La potente Cosa nostra trapanese: mafia, massoneria, banche e…politica

100 articoli verso il 21 Marzo: Trapani, dove per non parlare della mafia si sparla dell’antimafia

Banche controllate dalla mafia, un incredibile numero di logge massoniche sparse nella provincia, imprenditori e imprese controllate da Cosa nostra, casseforti segrete che restano introvabili. Questo è lo scenario di quella che oggi chiamano la nuova Cosa nostra, la Cosa nostra 2.0 che è capeggiata dal latitante Matteo Messina Denaro. In realtà questa è da decenni l’organizzazione mafiosa trapanese. Chi ha buona memoria oggi non dovrebbe avere difficoltà, leggendo gli atti di diverse indagini, a riconoscere nell’attualità la storia della mafia trapanese. Banche, massoneria e imprese soggiogate dalla mafia o complici dei boss, sono infatti una costante dello scenario mafioso trapanese, sin almeno dagli anni ’80. Il fascicolo parecchio corposo sulle logge dei diversi ordini massonici esistenti nel trapanese, è sui tavoli dei commissari della bicamerale che si occupa delle mafie, e viene continuamente sfogliato e rivisto anche alla luce delle dichiarazioni rese dai gran maestri fino a questo momento ascoltati in commissione. Sono atti arrivati dalla prefettura e dalla Questura di Trapani. I commissari antimafia hanno a disposizione questi elenchi arrivati all’epoca della recente missione condotta la scorsa estate a Trapani dalla stessa commissione nazionale antimafia. Sono gli elenchi consegnati dalla Questura al prefetto dell’epoca e così posti all’interno di un corposo dossier alla commissione nazionale antimafia con una nota del prefetto dell’epoca Leopoldo Falco. Una annotazione si coglie in quella missiva firmata da Falco: la sottolineatura che probabilmente in quegli elenchi manchi qualche nome, “personaggi noti ed influenti”. Mafia e massoneria è il tema di indagine della commissione nazionale antimafia, mafia e massoneria è il tema di un nuovo capitolo di indagine coordinato da qualche mese dalla Procura antimafia di Palermo. E’ stata sentita in commissione la dottoressa Teresa Principato, procuratore aggiunto, la sua è stata una audizione completamente segretata. Indagini sono condotte anche dalla Procura di Trapani sul fronte della possibile esistenza di una loggia segreta che nell’ultimo periodo avrebbe cercato di intrufolarsi fin dentro le stanze della stessa Procura, interessata ad indagini relative alla condotta di alcune pubbliche amministrazioni, anche a proposito dei sistemi di accoglienza dei migranti. Ma un altro fascicolo di indagine pare ci sia presso la Procura di Caltanissetta a proposito di minacce arrivate a magistrati della Procura trapanese. La massoneria laddove non è riuscita a spiare il lavoro di alcuni pm, pare abbia messa in moto la macchina delle intimidazioni.
Assistendo a quanto sta accadendo vengono alla mente le intuizioni di due eccellenti magistrati, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Quando a loro si chiedeva la differenza tra la mafia palermitana e quella trapanese, le loro risposte erano nette e inequivocabili: se a Palermo, dicevano i due magistrati ammazzati dalla mafia nel 1992, esiste la mafia militare, a Trapani c’è la mafia economica. I sequestri e le confische che in questo periodo si sono fatte più intense hanno più che dimostrato la fondatezza delle intuizioni di Falcone e Borsellino. Il procuratore aggiunto Teresa Principato in commissione parlamentare antimafia è tornata a puntare il dito contro questo scenario di pericolose connessioni, per spiegare ai commissari dell’organismo bicamerale il perché della perdurante latitanza del boss mafioso Matteo Messina Denaro, 55 anni ad aprile, latitante dal giugno del 1993. Copertura eccezionali per le quali addirittura sarebbero state chiamate in causa logge della massoneria internazionale, pare in particolare quella brasiliana. E il Brasile sarebbe stato durante la latitanza una delle mete dei viaggi del boss, quando allora si faceva chiamare signor Polizzi. La scoperta venne fatta dal gruppo di investigatori della Mobile di Trapani e inserita all’interno dell’indagine denominata Golem. In Sud America il boss è di casa, in Venezuela andò nei primi anni del 2000 come raccontò poco prima di morire ai poliziotti trapanesi il boss agrigentino Francesco Termine, che in Venezuela era latitante e vi restò sino alla sua estradizione. Messina Denaro in quella occasione doveva pianificare un maxi traffico di cocaina dove erano interessati nell’affare Cosa nostra e ‘ndrine calabresi. Anche in questo caso la massoneria si sarebbe data da fare per fargli trovare una carta d’identità, intestata ad un fantomatico alcamese, Giuseppe Adragna.
Sono un paio i collaboratori di giustizia che hanno consegnato ai magistrati le loro conoscenze sulle copertura della massoneria per la latitanza del sanguinario e stragista mafioso Matteo Messina Denaro. Ci sono le dichiarazioni dell’agrigentino Giuseppe Tuzzolino, e del calabrese Marcello Fondacaro. Ma ci sono anche le dichiarazioni del trapanese Nino Birrittella che ha parecchio parlato di una loggia segreta tutta trapanese che sembrerebbe essere la riedizione della famosa loggia Iside 2, quella del gran maestro Gianni Grimaudo. Fu scoperta dalla Squadra Mobile di Trapani, diretta dal dott. Saverio Montalbano, a metà degli anni ’80: c’erano iscritti massoni di diverse specie, dai colletti bianchi ai mafiosi. Il processo per la Iside 2 si è concluso con appena un paio di condanne, per tanti iscritti a quella loggia è scattato il proscioglimento o l’archiviazione, il commissario Montalbano per avere scoperto gli “affari” della Iside 2 ha ricevuto…un incredibile benservito, rimosso e trasferito. Oggi in Sicilia esiste una super loggia, alla quale si da per certo appartenga il super latitante Matteo Messina Denaro. Una loggia dai tanti interessi e dai tanti affari, qualcuno già individuato. Quale? La costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia di Marsala sarebbe stata gestita dalla massoneria, a fare da “passacarte”, diciamo così, un avvocato marsalese. A indicare come l’appalto sarebbe stato gestito da una sorta di super massoneria segreta siciliana, è stato il pentito agrigentino, l’architetto Giuseppe Tuzzolino, che ha anche indicato altri affari che nel trapanese sono stati portati avanti tra mafia e massoneria, come quelli relativi alla realizzazione di impianti fotovoltaici, parchi eolici: “una loggia massonica di Castelvetrano ha incassato una tangente del 5 per cento su ogni impianto fotovoltaico realizzato nel trapanese”. Castelvetrano, la città natale dei Messina Denaro, conta un incredibile numero di logge, e sopratutto di massoni impegnati in politica, tanti tutt’ora in carica, a Palazzo Pignatelli, sede di Giunta e Consiglio comunale (autoscioltosi l’anno scorso).
È una storia antica. Il prefetto Pietro Callà Ulloa la iniziò a scrivere il 3 agosto 1838. Pietro Ulloa era allora il procuratore generale presso la gran corte criminale di Trapani. In quella data inviò un preciso rapporto al ministro di Giustizia del governo di Napoli, Parisio. Così il prefetto Ulloa parlava di Trapani: “La venalità e la sommissione ai potenti ha lordato le toghe di uomini posti nei più alti uffici della magistratura. Non vi ha impiegato che non sia prostrato al cenno ed al capriccio di un prepotente e che non abbia pensato al tempo stesso a trae profitto dal suo Uffizio. Questa generale corruzione ha fatto ricorrere il popolo a rimedi oltremodo strani e pericolosi. Vi ha in molti paesi delle Fratellanze, specie di sette. Il popolo è venuto a tacita convenzione con i rei”.

