Operazione antimafia smantella rete di affiliati. In manette due cognati del latitante
TRAPANI. Decine di perquisizioni e 22 arresti nel cuore dell’impero mafioso del latitante Matteo Messina Denaro. È la vasta operazione antimafia denominata “Anno Zero” portata avanti nella notte dagli uomini della DIA che danno la caccia al latitante.
Dalle intercettazioni emerge come anche gli arrestati odierni si interrogano sul luogo della sua latitanza, ma sembrano sicuri: “Dice che era in Calabria ed è tornato, passa qua e i cristiani ci vanno”. Parole di uno degli arrestati che fanno pensare a un boss che si sposta, viaggia, e questo confermerebbe anche le parole del testimone che giura di averlo visto al porto di Palermo tra il 2005 e il 2006, come riportato in esclusiva dal settimanale L’Espresso qualche settimana fa. In quell’occasione Matteo Messina Denaro veniva descritto come un uomo cambiato, viso e identità nuove tanto da renderlo irriconoscibile. Ma non è la prima volta che si parla di una sua possibile latitanza in Calabria, protetto dalle feroci ‘ndrine.
Quindi potrebbe essere nell’Aspromonte protetto dalla ‘ndrangheta, visti gli appoggi della cosca jonica, oppure potrebbe essere in Toscana, come riporta il testimone rintracciato da L’Espresso. O ancora lontano dalla Sicilia e dall’Italia dove gli affari e gli appoggi non mancano. Magari in una capitale europea, dove ci sono le lavatrici per riciclare denaro, o ancora in Svizzera. Ma dalle intercettazioni odierne emergono viaggi frequenti in Sicilia, perché si sa, un vero capo non lascia mai il suo feudo.
Gli arresti di questa mattina, condotti da Carabinieri, Polizia e DIA, che stanno eseguendo un provvedimento emesso dalla Procura Distrettuale Antimafia di Palermo, azzerano quindi la nuova rete di collegamento con il latitante, in particolare si tratta di affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, il feudo dei Messina Denaro, Campobello di Mazara e Partanna, tutti sono indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalle modalità mafiose.
Tempi duri quindi per i Messina Denaro, recentemente la Cassazione ha confermato la condanna a 14 anni per la sorella Patrizia “a curta” Messina Denaro, e adesso si stringe sempre di più il cerchio su Matteo, sempre meno invisibile.
“L’operazione – dicono gli inquirenti – si inserisce nel quadro della complessa manovra investigativa finalizzata alla cattura del latitante Matteo Messina Denaro, anche attraverso il progressivo depotenziamento dei circuiti criminali di riferimento e il depauperamento della relative risorse economiche”.
In carcere, tra gli altri, sono finiti i fedelissimi cognati del padrino di Castelvetrano Gaspare Como e Rosario Allegra, rispettivamente i mariti di Bice e Giovanna Messina Denaro. Diverse sono le intercettazioni in cui i mafiosi arrestati parlano di lui, tutti tasselli molto utili di un mosaico che deve ancora comporsi, è il mosaico di una latitanza che va avanti dal 1993.
Per la famiglia mafiosa di Castelvetrano “u siccu” è ancora avvolto in una sorta di devozione, “come Padre Pio” – dicono. Non è certo un fatto nuovo. Nelle intercettazioni gli affiliati avrebbero anche esternato il loro odio contro i collaboratori di giustizia definendo “corretto” l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del collaboratore di giustizia Santino Di Matteo ucciso e sciolto nell’acido dopo 779 giorni di prigionia nel 1996. Secondo le intercettazioni “hanno fatto bene” ad ucciderlo perché il padre non doveva “cantare”.
I nomi degli arrestati: MESSINA DENARO Matteo (latitante), ACCARDO Nicola, COMO Gaspare, LA CASCIA Vincenzo, MESSINA Dario, URSO Raffaele, ALLEGRA Rosario, BONO Vito, BUFFA Marco, DELL’AQUILA Filippo, TRIPOLI Mario, GIACALONE Bruno, GRECO Angelo, GUARINO Calogero, MATTARELLA Giovanni, MILAZZO Leonardo, BONGIORNO Giuseppe Paolo, SIGNORELLO Vittorio, TILOTTA Giuseppe, TRIOLO Antonino, VALENTI Andrea, CATTANEO Carlo.