L’ordinanza Ermes. Nuovi risvolti sulla organizzazione di Cosa nostra trapanese nelle mani del boss latitante Matteo Messina Denaro
Il rapporto investigativo è antico. Porta la data del settembre 1977. I destinatari erano una serie di Procure, Marsala, Trapani, Palermo, Agrigento, Taranto, Milano, Torino e la Procura generale di Palermo.
Tante Procure perché le indagini che portavano alla denuncia di 31 persone riguardavano i delitti del procuratore di Palermo, Francesco Scaglione ( 5-5- 1971), del sostituto procuratore generale Ignazio Alcamo (tra le vittime di Montagna Longa, dove si andò a schiantare un aereo Alitalia il 5 maggio 1972), del procuratore generale Francesco Coco (8-6-1976) del pm romano Vittorio Occorsio (10-7-1976), nonché dei sequestri di Egidio Perfetti (13 gennaio 1975), di Nicola Campisi (1 luglio 1975), di Luigi Mariano (23 luglio 1975) e dell’esattore siciliano Luigi Corleo (17 luglio 1975). La firma in calce al rapporto era quella dell’allora capo della Squadra Mobile di Trapani, Giuseppe Peri. Pagine di storia mafiosa di grande attualità, sebbene quel rapporto rimase di fatto “carta straccia”, quando invece se i magistrati avessero seguito le intuizioni di Peri avrebbero per tempo potuto scardinare l’organizzazione ed i rapporti che la mafia aveva con i settori dell’eversione di destra, che mandava i suoi uomini a esercitarsi nel trapanese nei tanti poligono che la mafia gestiva.
Tra i 31 denunciati del rapporto Peri ci sono soggetti scoperti nel tempo conclamati mafiosi, protagonisti di altre vicende criminose commesse da Cosa nostra, e ancora oggi attivi. Uno di questi si chiama Vito Gondola, oggi quasi ottantenne è stato riarrestato nell’ambito della recente operazione Ermes. Lui è oggi il capo del mandamento mafioso di Mazara, ed era il capo del clan dei “postini” del latitante Matteo Messina denaro. Tra il 1977 e oggi Gondola è stato più volte arrestato e condannato, tra gli episodi sul suo conto emersi quello che per un periodo faceva da “autista” al capo dei capi di Cosa nostra siciliana, il corleonese Totò Riina. E nelle intercettazioni di Ermes è proprio l’appellativo di autista che i suoi “sottoposti” usavano quando dovevano parlare di lui. Talvolta anche “camion”.
Il soprannome ufficiale di Gondola è anche un altro, Vito Coffa. Le vicende giudiziarie di Vito Gondola sono raccontate in diversi processi a cominciare da quello per il sequestro dell’esattore Luigi Corleo, mai più liberato e del quale non si è mai ritrovato il suo corpo. Poi c’è stato il cosidetto processo scaturito dalle confessioni del pentito di Campobello di Mazara Rosario Spatola, il processo Petrov, il maxi processo alla mafia trapanese denominato Omega. Lui tornato libero è sempre tornato al suo posto di capo decina e di alter ego del capo del mandamento di Mazara, Mariano Agate. Quando Agate è morto due anni addietro, Vito Coffa ne prese il posto, mandando con un intermediario un messaggio al figlio del defunto, Epifanio, “a te è morto il padre a me è morto un fratello”.
L’autista del quale gli investigatori di Ermes tantissime volte hanno sentito parlare nelle intercettazioni non era altro quindi che Gondola: “Gli dai… gli dai il mio numero…. dove deve venire a scaricare l’autista …non te lo devi dimenticare che lo devi chiamare ……no.. adesso all’una e mezza lo chiamo e glielo dico … chiama tuo zio e gli dici che con il camion (Gondola ndr) giorno 27 non è possibile salire… gli dici… rimandiamo a nuovo ordine ! a nuovo carico… va bene Giovanni…”. Gondola era il destinatario dei “pizzini” di Matteo Messina Denaro, il segnale che veniva dato quando i “pizzini” arrivava era sempre lo stesso….”a carrozza arrivau”.