Presenti Nello Trocchia, Federica Angeli e Silvio Aparo. Assente Paolo Borrometi
PERUGIA. Si è conclusa ieri la prima giornata del Festival Internazionale di Perugia, tra i tanti ospiti nazionali e internazionali presenti Federica Angeli, Nello Trocchia, Sergio Rizzo, Silvio Aparo e Gianluigi Nuzzi. Grande assente il giornalista Paolo Borrometi, in questi giorni è stato oggetto di pesanti minacce di morte da parte del boss di Pachino Salvatore Giuliano. Proprio lui doveva essere tra gli animatori dell’incontro intitolato “giornalisti in prima linea e cronisti sotto scorta” presso la Sala dei Notari di piazza IV Novembre a Perugia. Paolo, che quest’ultima vicenda è rimasto molto “scosso”, ha tenuto a ringraziare e salutare tutti i partecipanti del Festival tramite gli altri relatori presenti.
A prendere la parola quindi Silvio Aparo, direttore VoxPublica.it, Federica Angeli, cronista di Repubblica e Nello Trocchia, inviato di Nemo Rai 2.
Silvio Aparo ha sottolineato che i giornalisti “devono avere una coscienza libera e non avere padroni, ma è altrettanto importante avere alle spalle editori liberi: questo è fondamentale per fare buon giornalismo. Bisogna andare a fondo alle questioni e raccontarle, quindi, da liberi giornalisti”. Nello Trocchia ha sottolineato subito l’anomalia del titolo dell’incontro “giornalisti in prima linea” perché predispone qualcuno in seconda e in terza linea. “I giornalisti – ha sottolineato Trocchia – non dovrebbero raccontarsi, ma dovrebbero raccontare per lui i suoi articoli. Oggi i giornalisti sono molto esposti, diventano facili obiettivi. Questi sono giornalisti in prima linea, ma lo sono, prima di tutto, perché c’è qualcuno che sta in seconda e in terza linea. Le periferie bisogna illuminarle a giorno, i cittadini hanno diritto di essere informati. Questo apre anche un altro scenario: le querele temerarie che “impediscono” ai giornalisti di lavorare bene. Chi ha un grosso editore alle spalle riesce a superare con facilità questi tentativi di censura, ma i piccoli giornalisti di provincia, i colleghi freelance, chi vive e racconta il territorio con professionalità resta molto più esposto. Esistono tante zone franche, e se sono in pochi a raccontarle e a denunciarle il rischio di minacce e intimidazioni contro i giornalisti che raccontamo queste zone esiste, ed è più forte. L’odio contro i giornalisti nasce soprattutto quando si toccano gli interessi, è successo a me ma a molti altri. Oggi sicuramente c’è ancora tanto da fare, in particolare il legislatore deve necessariamente intervenire sulla questione delle querele temerarie. Anche se – conclude Trocchia – il potere politico spesso non ha questo tipo di interesse a mettere mano su questo aspetto, ovviamente non tutto il potere politico, a causa dell’enorme conflitto di interessi”.
Federica Angeli, cronista coraggiosa del quotidiano la Repubblica, da anni vive sotto scorta e pochi giorni fa ha ricevuto l’ennesima minaccia: un proiettile in un busta. Lei ha raccontato la sua storia, i fatti di Ostia, il litorale romano “dove non succede niente”, ha parlato delle sue inchieste, le minacce contro di lei e la sua famiglia. Una storia terribile raccontata con il sorriso.
Angeli è andata oltre le carte dei magistrati, oltre la cronaca giudiziaria. Ha raccontato – e racconta ancora – un territorio fino a qualche anno fa inesplorato. “Questo è un lavoro che si svolge solo con una vera passione. Ho sempre interpretato il giornalismo lontano dai monitor della redazioni, ho lavorato per strada, sul campo. Cosa che adesso non riesco più a fare a causa della mia vita sotto protezione. Ho lavorato da infiltrata tra i trafficanti di armi, ho assistito a combattimenti di pitbull, oggi però tutto cioè è impensabile”. Angeli ha poi raccontato la sua inchiesta sulle famiglie che controllano Ostia, gli Spada, i Fasciani, i Triassi, i più famosi Casamonica (come dimenticare il mega funerale del defunto boss Vittorio Casamonica). Ha raccontato episodi, nomi, cifre, vicende di collusione tra politica, Istituzioni e mafia, la mafia di Ostia che, come hanno detto a lei, “comanda davvero da anni su tutto il litorale romano”.
“Per anni a Roma – ha sottolineato Federica Angeli – la mafia è stata sottovalutata. La cosa strana è che questa mafia non ha un nome, abbiamo provato a chiamarla “Mafia Capitale”, “Suburra”, ma niente, non funziona nessuno di questi nomi. Non ha un nome perché c’è ancora una forte resistenza culturale nel riconoscere una mafia che parla l’accento romano. Respingere l’idea che possa esistere una mafia a Roma è come volere allontanare il problema. Abbiamo avuto sentenze per mafia, camorra, ‘ndrangheta impiantata a Roma, ma non abbiamo condanne per mafia romana. Invece c’è e, come abbiamo visto, ha tutti i connotati del 416 bis”.
In conclusione, dalla sala dei Notari, un forte applauso per i relatori, per la Angeli, Trocchia e Aparo, ma soprattutto per Paolo Borrometi.