Processo a Giammarinaro, entrano in aula le parole d’accusa del presidente Mattarella

giammarinaroUdienza clamorosa quella in corso contro l’ex deputato Dc. Sentito il collaboratore Birrittella e il pm produce il verbale della deposizione dell’attuale Capo dello Stato nel processo per l’omicidio di suo fratello, Piersanti

Quella di ieri è stata una lunghissima udienza del procedimento per l’applicazione della misura di prevenzione e confisca di beni a carico dell’ex deputato andreottiano Pino Giammarinaro, per decenni indiscusso “rais” di Salemi. Senza nulla togliere all’importanza della deposizione del collaboratore di giustizia Nino Birrittella che ha impegnato il dibattimento per tutta quasi l’intera durata, e ricca di “clamorose rivelazioni” sui contatti costanti tra Giammarinaro e Cosa nostra, alla fine dell’udienza il pm Andrea Tarondo ha chiesto al Tribunale di produrre il verbale di una ‘udienza del processo Andreotti risalente all’11 luglio 1996. In quel verbale le parole dell’attuale presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che dinanzi al Tribunale di Palermo fu chiamato a ricordare il ruolo svolto dentro alla Dc da suo fratello, Piersanti, presidente della Regione ucciso a Palermo il 6 gennaio del 1980. Una deposizione della quale abbiamo avuto modo di scrivere anche noi, appena poche settimane addietro, in concomitanza con l’anniversario del delitto del presidente Piersanti Mattarella. Tra l’allora presidente della Regione e l’allora non ancora deputato Pino Giammarinaro ci sarebbero stati contrasti per la netta opposizione del Mattarella a dare il via libera alla costituzione di una banca cooperativa nel Belice. Il verbale del presidente Sergio Mattarella è ampio, per il dibattimento odierno contro Pino Giammarinaro, accusato di essere ancora oggi in grado di concorrere con i progetti di Cosa nostra, è dirompente.”Quando fu avanzata da un gruppo di cittadini di Salemi la richiesta di costituire una cassa rurale il primo firmatario di questa era Giuseppe Lo Presti e successivamente sostituito dopo alcuni anni da Giammarinaro. Era notoriamente una richiesta dell’ambiente dei Salvo e Piersanti Mattarella la bloccò“. Lo Presti era stato socio con Giammarinaro in una impresa, di fatto fu questa impresa a dare l’assalto alla zona di Scopello costruendo prima ancora che venisse istituita la riserva naturale dello Zingaro, numerose villette. Successivamente Lo Presti sparì, inghiottito dalla lupara bianca. Nel verbale del presidente si legge ancora: “Quando diventò parlamentare regionale lui fu anche al centro di una vicenda di una commissione che presiedevo io, era la commissione sulle irregolarità elettorali, perchè in aula l’on.le Cristaldi aveva fatto riferimento a delle spese pazzesche durante la campagna elettorale, in parte appunto attribuita all’on.le Giammarinaro. E noi cercammo di capire di che cosa si trattava, anche se poi non riuscimmo a cavare molti ragni dal buco, però voglio dire, questo fatto che appartiene ai verbali dell’Assemblea Regionale e quindi credo agli atti della commissione e questo fatto di una spesa eccessiva in campagna elettorale da parte dell’on.le Giammarinaro“. Ma il pm Tarondo ha chiesto l’acquisizione della sentenza di primo grado del processo Andreotti, che contiene sul conto di Giammarinaro anche altro, come le dichiarazioni rese in udienza dal collaboratore di giustizia Siino. Siino parlò in quel processo del sostegno elettorale giunto a Giammarinaro nel 1991, “me lo disse mastro Ciccio (Francesco Messina, morto suicida ndr) mafioso di Mazara“. Alla richiesta del pm in aula Giammarinaro avrebbe risposto dicendo che lui nel ’91 fu candidato alle regionali con il consenso unanime del suo partito, la Dc, quindi con il consenso anche di Sergio Mattarella. Una versione che però è in contrasto ancora con il contenuto delle motivazioni della sentenza di primo grado del processo Andreotti.

