Qualche mese fa rimasi colpita dall’affermazione di un professore universitario che ammoniva un gruppo di genitori rispetto alla loro incapacità di trasmettere ai figli, e con essi alle future generazioni, la capacità di riparare, intesa in un senso molto ampio. Riparare si contrappone per più motivazioni a ricomprare, gettare, mettere da parte. Riparare implica lavorare su ciò che esiste per evitare di mettere da parte e “ricominciare” da un oggetto nuovo, o da una nuova relazione. L’incapacità è ormai diffusa e alle mancate riparazioni di oggetti (quanti preferisco aggiustare piuttosto che ricomprare, magari aggiornando marca e modello di ciò che possiedono?) si aggiungono quelle delle relazioni, le quali finiscono per diventare motivo di separazioni, liti e sempre più spesso sfociano in questioni di natura giuridica, e non solo quando riguardano contratti come quello matrimoniale.
Inoltre a ciò bisogna comunque aggiungere l’importanza che i conflitti rivestono per il futuro di una relazione, purchè a tali momenti di crisi si coniughi, per l’appunto, la possibilità di mediare e ripare ciò che nella diatriba ha contrapposto le parti e favorito la rottura. Del resto il conflitto è parte della relazione stessa, anzi richezza per essa che viceversa in sua assenza si appiattisce e impedisce confronto e talvolta possibilità di esprimere il proprio essere. Chiaramente ci sono conflitti e conflitti, come del resto ci sono occasioni di lite e allontanamento che si rivelano più fruttuose di un tentativo di mediazione.
Con la mediazione del conflitto non si intende giustificare forme, anche velate, di violenza psicologica o fisica, quanto piuttosto la necessità di giungere a compromessi sulle incomprensioni quotidiane, le quali possono sfociare, quando non opportunamente gestite, in occasione per la chiusura di un rapporto. In tal senso Daniele Novara, che dal 1989 dirige il Centro Pedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti di Piacenza, indica 5 possibili strategie di lettura e gestione di qualsivoglia conflitto:
- Distinguere la persona dal problema. Evitare giudizi e colpevolizzazioni che generalizzano, concentrandosi piuttosto sui contenuti specifici del conflitto e sugli aspetti salienti dello stesso.
- Attendere il momento giusto. Ovvero lasciare decantare le emozioni negative per evitare che siano queste a far da padrone nel conflitto. L’attesa del giusto momento permette di osservare l’accaduto dall’alto piuttosto che dall’interno.
- Riconoscere le ragioni altrui. Sforzarsi di comprendere anche le ragioni dell’altro permette di guardare ad entrambe le parti del problema, e può offrire possibilità di comprensione inattese e nuovi modi di guardare allo stesso problema.
- Sfruttare le critiche costruttive all’interno di una comunicazione.
- Cercare l’interesse comune. Cercare di prevalere sull’altro, ad ogni costo, non porta ad alcun vantaggio nè per l’uno nè per l’altro. Trovare il vantaggio reciproco è più funzionale del prevaricare di una parte sull’altra.