Appena 24 ore e poi si vota. Nel capoluogo uno scontro che offende etica e moralità
Voglio proporre una provocazione. E se fosse stata davvero “giustizia ad orologeria” quella che a poche ore dalla presentazione delle liste dei candidati ha visto “colpiti” due dei cinque candidati alla poltrona di sindaco e quelli poi maggiormente accreditati? Se davvero così fosse stato io non mi scandalizzo, la magistratura ha in questo caso assunto un ruolo di “avvertimento” all’elettorato, ha invitato i cittadini ad aprire gli occhi su D’Alì e Fazio. Il fatto grave, in questo scenario, ripeto solo provocatorio, è quello che a parte i due candidati che hanno ritenuto inopportuno un passo indietro, il fatto grave e che tanti cittadini hanno deciso di dare fiducia ai due e attaccare la magistratura. Scene già viste a Trapani. Ripeto, a scanso di equivoci, la mia è solo una provocazione perché non c’è stata alcuna “giustizia ad orologeria”! Il tema della “giustizia ad orologeria” è stato invece paradossalmente argomento della campagna elettorale, ovviamente tra le truppe dei due candidati D’Alì e Fazio. Tra le truppe si è scelto il silenzio sulle grave accuse, D’Alì e i rapporti con la potente mafia dei Messina Denaro, Fazio e le mazzette per favorire la compagnia armatrice dei Morace nella scalata ad un pezzo di potere economico della Sicilia e non solo della Sicilia. Più che da truppe si sono comportati da tribù, da clan. E poi diciamoci una cosa, allontanandoci dalle provocazioni. D’Alì e Fazio non sono due entità diverse. Si è vero tra loro c’è stata una divisione, ma nel cambiamento della città, nell’abbellimento e nel recupero del centro storico, nel rifare il porto, ci sono state le loro mani, che non hanno rispettato la distanza di sicurezza dalla mafia, perché Cosa nostra trapanese in tutte queste opere, un lungo elenco di opere, dai costi esorbitanti, ha affondato le sue mani, e chi stava attorno faceva finta di non vedere. Passaggi che sono molto bene raccontati negli atti giudiziari, non quelli di questi giorni, ma si tratta di quelli sui quali da tempo la giustizia si è pronunciata con sentenze passate in giudicato. L’abbellimento della città i cittadini lo hanno pagato con l’aggiunta di una tassa occulta riscossa dai mafiosi e dagli imprenditori collusi. Trapani ha dimenticato di quando a ridosso dello svolgimento delle gare di appalto per la Coppa America fu arrestato per corruzione l’allora ingegnere capo del Comune di Trapani Filippo Messina. Messina in quei giorni si apprestava ad andare in pensione eppure continuava ad interessarsi di appalti. Poche ore prima di essere arrestato, l’ingegnere Messina era a Roma, al Viminale, negli uffici del sottosegretario D’Alì, a parlare di appalti per la Coppa America. Tornato trovò i poliziotti della Mobile ad attenderlo. Fu un apriti cielo, con il sindaco Fazio che salendo le scale della prefettura dove era nel frattempo arrivata la commissione nazionale antimafia, affrontò a muso duro i giornalisti (con la stessa arroganza e violenza verbale con la quale appena pochi giorni addietro ha affrontato l’inviato de La 7, il giornalista Schembri, con la stessa violenza con la quale ha risposto al giornalista Aldo Virzì che ha saputo rispondere per le rime, o ancora mandando a quel paese i ragazzi del blog Telerompo) dicendo loro che stavano tutti scrivendo fesserie e bugie, che si voleva colpire la città e che nessuno era corrotto. Pochi giorni dopo però l’ing. Messina cominciò a collaborare con la giustizia e tra le cose dette è rimasta impressa sui verbali che il suo ruolo, da dirigente comunale quasi pensionato, doveva essere quello di occuparsi degli appalti per la Coppa America. Fazio e D’Alì allora erano perfettamente alleati, Fazio attaccava a testa bassa, D’Alì ad un certo punto, dinanzi a una serie di sequestri, chiese una sorta di pax giudiziaria, l’invito, messo per iscritto, rivolto alla magistratura, fu quello di far svolgere le gare della Coppa America per poi ridare fuoco alle polveri delle indagini. Non andò così, le gare ebbero svolgimento, le indagini continuarono e un pezzo di questa storia è racchiusa nel procedimento di sequestro dei beni che ha travolto gli imprenditori Morici. Così per fare un po’ di storia su come sono andati i fatti. Per non parlare della cittadinanza onoraria che Fazio si rifiutò di conferire all’ex prefetto Fulvio Sodano sebbene votata dalla maggioranza del Consiglio comunale dell’epoca. Fazio nelle lettere che tempo dopo divennero pubbliche (perché furono diffuse dal prefetto Sodano) tra le ragioni a sostegno del suo rifiuto scrisse che la cittadinanza onoraria non l’aveva conferita perché sarebbe stata oggetto di strumentalizzazione politica. Sodano aveva troppo mal parlato del senatore D’Alì, non poteva quindi ricevere la cittadinanza onoraria. E poi anche Sodano era persona dalla quale diffidare, anche lui era andato a cercare raccomandazioni. Sodano a quelle lettere rispose che chi