La clinica del boss

Mafia, sanità e massoneria: rivelazioni del pentito della ndragheta Fondacaro sugli ultimi affari del capo mafia Matteo Messina Denaro

Fondacaro Giammarinaro Messina DenaroNei primi anni del 2000 per venire incontro alla purtroppo folta platea dei malati oncologici trapanesi, menti “illuminate” si misero d’accordo per “aiutare” questa fetta di popolazione. Ma non era un atto di amore, semmai sarebbe stata una occasione per permettere a Cosa nostra e alla Ndragheta di condurre una maxi operazione di riciclaggio. Il tutto con l’amalgma della massoneria. A raccontare tutto questo , nel corso del procedimento per l’applicazione della sorveglianza speciale all’ex deputato regionale della Dc Pino Giammarinaro, oggetto anche di un sequestro di beni per 50 milioni di euro, è stato il pentito della ndragheta Marcello Fondacaro, un medico, lo stesso collaboratore di giustizia che alle Procure di Roma, Palermo e Trapani ha raccontato le intese segrete tra mafia e massoneria, svelando l’esistenza di una loggia segreta siciliana della quale farebbero parte il capo mafia latitante Matteo Messina Denaro, il senatore Antonio D’Alì e altri soggetti i cui nomi però sono omissati negli unici verbali che si conoscono, quelli proposti dal pg Gozzo nell’ultima fase del processo di appello contro il senatore D’Alì, dal quale il parlamentare è ancora una volta uscito con una sentenza di prescrizione e assoluzione. Il pg Gozzo aveva chiesto di sentire Fondacaro ma la Corte di Appello ha respinto la richiesta, preferendo andare a sentenza. Ma gli omissis sui verbali fanno capire che la Dda di Palermo sta indagando ancora. Nel processo contro un altro politico eccellente trapanese, il salemitano Pino Giammarinaro, soprannominato dai suoi più fedeli amici come “Pino Manicomio”, il pentito Fondacaro ha raccontato la storia di una clinica di alta specializzazione sanitaria che doveva essere realizzata a Marsala. I magistrati non erano del tutto a sconoscenza del fatto, nel corso di alcune attività avevano trovato scritture private, messo alle strette l’ex medico provinciale di Trapani, Giovanni Gentile, proprio nel processo contro Giammarinaro ha raccontato del progetto, di un progetto tecnico già approvato dalla commissione edilizia del Comune di Marsala, da costruirsi in un’area prossima al nuovo ospedale di marsala, ha riferito di fondi che già erano stati raccolti, anche se Gentile in tutti i modi ha cercato di dimostrare che Giammarinaro non c’entrava nulla. Ma le dichiarazioni di Fondacaro lo hanno smentito. La clinica aveva già un nome pronto, doveva chiamarsi Villa Salus. Si trattava di trasferire in Sicilia una attività che Fiondacaro gestiva già nel Lazio e in Calabria. Fondacaro ha detto di avere riferito questa intenzione all’ex governatore Cuffaro, all’on. Dina, attuale deputato regionale e al dottore Giovanni Gentile. I soldi che servivano per realizzare la struttura dovevano arrivare da onlus, fantimatiche associazioni umanitarie, i veri proprietari sarebbero stati “Giammarinaro e Messina Denaro”. Ma non solo, Fondacaro ha indicato anche gli altri protagonisti dell’affare: “C’era un certo Bulgarella, questo mi ricordo, un certo nome… un certo Bulgarella di Trapani, che già si muoveva nel settore delle strutture alberghiere” e l’identikit sembra essere quello del trapanese Andrea Bulgarella, l’imprenditore che la Procura antimafia di Firenze tiene sotto indagine dall’anno scorso anche per i rapporti che questi avrebbe con il boss latitante. “Giovanni Gentile (l’ex medico provinciale ndr) mi parlò di Bulgarella, di imprenditori di Castelvetrano, Vito Li Causi (ex deputato Udeur di recente scomnparso ndr), un certo Patti (forse Carmelo, ex patron Valtur, di origini castelvetranesi anche lui scomparso da poco ndr) ed altri soggetti che erano interessati alla realizzazione di questa grande struttura, finanziata con fondi loro e fondi umanitari che arrivavano dal Canada, che non erano altro che fondi delle stesse famiglie siciliane della provincia di Trapani, che vivevano da anni in Canada e in questo modo avrebbero fatto rientrare capitali illeciti che venivano a essere depositati in un fondo comune di investimento. In parole povere mi spiegarono che non era altro che una partita di ritorno di soldi della mafia locale, guadagnati con grandi traffici internazionali, tra il Canada e l’America”, finiti in casseforti intestate a Fondi Umanitari, nelle mani di soggetti canadesi che vivevano tra l’Italia e l’Inghilterra, non solo siciliani, “ma tutti in affari con le famiglie di Mafia e di Ndrangheta…sarebbe stato un grande riciclaggio di denaro, era un riciclaggio di fondi che erano stati già creati illecitamente e che ritornavano in Italia puliti, secondo questo canale, tramite l’Inghilterra, la Svizzera”. Il racconto di Fondacaro ha trovato diversi riscontri, intanto quando lui fu arrestato e quindi primi ancora di collaborare con la giustizia, nella sua casa fu trovato proprio un preliminare relativo alla realizzazione di questa struttura, Giovanni Gentile sentito dai magistrati alla fine ha anche ammesso la circostanza, in ultimo Fondacaro ha mostrato un bond americano da 500 milioni di dollari e la copia di un titolo finanziario messicano, “somme che erano destinate ad essere monitizzate attraverso l’Unicredit, in Svizzera”.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.