Palestre, due pesi e due misure

Certe volte il buon senso per essere applicato ha bisogno di una norma, ma spesso accade che il buon senso e la norma valgono solo per alcuni

Sono davvero pochi quanti di noi almeno per un paio di mesi non si siano iscritti in palestra. A tutti per una ragione o per un’altra è accaduto di farlo, per un paio di mesi oppure in modo lungo e costante. Procedura semplice, iscrizione, pagamento della quota, e poi via con gli esercizi. Tanti di noi ritengono che sia sufficiente a garantirci sicurezza anche un salone arredato con i migliori attrezzi. Spesso sulla professionalità di chi ci assiste ce ne interessiamo poco, e invece non deve essere così. Ma il guaio serio è quello che nemmeno chi rilascia autorizzazioni ad aprire palestre se ne interessa approfonditamente, mentre esistono norme precise. Anzi accade che se è un privato che apre una palestra si chiedono mille documenti, mentre se a farlo è una associazione sportiva, manco si guarda bene quali locali vengono utilizzati. La vicenda è complessa, e la legislazione spesso non è nemmeno chiara, unico riferimento è una legge regionale del 2014, ma per le associazioni sportive spesso si sorvola su un fatto preciso e cioè quello che una palestra è tale solo quando è garantita la presenza di uno specialista laureato in scienze motorie. Insomma accade che le associazioni, aderenti al Coni, possano individuare un locale, arredarlo con gli attrezzi, alzare la serranda e tutto è fatto.

Così nel corso degli anni abbiamo assistito ad una proliferazione di palestre “abusive” prive di qualsiasi conformità alle norme di legge in materia di progettazione, costruzione ed esercizio, sicurezza, quali le norme urbanistiche, quelle statiche di sicurezza, igieniche ed energetiche e quelle per il superamento delle barriere architettoniche dei diversamente abili. Norme che, sono indicate dai regolamenti Coni, a cui le Asd (associazioni sportive dilettantistiche) e le Ssd (società sportive dilettantistiche)  sarebbero obbligati a rispettare ma che a causa di un vuoto legislativo, nessun Comune o ufficio competente potrà mai controllare, se non solo dopo denunce di privati in seguito a fatti gravissimi quali il verificarsi di infortunio o morte, perché non esistono ufficialmente.

In Italia sono oltre 22 mila i laureati in scienze motorie, figure che una norma nazionale ritiene indispensabili per garantire sicurezza all’interno delle palestre, è quindi una vicenda che tocca si l’aspetto occupazionale ma anche quello di tutela di chiunque frequenti una palestra. Nella provincia di Trapani solo una amministrazione comunale ha cercato di mettere a norma le strutture sportive, quella di Castellammare del Golfo, ma il regolamento arrivato in aula è stato ritirato, niente esame e approvazione. La questione si è posta a Castellammare del Golfo perché pare che lì le cose a proposito di palestre non starebbero messe molto bene, e attorno alle palestre girerebbero tanti interessi che nessuno davvero vuol smuovere.

Palestre che restano aperte laddove non potrebbero esserlo. Palestre che per le stesse ragioni non sono state aperte quando a chiedere l’autorizzazione sono state società e imprese sportive non legate al Coni. Parlando proprio di palestre viene da dire “due pesi e due misure”. “Anche questa è cultura della legalità” dicono dal Cism, comitato italiano scienze motorie che da tempo è impegnato sul fronte di un confronto costante con il Governo regionale. Confronto nel quale fanno capolino certe tentazioni a rimuovere ciò che si è conquistato a proposito della presenza in palestra di un professionista qualificato ma anche dell’utilizzo di locali idonei, non garage o sottoscale come talvolta ancora oggi accade. Abbiamo deciso come giornale di seguire questa vicenda perché abbiamo l’impressione che su questo terreno si giocano scommesse sulla pelle degli utenti.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.