L’editore Sige (leggasi Ciancio) non ha cambiato idea sui licenziamenti in toto nella sua azienda
E’ paradossale. Mentre da più parti si chiede ai giornalisti di fare sempre di più i giornalisti-giornalisti, mentre si avverte “desiderio” di informazione puntuale e attenta, perché sia vero cane da guardia della democrazia e delle libertà, ci sono editori che decidono di chiudere, di smetterla con il fare impresa per produrre informazione. Ed è grave che questo stia accadendo ed è grave che questo succeda in Sicilia. Nonostante le parole di speranza arrivate dal gruppo Ciancio, la tv regionale con sede a Catania , Antenna Sicilia, ha mandato in onda martedì sera il suo ultimo telegiornale: in primo piano il tavolo dello speaker, una sedia vuota, a fare il tg una voce fuori campo. Signore e signori buonasera…fine delle trasmissioni. Spenti i ripetitori dopo 40 anni di attività. Infine la sigla di coda. Senza lavoro gli ultimi 14 dipendenti che erano sopravvissuti, tra giornalisti e amministrativi. Sige, la società editrice, ma di fatto Mario Ciancio, non ha cambiato idea nemmeno dinanzi ai sindacati, Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Associazione siciliana della stampa, nemmeno dinanzi alla contestazione di condotta illegittima e antisindacale, ha detto di no via via a tutti i tavoli di contrattazione che si sono aperti a Catania e infine nella sede del Governo regionale. La proposta avanzata dai rappresentanti dei lavoratori consisteva nella possibilità per gli stessi dipendenti, dichiarati in esubero per motivi economici, di continuare a gestire gli spazi che l’azienda ha dichiarato di volere sopprimere. Un no detto senza motivazioni dicono i sindacati. Lo abbiamo scritto in tempi non sospetti e ci spiace che per tempo siano mancate le attenzioni, quando dicevamo che l’informazione in Sicilia, da tempo, ha scelto il cammino del gambero. Ora che ce ne è più bisogno di informazione, a fare le notizie ai siciliani sono per lo più agenzie che preconfezionano il prodotto, che fanno il copia e incolla dei comunicati, che non perseguono il giornalismo d’inchiesta ma prediligono fare da camerieri al padrone di turno. Giornalisti che perdono il posto di lavoro e giornalisti, quando hanno la tessera in tasca, che lavorano per guadagnare briciole, svilendo la professione. Giornali , o notiziari televisivi, che si stampano o vanno in onda con l’utilizzo di collaboratori pagati una manciata di euro. Stiamo perdendo tutti in questa battaglia, perdono anche coloro i quali pensano di stare vincendo. Antenna Sicilia per chi scrive è anche un pezzo della propria storia, è un ricordo che ne contiene altri, quelli con i quali cominciai, Tony, Nuccio, quelli incontrati lungo questa strada come Enrico, Antenna Sicilia mi fa vivere i ricordi dei quotidiani confronti con Rino, ultimo vero direttore degno di questo nome. Antenna Sicilia per me resta nelle persone di Flaminia, Carmela, Chiara, Claudia, Umberto, è rappresentata da persone come Alessandro che sul social network ci ha ricordato di essere andato al lavoro col dolore di una figlia perduta prematuramente, sono anche le lacrime di Salvo che una sera di tanti anni fa interruppe le risate della sua trasmissione per dar sfogo all’applauso per la liberazione di una bambina sequestrata, Caterina, che riuscimmo a dare in diretta da Alcamo. Quanto lavoro diuturno, professionale grazie anche alla preziosa squadra di tecnici. Dicono che è la modernità, l’informazione che cambia metodi e stili, a produrre la crisi: se è così odio la modernità, ma non credo che sia davvero così. Antenna Sicilia che chiude non è la prima e non sarà l’ultima, e non sarà l’ultima fino a quando i colleghi occupati resteranno a guardare, fino a quando ci sarà chi pensa che basta scrivere un paio di post spesso scemi e scontati sui social network pensando e facendo pensare che è così che si lavora da giornalista, fino a quando ci sarà chi ritiene che copiare e incollare da qualche parte un comunicato fa adempiere alla professione, spesso ancora fino a quando ci sarà chi con i copia e incolla del lavoro altrui pretende pure di pubblicare libri spesso illeggibili. Ordine e sindacato cosa stanno facendo? Poco, a parte l’impegno serio di qualcuno come Gigi Ronsisvalle o Alberto Cicero. La Fnsi aveva conquistato un presidente fantastico, Santo Della Volpe, in lui tanti guardavano speranzosi. Una tremenda malattia ce lo ha rubato. Ricordate Bertolt Brecht?Prima di tutto vennero a prendere gli zingari. E fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei. E stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, ed io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare. Ecco la cosa perfettamente si adatta a noi giornalisti, alle vicende che attraversa il mondo dell’informazione. Ogni qual volta muore una testata viene meno un’opportunità perché si toglie ai cittadini la possibilità di scegliere cosa leggere su un giornale, cosa guardare in tv, cosa ascoltare in radio. E poi forse la crisi dell’informazione, da un punto di vista qualitativo, si coglie proprio nel modo con il quale stiamo affrontando questa realtà di chiusure e licenziamenti, di rotative che si fermano e di telecamere che si spengono. Perdiamo noi giornalisti perché non sappiamo più trattare con le notizie anche quando a fare notizia siamo noi. Perdiamo dinanzi al silenzio che opponiamo al dialogo tra un giudice e un prefetto che “contano le ore di sopravvivenza” di un tv che si chiama Telejato. Proposta? Non ne ho se non quella di chiedere di mettere una bella lista a lutto a perenne memoria…dell’informazione!