Il “non ci sto” di Cuffaro

L’ex Governatore contesta il suo inserimento tra i 28 falsi testimoni del caso Giammarinaro, ma i giudici ritengono che lui ha celato la profonda conoscenza con il rais di Salemi

L’ex Governatore Totò Cuffaro come l’ex ministro Francesco Saverio Romano. Due plenipotenziari della potente macchina da guerra che fu l’Udc per tanti anni, poi da loro abbandonata non appena scoppiò la crisi del partito centrista, indicati dai giudici del Tribunale delle misure di prevenzione quali falsi testimoni. Ripetiamo, nonostante quanto sostengano i due su questo non c’è dubbio. I giudici hanno trasmesso alla Procura di Trapani i verbali relativi alle testimonianza dei due (Cuffaro fu sentito il 12 gennaio 2016, Romano è entrato nel processo con una dichiarazione resa ai difensori di Giammarinaro nell’ambito dell’attività investigativa difensiva, quindi testimonianza a tutti gli effetti) “per le eventuali determinazioni di competenza” e quindi la Procura di Trapani, al fine di accertare il reato di falsa testimonianza dovrà iscrivere Cuffaro, Romano ed altre 26 persone nel registro degli indagati per il reato di falsa testimonianza. Naturale quindi che su tutti e 28 i presunti falsi testi la Procura dovrà aprire una indagine. Dopo Romano anche Cuffaro però ha voluto dire la sua. Ecco la sua “piccata” dichiarazione: “Apprendo dalla stampa che sono state mandate alla Procura di Trapani la testimonianza mia e quella di altri 28 testimoni, resa al processo dell’onorevole Giammarinaro per eventuali determinazioni. Cosa ben diversa dal sostenere che sono indagato per falsa testimonianza. Mi è stato chiesto se avessi incontrato nel 1991 tale Marcello Fondacaro e consigliatogli di rivolgersi a Giammarinaro. Nonostante siano passati 26 anni ricordo di non conoscere il pentito Fondacaro che invece porta, a prova del fatto che io lo conosca, il fatto che lo abbia mandato a salutare da una persona il signor Giammanco che era in carcere con me a Rebibbia. Fatto non vero perché il signor Giammanco che, sentito al processo, ha dichiarato di non conoscermi, è uscito dal carcere di Rebibbia nel 2007 mentre io vi sono entrato nel 2011. Nutro una ostinata fiducia nella Giustizia e ne ho avuto ed ho grande rispetto. Non credo di chiedere troppo se chiedo che anche la Giustizia abbia rispetto di me e della mia vita”. Ora però a leggere la sentenza non sembra che la , presunta, falsa testimonianza sia legata alla conoscenza o meno del collaboratore di giustizia calabrese Marcello Fondacaro, che da medico, raccomandato dalla potente ndrangheta calabrese, ha frequentato per lungo tempo la Sicilia e Mazara del Vallo. Anche se su questo punto i giudici non appaiono credere del tutto a Cuffaro. La contestazione all’ex governatore Cuffaro è altra. Lui ha sostenuto di avere conosciuto Giammarinaro nel 1991 quando tutti e due furono eletti all’Ars, “mentre in precedenza vi era una mera conoscenza legata alla circostanza che entrambi sin dagli anni ’70 erano segretari giovanili della Dc”. Cuffaro peraltro evidenziò una diversa collocazione politica, “Giammarinaro era della corrente dorotea e andreottiana, lui, Cuffaro era della corrente manniniana”. Ma gli atti raccolti dal Tribunale hanno raccontato altro: Totò Cuffaro “figura nel libro dei soci del Ginnic Club Alicia s.a.s. di Salemi (società controllata da Giammarinaro) dal 18 agosto 1988 al 29 dicembre 1989″. Cuffaro in quel periodo ” non solo è stato in società insieme ai familiari di Pino Giammarinaro, della sorella Giovanna e del suocero Raffaele Calistro, ma il 5 aprile 1989 Cuffaro ha anche acquistato le quote di Giovanna Giammarinaro e Raffaele Calistro. E’ assolutamente ragionevole – scrivono i giudici – ritenere che la presenza di Cuffaro nel Ginnic Club Alicia s.a.s. di Salemi sia stata invogliata proprio da Pino Giammarinaro”. Altro dunque che conoscenza maturata nel 1991. Ma c’è altro. Intanto I rapporti Cuffaro-Giammarinaro risultano affermati da atti acquisiti nel procedimento penale cui fu sottoposto l’ex maresciallo dei carabinieri Carmelo Canale. C’è poi la dichiarazione del collaboratore di giustizia trapanese Nino Birrittella. Birrittella ha dato prova di una frequentazione tra Cuffaro e Giammarinaro che risaliva al 1985. Contro Cuffaro anche altre circostanze, lui ha escluso di conoscere il progetto per la creazione di una clinica oncologica a Bagheria, riconducibile alla famiglia Giammanco. I giudici hanno così chiosato: “E’ singolare che il dott. Cuffaro, che all’Ispettorato Regionale Sanitario (dove era assunto prima di candidarsi alle regionali del 1991 ndr) si occupava proprio di cliniche private, non abbia mai sentito neanche parlare della casa di cura poliambulatorio Le Magnolie, con sede a Bagheria, attiva dal 3.4.1991 – ossia prima che il dott. Cuffaro fosse collocato in aspettativa dal 16.7.1991 per mandato parlamentare a seguito dell’elezione all’Ars del 16.6.1991 – di cui erano titolari alcuni membri della famiglia Giammanco. Tanto più che Vincenzo Giammanco all’udienza del 18 febbraio.2016 ha asserito di aver conosciuto personalmente il dott. Cuffaro che, a sua volta, conosceva il padre ing. Nicolò Giammanco con il quale aveva rapporti di natura politica essendo stato il predetto ing. Giammanco consigliere e assessore della Dc alla Provincia di Palermo”. Insomma Fondacaro non c’entra nulla con la sua, probabile a questo punto, falsa testimonianza. Agli atti del procedimento contro Giammarinaro c’è anche una audizione di Cuffaro, all’epoca potente governatore siciliano, dinanzi alla commissione nazionale antimafia. I giudici hanno acquisito una dichiarazione del 2006 inserita in atti parlamentari da parte dell’on. Giannicola Sinisi che da componente dell’antimafia pose a Cuffaro la domanda sulla sua frequentazione con Pino Giammarinaro all’epoca sottoposto alla sorveglianza speciale. Sinisi rimase basito dinanzi alla risposta di Cuffaro: «Lei ha incontrato l’onorevole Giammarinaro da sorvegliato speciale a casa sua?», la risposta è stata, e risulta dagli atti: «Perché è vietato incontrare un sorvegliato speciale?». Una simile risposta, che a me ha generato sgomento, perché a quel punto anche le mie migliori intenzioni sono naufragate…». Forse non poteva che arrivare questa risposta, considerato che Giammarinaro pubblicamente in quel tempo parlava di Totò Cuffaro come “mio compare”.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.