seminava spine alla fine si sarebbe punto con le stesse spine. Mai forse il prefetto Sodano seppe essere così profetico. Detto questo. Trapani come fu già nel 2012 si trova coinvolta in una campagna elettorale dove il centrodestra diviso in due pezzi si sfida come in una faida. Nel 2012 il centrodestra si sfidò presentandosi con due candidati, Vito Damiano e Peppone Maurici, nel 2017 lo scontro interno al centrodestra è tra D’Alì e Fazio, il primo con una proposta di soggiorno obbligato prossima da affrontare nell’aula del Tribunale di Trapani, Fazio, arrestato (è rimasto ai domiciliari dal 19 maggio al 3 giugno), indagato per corruzione e traffico di influenze. Sono legato fortemente ad un appello che negli anni della prima Repubblica fece un onesto politico trapanese, il repubblicano Nino Montanti. Rivolto ai suoi concittadini disse che Trapani non poteva continuare ad essere terra di conquista. Erano gli anni in cui Trapani preferiva restare incapace ad esprimere propri parlamentari, preferendo al voto candidati di altre province. Trapani non puoi ancora accettare di subire campagne elettorali vissute da candidati che pensano solo a conquistare potere sulla città. Trapani non puoi ancora restare terra di faide. Le occasioni per uscire da questa situazione ci sono, ci sono presenti sul campo altri candidati, non ci sono soltanto Fazio e D’Alì. Tutti e due politici che calpestano la Costituzione, che agli interessi della società civile preferiscono quelli dei tribù o dei clan. Tutti e due figli dell’era berlusconiana, l’era politica del buongoverno rimasto cosiddetto , nata dalle bombe del 1993, messe in giro per l’Italia da Matteo Messina Denaro. Voglio pensare ad una città che lunedì mattina si svegli non normale come ha detto un altro dei candidati, Pietro Savona, del centrosinistra, ma fortemente incazzata, spero che vinca la scelta di restituire il Palazzo della Città non ad una persona, ma a una forza sociale realmente civile e libera, legale e non illegale, non inquinabile dalle mafie, dalla criminalità, dai potenti collusi. Spero sopratutto che la gente decida di andare al voto non perché attirata dal canto di certe sirene, ma perché fortemente convinta a cambiare, non votando prendendo dal mucchio dell’antipolitica, ma scegliendo donne e uomini davvero migliori. Sia nelle liste di Savona che in quelle del pentastellato Maltese ci sono le risorse positive per questa città. Speriamo che i trapanesi non abbiano preso sul serio Grillo che provocatoriamente è venuto a dire che Trapani deve scegliere “tra un socialmente pericoloso e un corrotto” e che per fare le cose per bene forse bisognerà fare una seduta spiritica. Sappiamo bene che è stata una provocazione. Più sincera l’osservazione di Grillo che ha cercato di far prendere coscienza ai trapanesi che Trapani non può continuare ad essere una città che va al contrario. Non c’è da evocare spiriti ma bisogna fare un buon uso della memoria, ricordandosi di chi per essersi opposto al potere politico , indirizzato dai criminali, ha pagato il suo impegno anche con la vita. E su questo i 5 Stelle, ma anche Savona, maggiormente nel rush finale, hanno insistito parecchio, avere memoria e decidere di conseguenza. D’Alì e Fazio in questi anni non sono stati a guardare, hanno amministrato la città, una città maltrattata. Trapani non è stata una città in questi giorni sventrata dalle iniziative giudiziarie, ma le indagini sono semmai conseguenza della violenza esercitata contro la città e i suoi cittadini. Il voto di domani sarà il termometro di come stanno oggi le cose. Infine. A Castelvetrano domani si doveva votare e non lo si farà perché un coraggioso atto del prefetto Priolo prima e poi del ministro dell’Interno Minniti e infine del Consiglio dei ministri ha certificato l’esistenza di un inquinamento mafioso del Comune. Anche lì c’è chi ha preferito parlare di decisione ad orologeria. Invece che soffermarsi sull’inquietante quadro di connivenze. Nessuno si è ricordato di come il sindaco Errante nei giorni della burrasca del caso Giambalvo (il consigliere comunale che amoreggiava con il boss Messina Denaro) faceva continuamente sali e scendi da Roma per andare a parlare con il ministro dell’Interno dell’epoca Angelino Alfano, guarda caso suo leader. Alfano avrebbe tradito il suo mandato di governo, mettendolo a disposizione della sua parte politica, garantendo ad Errante che non ci sarebbe stato alcun accesso agli atti, e quindi l’ispezione antimafia, come andava chiedendo il vice presidente della commissione antimafia Claudio Fava. La copertura politica non c’è stata oggi, ma ci fu ieri, copertura spudorata. Certo qualche illuminato giornalista di tutto questo non se ne è accorto, ma noi non siamo illuminati è vero, ma solo attenti osservatori, anche un partigiani, resistenti contro il malaffare, la mafia e la massoneria che dietro al segreto delle logge persegue l’interesse, lo diciamo ancora, delle tribù e dei clan.