mattarella-620x372I giudici così scrissero proprio a proposito della candidatura di Giammarinaro facendo riferimento alla testimonianza che fu resa dall’odierno presidente Mattarella: “Poiché il Giammarinaro proveniva dall’ambiente vicino ai Salvo, l’on. Mattarella rilevò l’inopportunità della sua inclusione nella lista presentata per le elezioni regionali. Tuttavia “la convinzione di metterlo in lista era così forte nel suo gruppo che vi fu incluso . L’on. Mattarella discusse della cattiva reputazione del Giammarinaro con il Segretario Nazionale del partito in occasione della riunione della Direzione Nazionale della Democrazia Cristiana che doveva assumere le decisioni finali sulle liste da presentare per le elezioni regionali del 1991, ovvero negli incontri preliminari, ma non fu in grado di addurre elementi concreti che consentissero di evitare la candidatura. Il teste (Sergio Mattarella ndr) ha, comunque, precisato di non avere segnalato alcunché al sen. Andreotti, con il quale non aveva un abituale dialogo sulle questioni concernenti la corrente di quest’ultimo“. E della candidatura alle regionali del 1991 di Pino Giammarinaro e della convention elettorale organizzata presso l’allora impianto sportivo della Pallacanestro, il cosidetto Palagranata, per accogliere il presidente Andreotti che veniva apposta a sostenere la candidatura Giammarinaro, ha parlato il collaboratore di giustizia, l’imprenditore Nino Birrittella. Il rapporto tra Andreotti e Giammarinaro estra strettissimo, avviato dalla “buona parola” del potente esattore di Salemi Ignazio Salvo e dell’eurodeputato Salvo Lima. Ancora dalla sentenza del processo Andreotti si ricava questa conoscenza: “Dall’esame del materiale cartaceo e magnetico sequestrato al Giammarinaro in data 20 gennaio 1994 emerse che lo stesso era in possesso di cinque numeri telefonici (tre dei quali intestati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri) annotati sotto la voce “Andreotti Giulio”, e di alcuni numeri telefonici intestati a Luca Danese (nipote dell’imputato)“. “Ho partecipato attivamente alla organizzazione della convention al Palagranata – ha detto Birrittella – ma già nel 1986 Giammarinaro voleva presentarsi candidato alla Regione, solo che allora Ignazio Salvo preferì sostenere la candidatura di Massimo Grillo per la forte vicinanza che aveva con il padre di questi Salvatore che era stato contestato per la sua partecipazione ai funerali di Nino Salvo. Giammarinaro contestò l’indicazione ma dovette adeguarsi, Massimo Grillo era giovanissimo ma non penso sapesse nulla dei retroscena, Giammarinaro alla fine lo appoggiò“. Ma i colpi di scena arrivarono per le elezioni del 1991 quando Giammarinaro fu eletto a Sala d’Erocole con oltre 50 mila preferenze. Questa volta la mafia per Birrittella si schierò completamente con lui, Birrittella ha raccontato anche di un incontro con l’allora capo mafia di Trapani Vincenzo Virga che così commentò l’incontro con Giammarinaro, “questo è un picciotto sperto che farà strada“. Virga fino ad allora era stato dalla parte di un altro big della Dc, Francesco Canino, la scelta di passare con Giammarinaro Birrittella l’ha presto spiegata: “Canino sosteneva un clientelismo di piccola cabotaggio, Giammarinaro garantiva accesso a grandi finanziamenti“. E la mafia si schierò dalla parte di Giammarinaro anche attraverso Salvatore Crimi figlio di un vecchio boss, Nanai Crimi, Giammarinaro, un potente che poteva vantare anche giovanissimo rapporti importanti con esponenti del mondo della magistratura, come con il giudice Carmelo Carrara. L’audizione di Birrittella è stata lunghissima ed ha toccato tanti aspetti, le false fatturazioni, l’Usl di Mazara utilizzata da Giammarinaro quando ne era presidente, come sua cassaforte, con un economo, Andrea Marrone, che a Birrittella avrebbe pagato false fatture per diversi milioni di lire, soldi che Giammarinaro avrebbe intascato tranquillamente. C’è anche un giallo, l’omicidio di un ingegnere a Salemi risalente al 1987, Francesco Paolo Clementi, consigliere comunale del Psi. Ucciso a colpi di lupara. Birrittella in aula ha ricordato che Clementi e Giammarinaro erano soci e che tra i due erano insorti contrasti. Poi arrivò l’omicidio. “Stranamente – ha detto Birrittella – Giammarinaro non mi apparse impressionato di quel delitto“. Infine alcuni riferimenti di colore, le cene a casa di Birrittella a San Vito con Gioammarinaro e Totò Cuffaro già nel 1980, e gli incontri che Giammarinaro era solito fare per strada o al ristorante. In occasione di un pranzo c’era anche l’allora sindaco di Trapani Erasmo Garuccio. Erano i giorni in cui c’era la polemica sulle dichiarazioni rese da Garuccio in tv sulla inesistenza della mafia a Trapani. A tavola Garuccio tornò sul tema dicendo “ma unnè sta mafia“, “tutti ci siamo messi a ridere – ha ricordato Birrittella –  tutti al contrario di Garuccio eravamo bene a conoscenza che la mafia a Trapani c’era per i collegamenti che tutti noi avevamo con Cosa nostra“.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.