La mafia che cambia e diventa “mercatistica”, gli appelli del Questore Renato Cortese e del Procuratore Roberto Scarpinato: “Rinnovare mezzi di contrasto”

PALERMO. Questa mattina al Palazzo Steri di piazza marina si è svolto il seminario “Raccontare Cosa Nostra dal tempo delle stragi” organizzato dai docenti Alessandra Dino dell’Università degli Studi di Palermo e Alberto Vannucci dell’Università di Pisa. Il seminario, che si tiene a Palermo per il suo secondo anno consecutivo, è un momento di confronto e di analisi tra esperti e studenti dell’Università di Palermo e di Pisa che durante l’anno lavorano su temi legati alle mafie e alla corruzione. Tra i relatori il Professore Salvatore Costantino e Maricetta Di Natale, docenti dell’Università degli Studi di Palermo, Renato Cortese, Questore di Palermo che ha contribuito alla cattura dei principali latitanti della mafia siciliana e non solo, Maurizio Micari, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Palermo e Roberto Scarpinato, Procuratore Generale della Repubblica di Palermo, quest’ultimo ha relazionato sui mutamenti della mafia, da “mafia tradizionale” e “mafia mercatistica”.

Renato Cortese ha raccontato delle indagini condotte e dei mutamenti delle mafie italiane. “Un tempo la mafia era sicuramente più forte, tanto da sfidare lo Stato seminando morti per le strade siciliane, – ha spiegato Cortese – oggi ho ritrovato una Palermo cambiata in positivo; la mafia sicuramente è più debole e in crisi di leadership. Ma abbassare l’attenzione sarebbe un grave errore, infatti le varie fasi della mafia nel corso della storia ci hanno permesso di capire come sa mutare e cambiare volto con facilità. Sicuramente se oggi è più debole lo si deve anche alla forza dello Stato che ha saputo colpire i beni dei mafiosi e arrestare i principali leader. La mafia – ha aggiunto – continua a fare affari con il traffico di droga, con l’imposizione del pizzo e con il traffico di armi, ma mai abbassare l’attenzione: è un fenomeno che va costantemente monitorato, soprattutto dopo le ultime scarcerazioni eccellenti che ci preoccupano parecchio”.

“Ogni giorno che un latitante resta libero è uno schiaffo per lo Stato. – ha aggiunto Renato Cortese – E oggi più di ieri la mafia gode di appoggi importanti tra i colletti bianchi, che con loro fanno affari e l’alimentano.  Ancora oggi in certi quartiere e in certe città la mafia ottiene un grande consenso sociale e gode di agganci importanti anche con politici e massoneria deviata. Deve’essere compito dello Stato e della politica trovare le contromisure per sbarrare le porte alla mafie e sciogliere questo intreccio”.

Parole importanti quelle di Renato Cortese che mostrano un quadro ormai chiaro: Cosa Nostra è un’organizzazione sempre meno “tradizionalista” e sempre più a passo con i tempi; sempre più in “giacca e cravatta” che si serve di professionisti insospettabili per poter fare affari e poter controllare l’economia dell’intero Paese.

Proprio su questo tema è stato particolarmente interessante l’intervento del Procuratore Roberto Scarpinato che ha fornito importanti strumenti per riconoscere la mafia dell’economia, quella che lui definisce una mafia se più “mercatistica”. “Non possiamo continuare a combattere la mafia con gli strumenti di giuridici del passato. La mafia – ha spiegato Scarpinato – si è evoluta e lo Stato sembra procedere lentamente. Le organizzazioni criminali sono diventate una componente strutturale del capitalismo finanziario e sta intensificando i suoi rapporti con i colletti bianchi e con i politici. Le mafie di oggi – ha spiegato il Procuratore Scarpinato – si muovono in finanza, intercettano i capitali esteri offrendo servizi alternativi al libero mercato.  Oggi ci ritroviamo con sistemi di potere e cabine di regia che non si possono continuare a combattere con gli strumenti pensati per contrastare la mafia violenta di un tempo, dobbiamo rinnovare gli strumenti di contrasto a partire dal 416bis.”

Sul caso delle Ong, sull’inchiesta della Procura di Trapani e su alcune polemiche che hanno colpito il mondo dell’antimafia ha aggiunto che: “Non bisogna mischiare i piani, ci sono associazioni che hanno cavalcato l’onda in modo opportunistico e altre che hanno dato un prezioso contributo culturale, occorre un approccio rigoroso e serio anche da parte dei media. Ong? La Procura di Trapani sta lavorando bene, non ci sarà nessuna avocazione.”

Un’analisi che mostra un quadro terrificante: uno Stato “fossilizzato” e non totalmente in grado di contrastare la nuova mafia che ha saputo cambiare pelle e rendersi più silenziosa e sommersa. Una mafia non violenta ma che sa anche colpire in modo violento se necessario, come dimostra “l’esercito” di Matteo Messina Denaro “pronto a sparare”, emerso dalla recentissima operazione “Visir”. Una mafia che si alimenta in un humus sempre più difficile da individuare che richiede sicuramente maggiore attenzione da parte di uno Stato che a tratti sembra arrancare. Perché corriamo il rischio, come ha infine sottolineato Scarpinato, di avere “i crimini senza i criminali”.

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Emanuel Butticè. Castellammarese classe 1991, giornalista pubblicista. Laureato in Scienze della Comunicazione per i Media e le Istituzioni all’Università degli Studi di Palermo con una tesi sul rapporto tra “mafia e Chiesa”. Ama viaggiare ma resta aggrappato alla Sicilia con le unghie e con i denti perché convinto che sia più coraggioso restare.