Ammesse parti civili, assenti i Comuni di Alcamo e Castellammare del Golfo, rinvio al 10 novembre
E’ cominciata stamattina a Palermo, dinanzi al giudice delle udienze preliminari Lorenzo Iannelli, l’udienza fissata per il rinvio a giudizio degli indagati coinvolti a febbraio scorso nell’operazione antimafia “Freezer”, risultato di una indagine condotta dalla Squadra Mobile di Trapani e dalla Direzione investigativa antimafia. La Dda di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio di Ignazio Melodia (medico, classe 1955), Salvatore Giacalone (detto u prufissuri), Antonino Stella, Filippo Croce Cracchiolo, Vito Turriciano, Giuseppe Di Giovanni, Alida Maria Lauria, Leonardo Palmeri, Leonardo Zanca, Roberto Lo Meo e Diego Rugeri. Melodia, a capo della cosca, aveva rimesso in piedi l’organigramma criminale e mafioso nella zona di Alcamo e Castellammare del Golfo. Un capo mafia in doppio petto, medico con tanto di iscrizione mantenuta all’ordine dei medici. «Io comando mezza provincia» andava dicendo Ignazio Melodia. Non sono stati da meno i suoi complici. «Io è da tempo che ho fatto la scelta di essere mafioso…io il mafioso sempre ho voluto fare». E’ questo un altro dei passaggi intercettati da Squadra Mobile di Trapani e Dia, durante le indagini che tra il 2012 e il 2016 hanno riguardato il mandamento mafioso di Alcamo, ascoltando gli uomini del clan alcamese, in questo caso il giovane Giuseppe Di Giovanni, 33 anni. Convivente con Alida Maria Lauria, medico anche lei, figlia dell’ex senatore di Forza Italia Baldassare Lauria, candidata alle ultime amministrative ad Alcamo, di recente raggiunta da una informazione di garanzia nell’ambito di un’ altra indagine condotta dalla Procura di Trapani riguardante traffico e spaccio di droga, inchiesta nell’ambito della quale pochi giorni addietro è stato arrestato il commerciante di ortofrutta Domenico Presti. Oggi dinanzi al gup Iannelli si sono costituite le parti civili: oltre ad alcuni imprenditori che hanno dovuto fare i conti con il clan mafioso che li ha sottoposte a richieste estorsive, anche l’associazione antiracket e antimafia “La verità vive”, associazione presieduta dalla testimone di giustizia Piera Aiello, e ancora le associazioni antiracket di Alcamo, il centro Pio La Torre, Sicindustria. Assenti i Comuni di Alcamo e Castellammare del Golfo, al momento non si sono costituiti parti civili. I pm della Dda di Palermo Marzella e De Leo hanno chiesto al gup di inserire nel fascicolo processuale alcune intercettazioni che provengono da un’altra inchiesta antimafia, l’operazione Visir, in quanto il contenuto di alcune di queste fa riferimento proprio all’organizzazione mafiosa alcamese. Intercettazioni laddove si indica il dottore Ignazio Melodia quale capo della cosca di Alcamo. I difensori hanno chiesto il rinvio dell’udienza per esaminare gli atti e dunque alla prossima udienza del 10 novembre il gup deciderà sull’ammissione dei documenti forniti dai pubblici ministeri. L’indagine ha messo in evidenza l’esistenza ad Alcamo di un clan sotto le direttive del latitante Matteo Messina Denaro. Ignazio Melodia è un personaggio sempre al centro delle indagini antimafia dagli anni ’90 ad oggi. Nel 2012 è uscito dal carcere dopo l’ultima condanna per associazione mafiosa e immediatamente si è ricollocato al vertice del mandamento di Alcamo, forte del fatto di essere “figlioccio” del boss Messina Denaro, fu il capo mafia di Castelvetrano, negli anni ’90, a volerlo dentro Cosa nostra trapanese.
Melodia per le sue condanne da tempo è stato licenziato dalla Asl presso la quale lavorava, ma è rimasto iscritto all’albo dei medici della provincia di Trapani. Intercettazioni formidabili. La Polizia e la Dia hanno catturato in diretta le direttive del capo mafia alcamese a proposito di estorsioni ma non solo. Nel chiuso di una cella frigorifera, all’interno di un negozio di ortofrutta gestito da Filippo Cracchiolo loro, i boss, pensavano di evitare così le intercettazioni, o ancora riuniti in un bar o presso un’agenzia di pompe funebri, venivano letti “pizzini” e si decidevano strategie.
Melodia sin da subito ha dettato ai suoi complici le regole del “vangelo” per mettere a posto rapporti incrinati e racket. E lo faceva con un’autorità precisa, «io – diceva- comando mezza provincia». Mafia e politica. Di Giovanni, quello che in giro diceva che lui nella vita voleva fare solo il mafioso e questo faceva, durante le ultime amministrative ad Alcamo ha fatto campagna elettorale armato di pistola, minacciando chi non gli garantiva sostegno. Il sostegno era destinato alla sua convivente Alida Maria Lauria. Così marito e moglie discussero della candidatura: «Amore sono candidata …e allora possiamo cominciare a raccogliere i voti?…si…in qualsiasi modo?…amò a come e ghiè (in qualsiasi modo ndr)…devono portare tutti i voti perché li affuco (li strangolo)».
A essere intercettate furono anche le mogli di alcuni degli indagati, leste a comportarsi da vere gregarie, due di loro in particolare un giorno parlando degli affari dei loro mariti, e dei pericoli che correvano, se la prendevano con i film dedicati alla mafia che forse a loro dire avevano svelato troppe cose, «mi…sono tanti i danni che ha combinato il film Il Padrino…tutto quello che sta accadendo sembra uscito proprio da questo film». Non sapevano che in quei giorni Polizia e Dia stavano registrando tutto, ma non per un film, bensì per squarciare il velo su Cosa nostra trapanese, e fare ancor di più terra bruciata attorno al latitante Matteo Messina Denaro, indicato dai boss come «chiddu (quello ndr) di Castelvetrano».