Arresti convalidati, indagini in corso

L’evasione dal carcere: “i guai del penitenziario”

Sono stati convalidati dal gip del Tribunale di Trapani gli arresti dei tre evasi per cinque giorni dal carcere di Favignana. Sono rimasti in silenzio, dinanzi al giudice,Adriano Avolese, ergastolano, Massimo Mangione e Giuseppe Scardino, con fine pena dopo il 2030, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Avolese è stato condotto nel carcere dell’Ucciardone a Palermo, sono finiti al Pagliarelli, sempre a Palermo, Scardino e Mangione, tutti in isolamento e col divieto ad incontrarsi. Frattanto continuano le indagini per capire in che modo sono riusciti ad evadere nella notte del 28 ottobre dal penitenziario di Favignana, è caccia a complici che in modo colposo o doloso, come ha detto il procuratore Morvillo, avrebbero dato loro aiuto, diretto o indiretto. L’isola di Favignana è tornata alla normalità, la crisi di rapporti tra isolani e carcere è rientrata. Favignana nei secoli è stata luogo di detenzione, dove si mandavano gli anarchici, si confinavano i politici scomodi e i coatti. All’epoca dei borboni nel carcere di Santa Caterina , sulla sommità della montagna che sovrasta il paese, furono rinchiusi i superstiti della spedizione di Sapri di Carlo Pisacane. Poi negli anni ’70 in un altro maniero, il Castello di San Giacomo a pochi metri dal centro del paese, negli anni della lotta al terrorismo arrivarono i capi della lotta armata e per volere del generale Dalla Chiesa il vecchio Castello divenne carcere di massima sicurezza. Rapporto rimasto sempre forte tra Favignana e carcere, tanto che quando ancora oggi si parla di economia dell’isola , i favignanesi coniugano insieme la pesca, l’estrazione del tufo e il carcere. Tanto che solo da un decennio si parla anche di turismo. I momenti di tensione non sono mancati. Nell’ottobre del 1976 un detenuto tentò di sequestrare un giovanissimo Giovanni Falcone allora giudice di sorveglianza. Sul finire degli anni ’70 ci fu un un epico tentativo di fuga, alcuni terroristi prigionieri si nascosero all’interno del carcere e per alcuni giorni sparirono.Un po’ come è accaduto con gli ultimi tre fuggiaschi, trovati la scorsa notte dopo cinque giorni di fuga ad un tiro di schioppo dal nuovo carcere aperto dal 2011. Adriano Avolese, ergastolano, Massimo Mangione e Giuseppe Scardino, scappati dal carcere con la più classica delle evasioni, sbarre segate e lenzuola annodate per farli scivolare verso l’esterno, sono stati catturati da carabinieri e poliziotti penitenziari nella notte di ieri mentre armeggiavano agli ormeggi di un gommone fermo nel porticciolo di pescatori di Punta Longa. I tre non sembra che abbiano potuto fare tutto da soli. Qualcuno sull’isola ha potuto aiutarli. “Stiamo accertando se ci sono stati reati in qualche modo colposi o dolosi che hanno permesso la fuga dal carcere di Favignana dei tre e se sull’isola hanno trovato sostegno in qualcuno” ha sottolineato il giorno della cattura il procuratore della Repubblica di Trapani Alfredo Morvillo, nel corso di una conferenza stampa presso il comando provinciale dei Carabinieri a Trapani. “Sono stati per tutti noi – dice il sindaco Giuseppe Pagoto – giorni difficili, eravamo certi che i tre fossero ancora nascosti a Favignana, certo non è difficile non immaginare che qualcuno dell’isola li abbia potuto aiutare, ma mi piace sottolineare che gli evasi sono stati presi con il contributo dei favignanesi e mi riferisco agli agenti penitenziari originari dell’isola e che quindi la conoscono in ogni sua parte e hanno subito pensato a quel porticciolo da dove i fuggiaschi potevano fuggire via”. La convivenza è rappresentata da anni dai detenuti autorizzati a lavorare sull’isola, “siamo abituati alla presenza dei carcerati che escono fuori durante il giorno svolgendo lavori socialmente utili, per il bene della comunità – dice l’ambientalista Michele Rallo – Favignana è abituata a tutto ciò, ma questo non toglie il fatto che è rimasta sconvolta dagli ultimi accadimenti, soprattutto dalla facilità di fuga dal carcere dei tre soggetti, hanno facilmente segato delle sbarre che dovrebbero essere fatte da un materiale anti seghetti. E’ facile pensare che i lavori non sono stati fatti con materiali adeguati, e a pensar male si fa presto, materiali scadenti e più economici portano a facili guadagni per le imprese appaltanti”. Un carcere nuovo dunque sotto accusa. La notte della fuga c’erano solo tre agenti in servizio , per 47 detenuti presenti, e per di più la video sorveglianza inefficiente. Il procuratore Morvillo ha confermato l’inefficienza delle video camere, la anomala presenza di una scala a pioli nei pressi del padiglione da cui i tre si sono calati. Fin troppo facile per loro segare le sbarre, dovevano essere dotate di un’anima interna impossibile da spezzare e invece si sono dimostrate essere fin troppo facili da spezzare. I controlli alle sbarre sono stati , come da norma, condotti alle 18, a mezzanotte gli agenti della penitenziaria si sono limitati a verificare la presenza dei detenuti nelle celle, “a mezzanotte – dice un poliziotto penitenziario – da regolamento ci è proibito battere le sbarre”. “E’ dal settembre del 2011 che questo carcere è in funzione – dice Gioacchino Veneziano della Uil – e risultava il top della tecnologia, ma purtroppo quando le strutture per carenza di fondi subiscono un brusco ridimensionamento nella manutenzione, può accadere che le telecamere si guastano e non possono essere riparate”. Sembra poi rientrata l’ipotesi della messinscena delle lenzuola lasciate a penzolare sulle mura del carcere, i tre sembrano essersi calati proprio da lì per fuggire via. Ma è quasi certo che ad aspettarli c’era qualcuno, che avrebbe messo a disposizione il nascondiglio in una delle villette vicino al porticciolo di punta Longa dove poi i carabinieri li hanno catturati. Si è anche saputo che per catturare Mangione, che ha cercato di far perdere le sue tracce correndo per la campagna vicino alla costa, sono stati esplosi numerosissimi colpi di arma da fuoco ovviamente in aria, e a scopo intimidatorio, spari che hanno svegliato alcuni abitanti della zona, i primi che in diretta hanno saputo di quanto stava accadendo a pochi metri dalle loro case. Altro particolare quello che a dare spunto al blitz sia stato un ragazzo dell’isola che notati strani movimenti nei giorni precedenti ha passato la notizia ai carabinieri.

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Rino Giacalone, direttore responsabile e cronista di periferia. Vive nel capoluogo trapanese sin dalla sua nascita. Penna instancabile al servizio del territorio e alla ricerca della verità.