltrepassato le case S. Pietro, si spinge verso Suor Marchese, per arrivare, infine alla zona di Monte Saraceno (vicino Ravanusa).
Altri risultati dalla ricerca di Ademestenau, accettata, condivisa ed anche generalizzata è stata l’esistenza in quella fascia sud orientale dell’isola, di una rete di cammini che dalla costa si addentravano verso l’interno al servizio delle numerose fattorie che, già nel VI e V secolo, si erano diffuse nelle zone più fertili dell’entroterra delle colonie
Molto illustrativa la carta sotto riportata che evidenzia tutto il territorio agrigentino e gelese con i cammini, per sottolineare che quei percorsi non erano strade.
In epoca successiva, per la realizzazione della rete stradale romana, che si basò, almeno in parte, nella fascia sud orientale, sulla graduale trasformazione dei cammini preesistenti. Inoltre, una certa viabilità esisteva nella Sicilia Orientale, in vicinanza di Siracusa, preesistente all’occupazione romana: la Via Elorina, che seguiva il periplo costiero da Gela a Siracusa per Eloro ed un collegamento fra Agrigento e Gela.
Sono state evidenziate oltre il collegamento di Siracusa con Selinunte e Lilybeo (Marsala) i collegamenti della Via ELORINA:Siracusa-Ragusa-Gela -Agrigento.
Analogamente, nella fascia occidentale sono ipotizzabili alcuni itinerari già in epoca fenicia: tra Drepanis (Trapani) e Lilybeo (Marsala) o addentrandosi fino al ricco entroterra trapanese.
Abbiamo “spolverato” in lungo ed in largo la Sicilia e i suoi abitanti nella preistoria e nella storia con la colonizzazione greca, ma di trazzere e strade ne abbiamo rintracciato ben poche. La letteratura sulle strade armentizie non fornisce certezze, ci si arriva per esclusione e quei pochi percorsi visti e assommati raggiungono a mala appena neanche mille di Km. Sulla larghezza di quelle trazzere non esistono notizie di sorta. Abbiamo appena visto che l’Architetto Santagati fa una duplice distinzione tra trazzera principale e secondaria, senza nessun accenno sulla larghezza di quella secondaria; tuttavia, ritiene corretta la larghezza m. 37,68, però, senza alcuna data. Per ogni evenienza, la larghezza, come vedremo in seguito, per alcune trazzere, è stata stabilita da alcuni Bandi Regi: del 1505 per Licata e 1568 per Capizzi, Mistretta, Troina ed altri bandi successivi, la cui validità era limitata solo a quelle città. Il Maestro Segreto – Marchese Burgio – ha trovato quei Bandi tra gli antichi atti della Segreteria e nel 1806 di una erba ne ha creato un fascio, nel senso che tale larghezza di canne 18 e palmi 2 l’ha esteso irragionevolmente (cioè senza giustificazione) a tutte le strade pubbliche e trazzere della Sicilia. L’argomento verrà approfondito in un apposito capitolo dedicato al Marchese Burgio – Maestro Segreto.
Ritornando alla Sicilia e ai suoi abitanti, la massima densità abitativa raggiunge appena i 500.000 abitanti sparsi nella costa ionica, mediterranea e tirrenica.
Nella costa tirrenica abbiamo le città di Palermo e Termini Imerese ed in epoca romana Solunto, poi Tindari e Messina. La zona centrale è quasi completamente spopolata. La mappa sotto riportata mostra chiaramente che le città greche dell’entroterra, sul versante di Catania, sono Lentini e Morgantina.
Stando così le cose, è assurdo pensare a estesi pascoli e grandi attività pastorizie, per la semplice ragione che l’attività pastorizia doveva essere connessa con il consumo della carne e questa legata al numero degli abitanti. Allora quelle poche trazzere, ricordate dal Santagati potevano essere più che sufficienti per la soddisfazione dei bisogni dell’intera isola di Sicilia.
Abbiamo visto pure che esistevano i collegamenti tra le popolazioni ed erano costituiti da sentieri e addirittura cammini. Peraltro, le vere strade le hanno costruite i romani. E già entriamo in epoca storica, quindi, emergono maggiori certezze suffragati da documenti. Allora, in questo clima, è doveroso tracciare un primo bilancio. Non credo di azzardare nel dire che di 11.000 Km. di trazzera, pretesi dall’Ufficio Trazzere, non se ne rintraccia neanche la decima parte e senza tener conto della larghezza.
