Il Csm che nel 1988 bocciò Falcone

Pagine da rileggere, il verbale che nel 1988 scelse il giudice Meli per l’ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo

 

FALCONEPalazzo dei Marescialli di Roma. Sede del Consiglio superiore della Magistratura. Ho tra le mani un faldone di 50 pagine: è il verbale della riunione del Csm tenutasi il 19 gennaio 1988, riunione che si concluse con il voto che nominò il nuovo capo dell’ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, il successore del giudice Antonio Caponnetto. Fu scelto il giudice Antonino Meli, fu bocciato il giudice Giovanni Falcone.  In quelle 50 pagine c’è l’esatta trascrizione degli interventi fatti dagli allora componenti dell’organo di autogoverno dei magistrati, che si pronunziarono pro e contro i due giudici che si contrapponevano, Giovanni Falcone e Antonino Meli: Passò quest’ultimo, per come proposto dalla commissione incarichi direttivi. Presidente della seduta del Csm era Cesare Mirabelli, il vice presidente del Csm. La seduta si apre con una richiesta del vice presidente Mirabelli e cioè di inserire all’ordine del giorno la organizzazione di un incontro di studi su criminalità organizzata e riforma del codice di procedura penale, e la visita in Sicilia di una delegazione del comitato antimafia preordinata a scrivere ipotesi normative e organizzative a proposito di contrato alla criminalità organizzata. Piccolo dibattito e Mirabelli decide che della missione in Sicilia se ne parlerà dopo avere votato nella stessa seduta il nuovo capo dell’ufficio istruzione di Palermo. Prima di parlare però della nomina, il Csm trova il tempo per deliberare un intervento assistenziale economico per una impiegata di Palazzo dei Marescialli che deve sposare il figlio. La fase preliminare è occupata dalla lettura del verbale della commissione conferimento uffici direttivi. In corsa per la poltrona appena lasciata dal giudice Caponnetto erano, Elio Spallitta e Pietro Giammanco, però nel frattempo nominati procuratori aggiunti a Palermo e quindi considerati fuori dalla corsa. Gli altri candidati risultarono essere, Antonino Meli, Giovanni Nasca, Rosario Gino, Marco Antonio Motisi, Giovanni Pilato e Giovanni FalconeLa proposta della commissione è a favore di Meli, “coniuga alla maggiore anzianità di ruolo, un quadro professionale apprezzabile, per cui pienamente idoneo”, e la stessa commissione chiosa: “L’uomo giusto non è pertanto quegli che si prospetta in ipotesi preliminarmente il più idoneo alla copertura di un determinato posto, volta per volta oggetto di concorso, nel quale le qualità professionali vengono commisurate anche alle specificità ambientali, ma è innanzitutto quello scelto con criteri giusti e cioè legittimi”. Come dire una scelta fuori da quella di Meli sarebbe stata “illegittima”. Già nella terza pagina del verbale si capisce che per Falcone, ma anche per tutti gli altri in corsa, che non sia Meli, non tira l’aria giusta, anzi a favore di Meli la commissione indica una presenza nel curriculum utilissima per i tempi, “fu pm a Varese nel 1951 e fino ad oggi è stato giudice oltremodo laborioso”. La Commissione però dedica anche poche righe a Falcone, perché indubbiamente non è facile lasciarlo non considerato, ma la conclusione parla chiaramente: “Tutte le positive notazioni a favore non possono essere invocate per determinare uno scavalco (sull’anzianità ndr) di sedici anni”. Segue il dibattito. Dott. Marconi (relatore). E’ contro la nomina a favore di Falcone: “Accentrare il tutto in figure emblematiche pur nobilissime è di certo fuorviante e pericoloso…c’è un distorto protagonismo giudiziario…si trasmoda nel mito”. Dott. Brancaccio: dichiara voto di astensione, pensa che come Falcone c’è anche il dott. Motisi “anche lui splendido magistrato” che potrebbe dolersi del voto a favore del giudice Meli. Dott.Abate. E’ il primo a pronunziarsi a favore di Falcone. Fa riferimento ”alla delicatezza del momento” che impongono al Consiglio “una scelta ben chiara che sia di continuità e non segni alcuno strappo”, “Falcone va preferito, senza toni da crociata, per il coraggio dimostrato in frangenti difficilissimi che non vanno assolutamente dimenticati”. Dott. Letizia: “Preferire Falcone significa contravvenire alla legge, in Italia non c’è solo lui a combattere la mafia e ricordo i tanti magistrati che lottano contro il traffico di stupefacenti. Della professionalità poi fa parte la modestia, il miglior segnale del Csm è quello di non scegliere Falcone”. Dott. Racheli: “Ma questa professionalità come la valutiamo, le spinte per cambiare sono tante ma poi rinviamo al momento opportuno, la commissione ci propone un giudice che è alle soglie della pensione, io voto contro questa indicazione”. Avv. Contri: “Falcone è titolare di una esperienza unica non solo in Italia contro la mafia, magistrato eccezionale”. Prof. Brutti“Forse non ci si è resi conto che bisogna nominare il capo di un ufficio di frontiera, che sia degno successore del giudice Caponnetto, oggi la mafia continua a sfidarci, la risposta è scegliere l’uomo giusto al posto giusto, le norme ci consentono di superare il divario dell’anzianità tra i candidati in virtù di specifica motivata valutazione a favore del candidato meno anziano”. E poi aggiunge indicando circostanze nelle quali il dott. Meli ha mostrato “una caratteriale instabilità”. E da questo punto in poi per un paio di pagine si coglie una fase nervosa nei lavori del Csm. Dott. Tatozzi (che dichiara di essere amico di Falcone e componente della stessa componente): “Nomina Falcone potrebbe essere interpretata come una sorta di dichiarazione di stato di emergenza degli uffici giudiziari di Palermo”. Dott. Morozzo Della Rocca: “La nomina non può essere caricata da significati simbolici, nominare Falcone non giova all’unità dell’ufficio”. Dott.Caselli: “La mafia non è una semplice emergenza è un problema strutturale italiano, è una realtà quotidiana in molte zone, è un pericolo per la Democrazia, e lo Stato si difende sul versante giudiziario dalla mafia garantendo agli uffici giudiziari la migliore attrezzatura, l’essere astratti nel decidere provoca svuotamento degli uffici di ogni valore, per questo oggi l’ufficio istruzione deve fare un passo in avanti, il candidato indicatoci dalla commissione presenta elementi di rischio, mentre la scelta non è tra Meli e Falcone ma verso un uomo del pool. Mi chiedo come si possa parlare di privilegi per chi ha fatto determinate esperienze per chi stando a Palermo vive in condizioni a tutti note e che rappresentano forte penalizzazione”. Dott. D’Ambrosio: “Ricordo una frase del generale Dalla Chiesa, quelli che sono lasciati soli dallo Stato sono destinati ad essere abbattuti dalla mafia”. Dott Calogero: elenca le ragioni per non votare Meli, “contro il buon senso, contro le esigenze organizzative dell’ufficio, contro le esigenze di continuità”. Il dott. Papa propone una pausa di riflessione. Dott. Paciotti, vota Meli: “Mi preoccupa che la scelta da farsi venga dipinta con un più o con un meno impegno antimafia”. Prof. Smuraglia: “Scegliere Falcone significa attribuire un altro onere ad un magistrato costretto già a grandi sacrifici”. Prof. Ziccone, vota Falcone: “Individuare il candidato che meglio di altri può dirigere l’ufficio istruzione”. Avv. Pennacchini, vota Meli “per l’impegno profuso durante la lotta di liberazione”. Dott. Geraci (di lui è sempre detto che sarebbe il “giuda” nelle parole che Paolo Borsellino pronunciò durante il famoso dibattito alla biblioteca di Palermo, dopo la strage di Capaci, ma non esistono riferimenti diretti e tali da attribuire al giudice Geraci la figura del “traditore”): chiama in causa il consigliere D’Ambrosio che in altra occasione (1986, Borsellino procuratore di Marsala) disse che “il Consiglio non poteva lasciarsi influenzare dalla notorietà dei magistrati interessati”. E aggiungeva: “Falcone con la nomina assumerebbe le funzioni di Cassazione senza avere mai assunto quelle di appello”. Geraci celebra Falcone bocciandolo, rivendicando di avere fatto parte con lui “di una pattuglia di samurai contro la mafia…Falcone è stato (così è scritto, al passato ndr) il migliore di tutti noi”. E infine: “Le notorie doti di Falcone e i rapporti personali e professionali mi indurrebbero a sceglierlo ma mi è di ostacolo la personalità di Meli cui l’altissimo e silenzioso senso del dovere costò la deportazione nei campi nazisti, con sofferenza e umiltà esprimo questo voto”. A seguire ci fu il voto per rinviare la pratica in commissione, proposta respinta con 15 voti contrari, 12 a favore e 2 astensioni. Poi il voto sulla nomina e quindi sul verbale della commissione che indica Meli. A favore di Meli: Agnoli, Borrè, Buonajuto, Cariti di Persia, Geraci, Lapenta, Letizia, Maddalena, Marconi, Morozzo della Rocca, Paciotti, Suraci, e Tatozzi. Contrari: Abbate, Brutti, Calogero, Caselli, Contri, D’Ambrosio, Gomez d’Ayala, Racheli, Smuraglia, Ziccone. Astenuti: Lombardi, Mirabelli, Papa, Pennacchini, Sgroi. Meli passa con 14 voti.Era il 1988. Oggi, 28 anni dopo quel voto, Falcone non c’è più ma alcune di quelle parole restano attuali. Restano affidate alla storia, ma alcuni passaggi sembrano scritti per magistrati di oggi che come Falcone stanno provando sulla loro pelle le avversità che arrivano anche dall’interno del corpo giudiziario. Ci sono anche nuovi “giuda”, magari li potremo trovare nelle prime file delle celebrazioni di oggi.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.