Trapani smetti di essere terra di conquista

Liberiamoci. Savona sfida i poteri e si appella alla città; “la politica del malaffare non ci vuole i tanti cittadini onesti si”. D’Alì, Fazio e Cinquestelle dalla stessa parte, quella del non voto. La Regione ha già pronto il commissario, sarà l’ex procuratore Messineo

Ancora poche ore e si chiuderà a Trapani una campagna elettorale da ricordare. Soprattutto sarà una campagna elettorale che farà registrare sorprese, qualsiasi  sia il suo esito finale. O un sindaco eletto che passerà alla storia come colui il quale sarà riuscito a battere sul campo i candidati avversari e una legge pastrocchio, che è così perché frutto di un apparato parlamentare regionale governato nel tempo solo da interessi personali tanto da far distogliere l’attenzione da ogni genere di compatibilità costituzionale. Oppure ci sarà un commissario straordinario che almeno per un anno dovrà adempiere  tutte le funzioni politiche della città, farà il sindaco, si sostituirà alla Giunta e secondo le ultime notizie che arrivano dall’assessore regionale alle Autonomie Locali, anche il Consiglio comunale, con buona pace di coloro i quali in questi giorni certi del seggio hanno anche festeggiato. I nomi già si conoscono. Se batterà i quorum della legge pastrocchio, il sindaco sarà Pietro Savona. Se Trapani non voterà per avere un sindaco il commissario sarà Francesco Messineo, ex capo della Procura di Palermo e che il presidente Crocetta ha già utilizzato per sostituire a Castelvetrano il Consiglio comunale di quella città autosciolto dopo il “caso Giambalvo”.  Lo abbiamo scritto diverse volte e lo ripetiamo, Trapani purtroppo è rimasta una terra da conquistare. Anzi una terra già conquistata che si sta muovendo per restare tale. L’appello a disertare le urne per qualcuno è solo strategia politica pensando ad una facile rivincita elettorale, e in questo senso pensiamo al Movimento 5 Stelle. Per altri non è solo una strategia politica, ma è anche una strategia criminale. I botti giudiziari di inizio campagna elettorale, che hanno colpito i candidati ritenuti i più accreditati per la vittoria, ossia D’Alì e Fazio,  non sono stati che la punta di un iceberg che resta nascosto. Le due distinte indagini della Procura antimafia sul conto del senatore Tonino D’Alì, proposto per una grave misura di sorveglianza speciale, e a riguardo del “sistema Trapani” applicato per garantire il potere degli armatori Morace, attraverso un oramai ex deputato regionale, Girolamo Fazio, che i magistrati hanno indicato quale soggetto che “ha fatto mercimonio della sua carica parlamentare”, sono solo pur nella loro pesantezza che un piccolo pezzetto dei comportamenti criminali che si celano sotto le loro azioni politiche. Dove, siamo certi, si trovano tanti altri soggetti, quelli che in questi ultimi 15 giorni, dal voto dell’11 giugno, si stanno dando da fare per far disertare le urne, dando ai loro “beniamini” politici, tempo per riorganizzarsi. Stanno facendo male i loro conti. C’è una magistratura, ci sono investigatori sul campo che stanno lavorando, stanno scavando e quindi pensiamo che le sorprese non mancheranno. Qualsiasi , ripetiamo, sia l’esito del voto. Trapani ha quindi una occasione per cominciare a percorrere la via del riscatto, eleggere una nuova amministrazione. E affiancare il lavoro della magistratura. Facendo saltare il tappo al “sistema Trapani”, quel sistema che ha consegnato i milioni degli appalti pubblici alle cosche mafiose, che sfrontato ha saputo gridare a chi si opponeva a loro pesanti minacce di ritorsioni, querele, denunce, delegittimazioni, infamità. Anche talvolta, ci dispiace dirlo, con l’aiuto degli organi di informazione locali che non potevano che restare ipocritamente basiti in questi giorni dinanzi ad altri giornalisti, alcuni venuti da lontano, che sono venuti a raccogliere e presentare ai lettori l’altra faccia della città. La città dove la mafia è tornata a presidiare il territorio con i suoi boss tornati liberi, dove mafia e massoneria hanno rinnovato il loro “patto”, per tutelarsi l’un con l’altro e per pianificare nuove azioni. Lo diciamo da anni, la mafia trapanese è pericolosa perché non è fatta da “coppole e lupare” ma è fatta da colletti bianchi, professionisti, burocrati, uomini che si presentano