PALERMO. È stato presentato martedì scorso alla Feltrinelli di Palermo il libro “A colloquio con Gaspare Spatuzza. Un racconto di vita, una storia di stragi” (edito da Il Mulino) della sociologa palermitana Alessandra Dino, esperta di criminalità organizzata, che insegna Sociologia giuridica e della devianza all’Università degli Studi di Palermo. Tra i suoi libri ricordiamo “la mafia devota” e “gli ultimi padrini”.
A scandagliare le parti principali del libro il giornalista de La Repubblica Attilio Bolzoni, che ha intervistato la Professoressa Dino. Presente anche il Procuratore generale di Caltanissetta Sergio Lari.
Il libro non è il mero racconto delle stragi e della violenza di Cosa Nostra palermitana. Ma, come sottolinea la stessa Dino, si tratta “della storia del nostro Paese, non una storia qualunque.” Infatti il nome di Spatuzza “lu tignusu” compare in molti eventi che hanno segnato la storia non solo della città di Palermo ma dell’Italia intera. Una storia complessa, di morte e violenza.
La figura di Spatuzza raccontata dalla Dino non è solo quella “dell’uomo delle stragi”, ma anche, e soprattutto, quella l’uomo che è riuscito a ribaltare ben tre processi, il Borsellino uno, il Borsellino bis e in parte il Borsellino ter; smascherando il finto pentito Scarantino. Infatti Spatuzza, dopo anni di carcere, da uomo d’onore e feroce sicario di Cosa Nostra si è trasformato in un acuto e risoluto collaboratore di giustizia trovando anche il pentimento spirituale.
Gaspare Spatuzza, arrestato nel 1997, soprannominato anche “l’aiutante boia di Brancaccio” quindi non è “un mafioso qualunque”. È lui infatti a fare nomi importanti durante i suoi racconti, soprattutto nomi di politici e gente che conta. Per primo parla dei rapporti con Marcello Dell’Utri, che oggi sta scontando una condanna a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa, e dell’ex premier Silvio Berlusconi. Racconti, verità, dietrofront e tanti “pezzi mancanti” ancora da ricomporre.
“Quella di Gaspare Spatuzza è una storia che incrocia episodi e vicende cruciali per la recente storia del nostro Paese. – spiega Alessandra Dino – Dalla periferia palermitana entra in Cosa Nostra a dodici anni ed arriva a diventare capo mandamento di Brancaccio, dopo la cattura dei fratelli Graviano e di Antonio Mangano. Spatuzza partecipa a tutti gli episodi stragisti dal ’92 al ’94. È presente nel rapimento del piccolo Di Matteo, è presente nell’omicidio di Don Pino Puglisi. Un collaboratore di giustizia ricorda un episodio in cui Spatuzza con una mano mescolava con un bastone di legno i resti sciolti nell’acido di un giovane ladro appena ucciso e con l’altra mangiava un panino acquistato con i soldi trovati in tasca alla vittima.”
Alessandra Dino riesce ad incontrare Spatuzza diverse volte tra il 2012 il 2013 in una località segreta, riuscendo ad instaurare un rapporto di fiducia. “La testimonianza di Spatuzza mi ha permesso di capire quali sono le contraddizioni che si vivono dentro Cosa Nostra. L’idea – ha sottolineato l’autrice – era quella di approfondire questa porzione di storia del nostro Paese ancora intricata e oscura, priva di un quadro coerente, visibilmente connotata da passaggi poco plausibili, da incongruenze e contraddizioni.”
“Sicuramente non è un libro scontato, si tratta di un viaggio nell’uomo mafioso in un quartiere di Palermo. È un indagine sulle indagini, – ha sottolineato Attilio Bolzoni – che va oltre il lavoro dei magistrati; quindi si tratta sicuramente di un libro anticonformista. Dall’incontro tra la studiosa e il mafioso Spatuzza ne viene fuori un lavoro inedito, irregolare, innovativo e soprattutto “contaminato” narrativamente. Sicuramente contiene anche tanto sapere e il giornalismo contemporaneo non ha più molto sapere, è più rapido ed istantaneo.”
La Dino racconta del rapporto intenso tra i due, fatto spesso di paure e diffidenze. Raccontando anche il momento della sua conversione e l’avvicinamento agli studi teologici grazie a padre Pietro Capoccia, a don Massimiliano De Simone e al cardinale di Ascoli Piceno monsignor Giuseppe Molinari.
“Le storie raccontate da Spatuzza le ho vissuto sulla mia pelle in quegli anni a Palermo – aggiunge – Quei racconti mi facevano male, ma ho cercato di ascoltare tutto in maniera asettica, perché avevo davanti un uomo normale; non si è mostrato come un mostro. Possiamo dire che sicuramente è stata una “lotta dialettica”, da una parte lui voleva convincermi del suo racconto, dall’altra io volevo leggerlo secondo le mie categorie usando gli strumenti dell’indagine.”
“Uno dei problemi del nostro Paese – conclude Alessandra Dino – è che nessuno tiene conto delle responsabilità dei politici, che vanno oltre le verità giudiziarie.” Per Bolzoni si tratta di “un’ipocrisia tutta italiana.”