Polizia e Finanza stanno eseguendo provvedimento emesso dal Tribunale delle misure di prevenzione
Polizia e Guardia di Finanza stanno eseguendo il provvedimento emesso il 18 aprile scorso dal Tribunale Sezione Misure di Prevenzione di Trapani, nell’ambito del procedimento di prevenzione attivato su proposta del Questore di Trapani il 30 marzo del 2011. Destinatario l’ex deputato regionale della Dc il salemitano Pino Giammarinaro. Si tratta di una confisca di beni per oltre 15 milioni di euro e contestualmente l’applicazione per la seconda volta nel giro di pochi anni della sorveglianza speciale per il periodo di cinque anni. Il provvedimento si inquadra nell’ambito dell’Operazione antimafia denominata “Salus Iniqua” nella quale, attraverso indagini eseguite dalla Divisione Anticrimine della Questura di Trapani e dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Trapani, è stato accertato il complesso quadro di rapporti di natura politico-affaristica in cui Giammarinaro si è mosso a partire dai primi anni del 2000 e di cui ha beneficiato godendo di sostegno politico in modo da porre agevolmente in essere le condotte finalizzate al controllo occulto di attività economiche di questa provincia attive nel settore della “Sanità”, beneficiarie peraltro di finanziamenti pubblici regionali, e al condizionamento di importanti settori della vita politica con particolare riferimento al Comune di Salemi. L’indagine “Salus Iniqua” che va ricordato fu frutto di un laborioso lavoro investigativo firmato dall’allora dirigente dell’Anticrimine Giuseppe Linares, oggi direttore della Dia a Napoli, portò allo scioglimento per inquinamento mafioso del Comune di Salemi, all’epoca sindaco era il noto critico d’arte Vittorio Sgarbi. L’indagine nel suo complesso dimostrò come per decenni gli affari relativi alla gestione della sanità nel trapanese erano controllati da Giammarinaro attraverso un suo “cerchio magico”, dirigenti, medici, politici, affari nei quali Cosa nostra ha messo le mani grazie proprio al sostegno che sarebbe giunto dal Giammarinaro, che i suoi amici erano soliti appellare come “Pino manicomio”, e adesso nuovamente indicato come indiziato mafioso. Le acquisizioni investigative hanno permesso di individuare vari prestanome i quali, formalmente figuranti quali soci e amministratori di società operanti nel campo delle attività assistenziali e parasanitarie della provincia di Trapani, di fatto, hanno consentito l’occulta gestione del Giammarinaro, all’epoca sottoposto al regime della sorveglianza speciale. In particolare sono state individuate diverse società tra le quali la “C.E.M.” e la “Salus s.r.l.”e varie proprietà immobiliari per le quali Pino Giammarinaro è stato ritenuto responsabile di avere, allo scopo di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali,attribuito fittiziamente la titolarità a prestanome. Nella fase processuale, dinanzi ai giudici del collegio presieduto dalla dott. Alessandra Camassa, gli elementi investigativi sono stati via via arricchiti da nuove prove prodotte dall’accusa rappresentata dal pm Andrea Tarondo. Nell’ultima parte del processo ci sono state le deposizioni di due collaboratori di giustizia, il calabrese Marcello Fondacaro e il trapanese Nino Birrittella, a proposito dei rapporti intrattenuti costantemente dall’ex deputato regionale della Dc con esponenti di spicco dell’associazione mafiosa e il suo continuo sovraintendere agli “affari” della sanità trapanese, già da quando presiedeva una delle Usl della provincia di Trapani, quella di Mazara del Vallo. Depositata anche la testimonianza resa dall’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel processo per il delitto del fratello, l’allora presidente della Regione Piersanti Mattarella. L’odierno Capo dello Stato ricorò in quella testimonianza un forte contrasto del fratello con Giammarinaro a proposito dell’apertura di una banca nel salemitano.