Il Dr. Stefano Fontana nell’esaminare la devoluzione dei compiti voluti dalla legge all’organo amministrativo con l’obbligo di individuare, censire ed eventualmente reintegrare al patrimonio pubblico le regie trazzere di Sicilia, collega l’origine della vicenda al 1785, cioè al Dispaccio 21 aprile 1785 a seguito delle lamentele avanzate dal Marchese Moleti di Messina. Questa data è stata un inizio di un grande lavoro svolto dal Maestro Segreto, ma non può costituire un punto di partenza per iniziare una ricerca e ricognizione senza risalire alle origini. La ricognizione deve iniziare dalla storia. E la storia è proprio questa che abbiamo argomentato, senza alcun riferimento ad 11.000 Km. di trazzere.
ANTONINO MESSANA
La prossima parte del primo capitolo verrà pubblicata Sabato 20 Giugno 2015…
BIBLIOGRAFIA
-ADAMESTEANU (Toporu 25 marzo 1913 – Policoro 2 gennaio 2004) – Archeologo rumeno, naturalizzato italiano utilizzo aerofotogrammetria per numerosi incarichi ricevuti dal Ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1949 lavorò a Siracusa e Leontini con sondaggi che portarono alla luce le fortificazioni della “Polis Siceliota”. Dal 1950 al ’60 lavorò ad Agrigento per l’esplorazione di Gela e Butera..
-LUIGI SANTAGATI Architetto (Montepulciano, Siena 1949).Membro del Consiglio d’Amministrazione della Società Nissena di Storia Patria. Congressista. Già titolare della cattedra di Disegno e Progettazione presso l’Istituto Tecnico per Geometra di Caltanissetta. . Autore di testi storici ed innovativi nell’ultimo decennio, in particolare sulla Storia e sulla Topografia antica della Sicilia tra cui:
2004 – Carta comparata della Sicilia moderna. Testo di Michele Amari. Tradotta per la prima volta in italiano, integrata ed annotata. Flaccovio Editore, Palermo.
2006 – Viabilità e topografia della Sicilia antica. Volume I. La Sicilia del 1720 secondo Samuel von Schmettau ed altri geografi e storici del suo tempo. Assessorato Regionale Siciliano dei beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione, Palermo.
2010 – La Sicilia di al-Idrisi ne “Libro di Ruggero”. Estratto relativo alla sola Sicilia nella traduzione in italiano di Michele Amari annotato e comparato con la traduzione in italiano di Umberto Rizzitano e con la traduzione in francese di Pierre Amedèe Jaubert poi rivista da Annliese Nef ed annotata da Henri Bresc. Sciascia Editore, Caltanissetta.
2012 – Castelli e Casali della provincia di Caltanissetta. Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Caltanissetta.
2012 – Storia dei Bizantini in Sicilia. Edizioni Lussografica, Caltanissetta.
TESTI CONSULTATI
-Santagati Luigi– Viabilità e topografia della Sicilia Antica. Volume I. La Sicilia del 1720 secondo Samuel von Schmettau ed altri geografi e storici del suo tempo, Assessorato regionale siciliano ai BB CC AA, Caltanissetta 2006.
– Filippo Imbesi, Giuseppe Pantano e Luigi Santagati – Ricerche storiche e archeologiche nel Val Demone. Atti del Convegno del 17-18 maggio 2014, Monforte S. Giorgio Messina. Società nissena di Storia patria.
–Tesoriere Giuseppe – Viabilità antica in Sicilia. Dalla colonizzazione greca all’unificazione (1860), Zedi Italia, Palermo 1993. Custodito dalla Biblioteca dell’istituto Costruzioni Stradali, coll. 422.P2.26 – Università di Palermo.
–Lo Presti Antonino, Monografia di Diritto Pubblico sulle trazzere di Sicilia,Stamperiadi G. B. Lorsaider, Palermo 1864. Custodito dalla Biblioteca Fardelliana di Trapani. Coll. XLVIII. D. 31
-Fontana Stefano – L’irruzione della storia nel diritto. Il mito delle Regie Trazzere di Sicilia, Rassegna di Diritto Civile, anno I n.1 Luglio 2001, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, pag. 65.