Leggendo i giornali nazionali più importanti in questi giorni, si viene rapiti da un senso di alienazione e straniamento, si fatica a trovare il bandolo della matassa, ad operare una distinzione netta tra buoni e cattivi. Tutte le prime pagine si soffermano sugli scandali politico giudiziari del momento, la vicenda Berlusconi, Lavitola, e Tarantini da un lato, e quella del braccio destro di Bersani, Penati dall’altro. Le procure della Repubblica di mezza Italia stanno indagando per valutare eventuali reati commessi e accerteranno presto i fatti in discussione. La questione al di là aspetti giudiziari, è eminentemente politica, riguarda il senso di una comunità civile, le relazioni umane, l’etica pubblica e la dialettica democratica tra governanti e governati. Che cosa sta succedendo alle istituzioni rappresentative del nostro Paese ? All’interno del processo democratico delle decisioni volte a favorire il bene comune, nei meccanismi istituzionali che regolano i rapporti tra partiti, attori economici e società si è aperta una voragine, una frattura tra ciò che è pubblico e ciò che privato, tra interessi generali e particolari. Ogni limite sembra venire meno, ogni barriera etica e morale sembra caduta. Il primato della politica diventa complice dei privilegi di consorterie imprenditoriali che si muovono nel segreto, i rapporti politici ed economici non rispondono più al controllo informativo della opinione pubblica, la privatizzazione dei costumi della società ha imbarbarito fino all’ estremo la funzione pubblica delle istituzioni. Il criterio di formazione e scelta della classe dirigente dei partiti si è tramutato nell’ “eterno ritorno” della cooptazione, con il trionfo degli yes man e dei più abbietti e farseschi servilismi. La dignità di un nazione dipende innanzitutto dalla dignità degli uomini pubblici. Lo Stato di diritto non può essere scambiato per nessuna ragione con una azienda privata che disconosce i principi costituzionali fondamentali . La gravità del momento non può essere sottovalutata. Nello stesso momento in cui si dimette la componente tedesca della Banca centrale europea e lo spread tocca livelli altissimi, mentre l’Italia si avvicina pericolosamente al fallimento finanziario, emerge un quadro politico desolante composto da mostri simili a quelli disegnati da Goya e generati dal sonno della ragione e della Legge. Ricatti, menzogne, inganni, corruzione, fondi segreti rappresentano l’humus fangoso in cui sguazza la peggiore marmaglia che l’Italia abbia conosciuto dai tempi di Tangentopoli. I cittadini italiani assumono l’aspetto dei sudditi, il potere del “Signore” e della sua corte ha rimodulato tempi e modi della cittadinanza, ha proiettato il Paese in un lugubre neo feudalesimo fatto di inganni, servitù e diseguaglianze.
Il ritorno dell’ Ancien regime, che la rivoluzione del Pool di Milano guidato da Borrelli sembrava aver sconfitto, è un fatto. La trasparenza del potere si eclissa, la legge viene ignorata come un fatuo orpello, così perisce il meglio della cultura moderna in questo crepuscolo del rampantismo anni 80. Una falsa modernizzazione ci aveva promesso benessere, consumi illimitati, i neofiti liberisti abbandonavano le scuole di partito e le Case del popolo per edificare centri commerciali, dove vagano come automi orde di adolescenti smarriti al seguito dei genitori attratti dai Totem dell’eterna giovinezza e dell’ impostura della nuova volgarità. Si parla di rinnovamento della politica per superare la situazione di stallo, difficile trovarne qualche traccia in un sistema dominato da filibustieri.
Autore: Danilo Grassa