Sembra di leggere anche in queste parole antiche di 179 anni della Trapani di oggi dove la mafia è sommersa, bene infiltrata, “qui comanda la mafia borghese”, continuano a scrivere magistrati e investigatori nelle loro sentenze, ordinanze, rapporti investigativi anche più recenti, una mafia che per comandare non ha “bisogno di coppole e lupare.. una mafia che ha fatto diventare legale il proprio sistema illegale”. A Trapani nessun fa mistero, dietro le vicende criminali più eclatanti, dietro l’apparenza calma di oggi, continua a regnare quel crocevia misterioso dove, mafia affari politica massoneria servizi segreti, ha regolato la vita non di una città, di una provincia, di una regione, ma la vita dello Stato. Sono recentissimi a proposito delle influenze che la massoneria trapanese sa esercitare, le rivelazioni emerse dal sequestro della banca di credito cooperativo “senatore Pietro Grammatico” di Paceco. In particolare è stato il collaboratore di giustizia Nino Birrittella a spiegare come senza un sostegno della massoneria era difficile accedere ai sostegni finanziari da parte di questa banca. Ma Birrittella ha anche parlato di come la massoneria trapanese si sia occupata di trovare “buoni” avvocati per imputati importanti.

E’ uno scenario che dovrebbe fare preoccupare, ed invece assistiamo anche in questo caso ad un’antica abitudine trapanese, la negazione della mafia. A differenza degli anni in cui la mafia si negava davanti ai morti ammazzati e ai corpi straziati dalle autobombe, oggi la mafia la si nega sottolineandone una sua sconfitta, e si alza il tono, si sparla semmai dell’antimafia. Già se la mafia non esiste non ha motivo di esistere l’antimafia. Provate però a spiegare questo teorema ai tanti familiari di vittime della mafia che ancora oggi attendono verità e giustizia.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.