col sorriso ti battono una pacca sulle spalle e quella pacca è solo il segnali rivolto a chi deve vedere cosa colpire. Cinque anni di amministrazione Damiano qualcosa deve pur dirci. Damiano non è stato un politico ma un uomo delle istituzioni, lo è continuato ad essere dopo 40 anni di carriera nell’Arma dei Carabinieri. Forse il suo errore è stato quello di non essere stato un politico. Se avesse conosciuto meglio la città si sarebbe reso conto che presto sarebbe diventato il nemico da abbattere. A Trapani, è notorio, le Istituzioni per qualcuno rappresentano l’avversario. E alcune indagini hanno anche dimostrato che alcuni uomini dello Stato sono stati spesso trovati dall’altra parte della barricata. Un baco, tanti bachi, che hanno scavato dentro le Istituzioni. Damiano solo per avere scelto di essere uomo delle Istituzioni sedendo a Palazzo D’Alì, è diventato l’avversario da massacrare. Sono stati cinque anni di massacro, per la città. Il piano era perfetto, “mors tua vita mea”. Damiano un fallito, Fazio, ma anche D’Alì, i salvatori della città. Ha quasi funzionato. Anche Savona deve fare la figura del fallito, se prendesse lui le chiavi del palazzo sarà una sventura per i vari “padroni e padroncini” trapanesi, avremo un sindaco capace di essere quello che Damiano non ha voluto essere, e cioè un politico e un uomo delle istituzioni, capace di schiacciare il baco, da ovunque provenga, anche dal suo ambito elettorale. Il dato delle urne dell’11 giugno lo ha dimostrato, Fazio e D’Alì hanno raccolto il 60 per cento del consenso dei trapanesi. Anche il consenso di chi non è andato a votare. L’abbiamo sentito ieri sera a Piazza Vittorio, dal palco della kermesse organizzata dal candidato Pietro Savona, quando un giovane ed abile giovane tra una battuta e un’altra ha ricordato a tutti che solo “i morti non votano”. Trapani non potrà essere mai la città dei morti che credono di vivere, non deve essere la città dove si accetta solo di sopravvivere. Piero Savona non è stato avaro nelle parole, ha riconosciuto il malaffare quale nemico, si è detto certo che saranno dalla sua parte i trapanesi onesti, quelli che cercano lavoro per loro o per i loro figli. Ci è sembrato Tom Kirkman il protagonista della serie tv Usa Designated Survivor. Diventato presidente dopo che complottisti americani hanno fatto saltare il Campidoglio uccidendo tutte le massime cariche. Qui a Trapani non hanno avuto bisogno del tritolo per minare le elezioni, ma è questo quello che è accaduto , hanno usato le leggi, hanno strumentalizzato le norme facendole diventare dirompenti armi, l’effetto ottenuto è quello analogo al serial tv, la politica trapanese ha il suo sopravvissuto, Piero Savona. E come il presidente Kirkman  è nel mirino dei complottisti che lo vogliono vedere battuto. Per poi attuare una sorta di pax e ripartire.  Direte che siamo visionari, che siamo di parte? Ci siamo abituati ad essere uomini, e donne, di parte. E poche volte siamo rimasti solo dei visionari, laddove abbiamo indicato la presenza del malaffare ci abbiamo azzeccato. Castelvetrano per esempio. Dove passavamo come giornalisti che scrivevano secondo antipatie e simpatie. Noi non ci nascondiamo. Siamo convinti che Trapani non è meno di Castelvetrano. Matteo Messina Denaro non si nascondeva lontano, ma era qui, nel popoloso quartiere del Rione Palma. Ed allora?  Resteremo partigiani a difesa del nostro Paese, dei nostri territori. Libertà, crediamo che non c’è migliore parola da ricordare oggi. Ed allora Liberiamoci, riprendiamoci la nostra città. Smantelliamo il sistema illegale che è diventato legale, colpevole di dover mandare i nostri figli fuori da Trapani a cercare il loro futuro, mandiamo all’aria i piani di chi ha dato un sapore mazzettaro alla campagna elettorale, diciamo a chiare lettere che non siamo salinai, ma donne ed uomini capaci di governare le saline e distribuire reddito e ricchezza a tutti, andiamo al voto perché sia aperto a tutti il portone del Municipio tranne a coloro i quali sono portatori e portavoce del malaffare. Non ci vuole tanto impegno, i trapanesi hanno in mano la migliore arma contro le mafie, la matita elettorale. Non lo diciamo noi ma lo ha detto un magistrato che si chiamava Paolo Borsellino.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.